la Repubblica, 5 ottobre 2024
Reportage da Jackson, Kentucky
Negli Anni Cinquanta il quotidiano Chicago Daily News mandò un’inviata (Norma Lee Browning) a scrivere una serie di articoli sui luoghi d’origine dei migranti che avevano “invaso” la “città del vento”. Sotto il titolo Viaggio ad Appalachia: una visita al Medioevo descrisse così gli abitanti di quel territorio: «Terrapiattisti che vivono secondo la legge del fucile. Violenti, selvaggi, maleodoranti, sessualmente depravati, una vera peste da esportazione». Mancava solo si cibassero di animali domestici. Settant’anni per staccarsi da quello stereotipo, poi ecco J.D. Vance, un avvocato nato in Ohio, che passava le vacanze estive dai nonni tra le colline del Kentucky e il suo romanzo autobiografico Elegia dei bifolchi (in Italia trasformato in Elegia americana ) a ricreare quell’immagine. A raccontare storie di zii che regolano i conti con la motosega e nonne che danno fuoco al consorte ubriaco sul divano. A riproporre glihillbilly, i buzzurri, come incapaci, infingardi che fanno appello ai sussidi anziché alla forza di volontà o alla fede. Salvo poi correggere il tiro per motivi elettorali quando è diventato prima senatore, poi candidato vicepresidente di Donald Trump. I due aspiranti alla Casa Bianca vengono dalle coste e inevitabilmente hanno scelto compagni di cordata cresciuti nell’interno, nel mistero dell’America di mezzo, dove nessun europeo spenderebbe per una vacanza. L’altro, Tim Walz è del Minnesota. Ma è Vance ad aver rievocato un immaginario: Appalachia, Trumpalachia. I democratici offrivano condiscendenza, i repubblicani piattaforme economiche. Trump ha trovato un linguaggio condiviso e Vance si è accodato, come fosse sempre stato il suo: uno spot basato su un equivoco.Percorrendo i 700 chilometri da Highland Park, nel Michigan, a Jackson, nel Kentucky, non lascio quasi mai la strada interstatale 75. Quel che non so e mi verrà raccontato all’arrivo è che anni fa era soprannominata la strada di SAM (South Appalachian Migrant, il migrante degli Appalachi del Sud). La percorrevano avanti e indietro nei fine settimana i giovani che, esaurite le miniere di carbone in Kentucky, avevano trovato lavoro nelle industrie di Detroit. Da sfiancarsi, ma era considerato, anche quello, sogno americano: un posto nel cuore del motore, anni di buoni guadagni e poi tornare e farsi una capanna sul fiume, dove produce quella strana ansa che chiamano “panbowl”, ciotola, vicino a una piccola e povera cittadina che Vance ha reso famosa.In una mattina feriale Jackson potrebbe essere scambiata per un villaggio fantasma. La strada principale è deserta, i due caffè hanno le vetrine oscurate, nessuno sui marciapiedi, qualcuno seduto nei furgoni armeggia con i cellulari, una bandiera americana sventola davanti a un ufficio pubblico, un gruppo di giovani beve birra, fuma e quando mi avvicino scompare nell’antro di un edificio. Al fondo, un emporio che vende qualsiasi cosa espone lo stendardo per Trump 2024 («Salviamo di nuovo l’America») e quello dei prigionieri di guerra, entrambi al contrario.Qui la maggioranza si astiene. Un tempo prevalevano i democratici. Alle primarie del 2016 Bernie Sanders prese più voti di Hillary Clinton, che però ne prese meno di Trump, che contro Biden li ha accresciuti. Aveva promesso lavoro e si era fatto capire. Poi non ha mantenuto, ma continua a farsi capire. «Lui e l’ossicodone sono gli unici rimedi che sembrano funzionare per questi bifolchi», ha sentenziato Kevin Williamson, autore di un libro in cui racconta questa parte d’America definendola «un grande ghetto bianco, le cui comunità meritano l’estinzione». L’ossicodone è un farmaco a base di oppio, sostanza di cui tra le colline del Kentucky si è sempre fatto ampio uso. Adesso però le statistiche sono spaventose: l’anno scorso a Jackson ci sono stati 26 morti per overdose, uno ogni due settimane, su una popolazione di poco più di 2mila abitanti. Come se a New York ne morissero oltre 100mila (invece di 3 mila). A soccombere sono per lo più giovani, disoccupati. La popol azione invecchia rapidamente. Per questo mi avvio verso un edificio a due piani poco oltre la stazione di polizia. Sopra c’è il museo della contea, sotto: il centro anziani.Tom Collins, proprio come il cocktail (il padre doveva aver bevuto il giorno in cui lo battezzò), porta un berretto da baseball e una maglietta blu a stelle e strisce. Sta sulla soglia del centro anziani e, benché abbia l’età per esserne ospite, chiarisce: «Io qui ci lavoro, da volontario». Conosce tutti e apre tutte le porte, inclusa questa. Alle pareti: bastoni, deambulatori, fotografie con crocial merito.A Jackson ci sono 84 reduci di guerre, per lo più Corea e Vietnam. Roger Griffith addirittura ha superato il secolo e stava per arruolarsi anche nella Seconda guerra mondiale, poco prima che finisse. Appare in una foto in divisa, con la sigaretta in bocca: «Ma i polmoni me li ha anneriti la miniera». Questi sono e sono stati uomini così: sono andati a combattere quando li hanno chiamati, spediti in posti che non avevano mai sentito nominare. Sono scesi nelle miniere finché gliele hanno chiuse. Partiti per le fabbriche d’auto a centinaia di chilometri finché hanno chiuso pure quelle. Le colline sono la loro deriva, spiaggiati come fossili. Washington è oltre ogni possibile orizzonte.L’unico presidente che abbia mai messo piede da queste parti è stato Lyndon Johnson, democratico. Per alcuni fu un bene, per altri un male perché la sua “guerra alla povertà” rafforzò lo stereotipo. L’anno seguente, dal giardino di rose della Casa Bianca, annunciò un disegno di legge per gli Appalachi che «ponesse fine al cinismo generalizzato nei confronti della miseria»: «Basta con la botte di maiale», disse in modo colorito alludendo alla metafora per cui il governo spende solo dove riceve voti. Sessant’anni più tardi che cosa resta? Brandon Kiser, che a Washington lavora, ma qui è nato, sostiene che: «Puoi togliere la gente dalla povertà, ma non la povertà dalla gente». L’attore comico Chris Rock ha detto: «Non esiste niente di più spaventoso dei bianchi poveri». E sì che ha visto il collega afroamericano Will Smith avventarglisi contro alla cerimonia degli Oscar 2022.Non c’è un solo afroamericano a Jackson. Qualcheasiatico, qualche nativo americano, tutti disoccupati. Tolleranza zero contro l’immigrazione, chiudere i confini e rimpatriare: queste le parole d’ordine condivise. «Nessuna xenofobia: in ospedale adesso lavora anche un romeno», precisa Tom Collins. E aggiunge: «Abbiamo convissuto a lungo con i Melungeon, qualunque cosa fossero». Erano meticci, mescolanza di almeno tre etnie (il nome viene dal francese melange). Rifiutavano di essere considerati neri e di associarsi ai bianchi. Avevano un re. L’ultimo discendente è affogato. Negli Anni Sessanta sparirono, poi qualcuno è ricomparso, dopo studi del Dna che accreditavano discendenza portoghese.Mike Miller del distretto allo Sviluppo di questa zona è un raro ottimista: «Quel che non si vuole ammettere è che Jackson è migliorata. Ora ci sono un ospedale e due scuole superiori. Il problema è il calo demografico, che va veloce. Nessuno fa figli. Chi avrebbe l’età per farlo è drogato o ha disabilità. Il nostro Dna è cattivo, non trasmettiamo buoni geni: obesità, diabete, ipertensione, troppo fumo, su polmoni già intasati. Ma ci sono più progressisti di quanto si creda».Provo a far notare agli anziani un dato positivo: «I dati sul crimine sono bassi e in diminuzione costante». Tom Collins sogghigna: «Per forza: se qualcuno si azzarda finisce appeso». È un modo di dire? «Più o meno. Qui ci piace la giustizia. Quella veloce, severa e sicura. Per questo non ci piace quella donna, Kamala. Lei ha scarcerato tutti quelli che avevano commesso reati con la scusa di Black Lives Matter, gente che ha incendiato e rubato, tutti fuori. Lo ha voluto lei». In realtà Kamala Harris è soprannominata da alcuni difensori dei diritti “Copola” (copsignifica poliziotto) per la sua durezza contro il crimine. Quanto al movimento Black Lives Matter, non le ha ancora dato il suo appoggio: «Sarà, comunque è un’idiota».Appalachia, prima di diventare Trumpalachia, oltre a non godere di buona stampa è stata rappresentata in modo terribile dal cinema (Un tranquillo weekend di paura dove alcuni locali abusano di ignari escursionisti) e dalla letteratura. Prima di Vance ne ha scritto Chris Offutt. I suoi racconti Nelle terre di nessuno sono intrisi di superstizione, ignoranza e violenza. Una frase però mi colpisce: «Le vite degli uomini passavano a sprazzi, tra lavoro, bevute e una morte rapida, mentre le donne si logoravano più lentamente, ma senza interruzioni. Era più difficile per le donne che per gli uomini ed era per questo che le donne erano più intelligenti degli uomini». Mi induce a seguire Jane & Janie al piano di sopra, dove curano il museo della contea di Breathitt, di cui Jackson fa parte. La storia americana è sempre acerba: questa parte dal 1839. C’è un albo delle famiglie locali e mi fanno notare che il cognome Vance non figura: «Vai in biblioteca a leggere la raccolta di repliche alla sua Elegia, noi a pagina cinquanta del libro ci siamo fermate». Annoterò: «Per lui siamo tutti insicuri, reattivi, spendaccioni. E potrebbe salvarci solo la religione» (Anthony Arkins). Infatti ci sono cinque chiese di diverse confessioni. «Vance dà spiegazioni facili, come spiegare gli italo- americani con iSopranos. Prima, da scrittore, ha sostenuto che si è poveri per colpa propria, poi è diventato un politico, si è affiliato a quel sado-sovranista di Trump e ha dato la colpa alle èlite» (Thomas Frank). «Ha usato una bella storia per fare brutta politica» (Lisa Purie).Per Jeanie, che al museo appende anche i suoi dipinti: «È la storia della sua famiglia, non delle nostre. L’unica cosa buona è che ha portato qui un po’ di gente». Due visitatori ci fanno una foto, chi la scatta suggerisce, invece di «Cheese!»: «Dite Vaaaance!». Ma non ci sono storie che facciano sorridere. Jane è vedova di un avvocato che aveva 35 anni più di lei e l’ha portata a vivere altrove per quarant’anni. Morto lui, ha allevato i nipoti in Missouri poi è tornata qui. Guida un’utilitaria italiana con il tricolore sulle fasce e una banda nera anti-insetti sul radiatore. Abita in una casetta isolata lungo il fiume, senza paura: conosce tutti e tutte le storie. C’era una stiratrice che si era procurata un’artrite e, come metà della popolazione di Jackson, prendeva il sussidio: 300 dollari al mese e i buoni per i farmaci, poi se ne rivendeva la metà per sopravvivere. Ai funerali capita di vedere i parenti che si spartiscono la sola eredità: le medicine del morto. Che tocchi alle donne rivolgere il corso degli eventi lo ammette anche Vance: nell’Elegia a salvarlo sono prima la nonna e poi la futura moglie. Jackson ha un sindaco donna, Laura Thomas, rieletta e succeduta a un’altra donna che aveva governato per due mandati. Ha dovuto affrontare la pandemia e, soprattutto, due alluvioni consecutive, nel 2021 e 2022: «Ma la gente ha saputo reagire, non è così inetta e disperata come la raccontano. Ha bisogno di aiuto per ricostruire e di lavoro nelle vicinanze: di giorno non c’è nessuno perché chi lavora lo fa a decine di chilometri da qui». Per le donne una promessa non mantenuta è un voto infranto: loro scelgono Harris. Lo fanno anche se i liberal hanno sdegnato i «bifolchi» per essersi consegnati a Trump. In tutto il mondo la sinistra ha toccato il fondo quando ha disprezzato il proprio elettorato per aver seguito un pifferaio miliardario. E adesso, poveri uomini, chi vi aiuterà a rialzarvi?