Tuttolibri, 5 ottobre 2024
Sveva Casati Modignani ha scritto un libro su Berlusconi
Ancora Berlusconi? Questa volta però è un romanzo, e dell’autrice che non ti aspetti: Sveva Casati Modignani, nom de plume di Bice Cairati, classe 1938. Dando i numeri: 37 romanzi tradotti in 20 paesi per un totale di 12 milioni di copie vendute, chapeau. Anzi, i romanzi sono trentotto perché esce adesso per Sperling & Kupfer Lui, lei e il paradiso, dove lui è Dino Solbiati alias Silvio B., lei è Stella Recalcati cioè la stessa SCM e il paradiso è in versione spot della Lavazza, un ironico aldilà di soffici nuvole e oggetti che compaiono per magia. Lei, Stella-Sveva, riceve nella bella casa borghese di Milano dov’è nata e dove vive da sempre. Un altro record.Perché ha scritto un romanzo su Berlusconi?
«Non è vero, mi sono vagamente ispirata».Figuriamoci. Solbiati è uguale.
«Confesso che mi sono molto divertita a raccontare i battibecchi fra i due vecchietti in paradiso».Ripeto: perché Berlusconi?«L’idea è nata al suo funerale».C’era?«No, l’ho visto in tivù, tutto. Mi ha incuriosito che tutti ripetessero quanto era bello e quanto era bravo quest’uomo. L’aspetto psicologico del personaggio mi interessava. Quella sera, andando a letto, mi sono detta: mi piacerebbe intervistarlo».Detto fatto. Strano, però, per una romanziera “pura”.«No. Ho scritto Il falco ispirato a Leonardo Del Vecchio e Mercante di sogni ad Attilio Ventura, storico presidente della Borsa».Nel romanzo, Dino-Silvio è figlio illegittimo di un personaggio misterioso, Gaetano Flammà, sorta di deus ex machina che ne segue le sorti. Chi è?«Non lo so, nessuno ne ha mai parlato, chissà se è esistito davvero. Quando ho iniziato a scrivere, Flammà doveva avere un ruolo minimo. Poi me ne sono innamorata».Perché Berlusconi continua ad affascinare tutti, nel bene e nel male?«Perché rappresenta davvero l’italiano medio, nel suo caso con una certa dose di genialità».Alla fine, chi era?«Soprattutto, un grande imbonitore».L’ha mai votato?«Mai».Infatti lei ha dichiarato che vorrebbe al governo i due Maurizi, Landini e Crozza.«No: Crozza, Landini e una casalinga».Andiamo in ordine: Landini.«Su di lui ho anche scritto un romanzo, Suite 405. Siamo stati insieme una settimana a Gabicce e l’ho ascoltato parlare: ha delle idee chiare e la giusta semplicità. Un grande uomo».Crozza.«Di persona non lo conosco. Ma un paio di volte sono andata fra il pubblico della sua trasmissione. Geniale».Infine, la casalinga.«Indispensabile. Perché conosce davvero i problemi veri, fa quadrare il bilancio familiare, sa cosa costa mandare un figlio a scuola o quanto bisogna aspettare una visita medica».Inutile chiederle cosa pensa di questo governo.«Un gruppo di scappati da casa. Pensi al ponte sullo Stretto. I siciliani non lo vogliono, vogliono l’acqua nelle case e non vedere più le loro bestie che muoiono di sete nelle stalle. E questi parlano del ponte. Una casalinga non lo farebbe mai».La sinistra non ha proprio colpe?«Certamente. È vittima di una specie di cupio dissolvi. Dov’è il Pci della mia infanzia?».Nel romanzo, scrive di un Paese che soffre “di bulimia della parola e anoressia del pensiero”.«L’Italia di oggi. Piena di gente che parla senza pensare».Veniamo a lei. A pagina 356, Stella-Sveva dice: “Sono consapevole di non produrre capolavori che rimarranno nella storia della letteratura, ma so anche che scrivere mi diverte e pare che diverta anche chi mi legge”. Un po’ severa con sé stessa, no?«Ma è vero. Io sono una cantastorie, è l’unica cosa che so fare e che ho sempre fatto. La letteratura è un’altra cosa. Durante la guerra ero sfollata in campagna: la sera ci si ritrovava nella stalla e lì c’era sempre una vecchia che raccontava storie. Io l’ascoltavo affascinata».La critica non la ama e il suo nome non compare fra i candidati ai premi letterari. Ci soffre o ha 12 milioni di ragioni per infischiarsene?«In realtà la critica con me non è mai stata cattiva. Certo, mi filano poco. Ma io ho i lettori che mi amano, quindi i loro premi se li tengano pure».Quando, come e dove scrive?«Quando? Sempre, mattina e pomeriggio. Dove? Nel mio studio. Come? Con la macchina per scrivere, e correggendo a penna».Niente computer?«Niente».Quando non scrive che fa?«Leggo».Televisione?«Meglio Netflix».Social?«Prego?».Capito. Si sente Bice o Sveva?«Io sono Bice. Ma chi scrive libri, va in giro a presentarli e rilascia interviste è “la” Sveva, mi raccomando l’articolo. Per i miei lettori io sono “la Sveva"».Già, i lettori: come se li immagina?«Non li immagino, li conosco. Il lettore tipo non esiste. Sono innanzitutto donne, ma non solo. E di tutti i generi: manager e domestiche, insegnanti e immigrate, anziane e ragazzine. I due estremi anagrafici sono entrambi maschi. Ho incontrato un dodicenne che aveva scoperto per caso un mio romanzo fra i libri della mamma e un ingegnere di 101 anni che mi legge da trenta».Affezionati?«Alle presentazioni arrivano con i segnalibri inamidati, i centrini all’uncinetto, i barattoli di marmellata fatta in casa. E io mi commuovo. Sono questi i miei premi».Il prossimo romanzo?«Su una domestica a ore».Finiamo con Berlusconi. Cosa resta di lui?«L’influenza su due generazioni di italiani. Alle donne ha insegnato che apparire è più importante che essere e agli uomini che devono essere dei seduttori seriali. Io credo invece che lo scopo di una donna non sia quello di sposare un uomo ricco e che la virilità non significhi essere macho, ma affidabile».