Corriere della Sera, 5 ottobre 2024
Adriano Panatta in morte di Lea Pericoli
Ricordo Lea stesa sulla terra del Roland Garros, agganciata non so come alla rete, che ride e m’insulta.
La rivedo tra me e Bitti Bergamo, felice della nostra amicizia. La risento che mi racconta dell’Africa, la sua Africa, gli spazi immensi, i cieli infiniti, nella quale, milanese, pensava di essere nata. Ci aveva vissuto a lungo però, ad Addis Abeba, e ne aveva tratto quella voglia di libertà che la sua educazione da brava ragazza di una famiglia benestante di «colonizzatori» avrebbe volentieri frenato. Mai nei pensieri, però, che furono sempre quelli di uno spirito libero, di una donna di multiformi qualità, tennista, giornalista, scrittrice, esperta di moda, che si faceva in quattro sul campo e per gli amici. Sono stato tra questi, sin dal primo momento in cui l’ho incontrata, colpito e attratto dal suo saper parlare di tutto, spesso per cogliervi gli aspetti curiosi della vita, sempre in modo colto. E ora che Lea se n’è andata, ripenso solo alle molte cose belle che portava con sé, alle risate, agli scherzi, anche perfidi, che architettava con Bitti, che consideravo un fratello maggiore, e poi fu capitano di Davis. E non mi viene in mente un solo momento in cui Lea mi apparve in panni diversi, fuori luogo, o soltanto triste, nemmeno nelle due occasioni in cui ha combattuto contro il tumore. «Ci gioco a tennis e lo batto», mi diceva. Giocava un tennis buffo, correva veloce ed era instancabile, difficile da battere credo, ma era un tennis di pallonetti. Una volta, a Parigi, mentre la seguivo dalla tribuna, vicino al campo, mi venne da dirle, «Dai Lea, e mo’ basta co’ ‘sti pallonetti, vai una volta a rete». Lei mi rispose dubbiosa. «Ci provo, ma sarebbe la prima volta». Ci andò, scivolò, cadde, un piede le si attorcigliò nella rete, le venne da ridere, e ovviamente da insultarmi, come solo lei sapeva fare. La cosa, fra le risate, andò avanti per giorni. E non chiedetemi perché fra le tante immagini di Lea, questa esca fuori per prima. Ma la ricordo così, spirito libero, e non credo che a lei sarebbe dispiaciuto.