il Giornale, 4 ottobre 2024
Quando la sinistra boicottava l’autostrada del Sole
Di Garibaldi non si può parlar male, dell’Autostrada del Sole invece sì: eppure hanno unito l’Italia tutt’e due, anzi, la seconda ha registrato più morti: le perdite garibaldine furono 32, quelle dell’Autosole 160, tutti operai. Davanti alla chiesa eretta apposta, all’uscita di Firenze, ci sono ancora una lapide e una croce che li ricordano: è lì che il 4 ottobre 1964 (fanno sessant’anni oggi) ci fu una cerimonia d’inaugurazione alla presenza di Aldo Moro e di altri personaggi che andrebbero tutti menzionati. È lì che partì l’impulso per la motorizzazione di massa e per il turismo popolare. È quello il simbolo più grande del boom economico e, parimenti, quello che ne annunciò la fine.
Quando si parla di «miracolo italiano» bisognerebbe ricordare che l’Autostrada del Sole è una striscia d’asfalto che va da Milano a Napoli (760 chilometri) costruita in soli otto anni e conclusa tre mesi prima del previsto: a dispetto di centinaia di ponti e viadotti e gallerie. Un risultato di livello mondiale (in Europa non c’era niente del genere) al costo dell’equivalente di 3,3 miliardi di euro attuali. Un paragone? La successiva Salerno-Reggio Calabria: concepita nel 1960, iniziata nel 1962, terminata in teoria nel 1974 (molto in teoria: a due corsie senza quella d’emergenza) e in pratica ri-terminata mai: nel
2016 fu ri-inaugurata, ma stanno facendo ancora ammodernamenti e opere complementari importanti: questo al costo di 7,5 miliardi di euro attuali, che fanno 20-21 milioni di euro al chilometro. L’Autosole, a chilometro, ne era costati 4. Da qui l’eterna domanda: come è stata possibile, l’Autosole? Una prima risposta: c’erano meno politicanti e più classe dirigente. Le principali industrie italiane avevano preparato un primo studio di fattibilità che fu la ragione per cui la sinistra accusò il governo di essere «al servizio della Fiat». Seconda risposta: forse c’era meno democrazia nel senso di infiniti reticoli di controlli e ri-controlli: chi comandava, comandava. L’Iri fondò la Società Autostrade. Fu cercato un uomo capace di compiere il miracolo e fu individuato in Fedele Cova, che ebbe l’idea geniale: suddividere il percorso in centinaia di piccoli lotti di pochi chilometri da affidare in piccoli appalti (è la ragione per cui non c’è un viadotto uguale all’altro, sull’Autosole) e così, in soli due anni, era già pronto il tratto Milano-Parma; intanto, però, nel timore che il progetto potesse fermarsi a metà strada, fece iniziare un fronte di lavori anche al Sud, dove in due anni si inaugurò il tratto Napoli-Capua. Il tratto più complicato, e si sapeva, sarebbe stato il Bologna-Firenze. Per andare da Milano a Napoli, in precedenza, erano necessari più di due giorni di viaggio. Dire che c’era più classe dirigente e meno politicanti, tuttavia, non significa che non ci fosse un’opposizione politica. Anche se delirava: dopo l’inaugurazione dell’Autosole, infatti, l’Unità scrisse: «Abbiamo l’autostrada, ma non sappiamo a che serve è evidente l’impegno di spremere l’economia nazionale nella direzione di una motorizzazione individuale forzata Velocità alte e comode soltanto per redditi più elevati». Più classe dirigente e meno politicanti, forse, significa anche e solo ciò che disse lo stesso progettista dell’Autosole, Fedele Cova: «Con la fine dell’Autosole cominciarono gli appetiti, le interferenze. Prima quello che contava era fare le strade, farle bene, farle in fretta. Poi contarono altre cose: l’assegnazione degli appalti, le quote da spartire, la scelta elettorale dei tracciati, i clienti da far assumere e sistemare». Il nome di Fedele Cova, nel 1964, è stato al centro di una mostra al Moma di New York dedicata alla «più bella autostrada del mondo». Sessant’anni fa, appunto.