la Repubblica, 4 ottobre 2024
Togliete il telefono ai nostri figli
Togliete quegli smartphone dalle mani dei vostri figli, se ci riuscite. Banditeli dalle scuole. Ritardate l’età in cui li ricevono, controllate come li usano, vietate i social fino a 16 anni. Punite i produttori che non collaborano. La loro esistenza, e anche la vostra, rifiorirà, mettendo al riparo dai predatori online, le malattie mentali che travolgono gli adolescenti di mezzo mondo, l’incubo dei suicidi. Torneranno a giocare, crescere, avere una vita sociale da esseri umani, migliorando pure i voti a scuola. Lo garantisce Jonathan Haidt nel suo libro La generazione ansiosa, sottotitolo Come i social hanno rovinato i nostri figli, pubblicato in Italia da Rizzoli.Lei denuncia la “Grande riconfigurazione dell’infanzia”. Cos’è?«Gli esseri umani sono mammiferi e per milioni di anni l’infanzia si è basata sul gioco, che serviva a costruire le capacità per la vita adulta. Verso il 2010 è rapidamente cambiata nella maggior parte dei paesi sviluppati: c’è molto meno gioco libero e tutto è basato sugli smartphone. In teoria poteva funzionare, ma nella realtà è stato un fallimento globale. La salute mentale declina in tutto il mondo, in particolare tra le adolescenti».Perché sostiene che sia colpa di smartphone e social?«Dipende dalle caratteristiche degli strumenti e dal loro impatto. La ricerca è complessa, perché non sono come le sigarette, che fanno male a tutti nello stesso modo. Milioni di bambini vengono danneggiati in maniere differenti. Alcuni sono vittime di estorsioni da adulti sconosciuti che vogliono immagini sessuali, altri dalle sfide su TikTok a soffocarsi, la perdita di sonno, le centinaia di connessioni virtuali che tolgono tempo a quelle reali, il confronto con gli altri, l’indebolimento dei legami familiari, la mancanza di luce solare. I bambini hanno bisogno di stare all’aperto e giocare, invece passano la maggior parte del tempo a guardare i telefoni».Lei critica anche i genitori iperprotettivi. Cosa sbagliano?«Il gioco è una necessità biologica per sviluppare il cervello. Negli anni ’80 e ’90, per ragioni di sicurezza non legate ai social, abbiamo iniziato a impedire ai figli di fare le cose che facevamo noi da bambini, ossia giocare e muoverci in maniera indipendente. Ciò ha bloccato il loro sviluppo, ma il declino della salute mentale ha accelerato dal 2010 in poi».Che prove ha?«Nei grafici la curva delle malattie mentali e delle ragazze che si fanno del male si impenna intorno al 2012. All’improvviso sono state super collegate a piattaforme che usavano gli algoritmi per diffondere contenuti su malattie mentali e autolesionismo, generando ansia. Non sono impressioni, ma dati di ricoveri al pronto soccorso. Una causa è il contagio comportamentale, che colpisce maggiormente le ragazze perché sono più aperte alle relazioni e influenzabili dagli amici. Per i ragazzi i danni vengono da videogiochi e pornografia. Ciò spinge tutto il resto fuori dalla vita e produce livelli di stimolazione del cervello molto alti. Il mondoreale non offre le stesse esperienze e quindi diventa noioso. Questo genera comportamenti che interferiscono con lo sviluppo».Lei cita Émile Durkheim e l’anomia. La mancanza di norme e senso nelle nostre vite acuisce l’emergenza?«Il libro racconta la storia di una tragedia in due atti: prima la perdita dell’infanzia basata sul gioco, poi l’affermazione di quella basata sul cellulare. Dopo averlo finito, ho capito che c’eraanche un terzo atto importante, la perdita della comunità. Devastante per la società americana, la democrazia e la salute mentale. Quando perdi capitale sociale e fiducia civica, segue il decadimento, perché gli esseri umani non possono fiorire senza relazioni. Durkheim aveva notato che l’anomia era un problema, e il numero dei suicidi era più alto tra persone libere rispetto alle sposate, con molti figli, religiose».Cita Pascal, quando diceva chenel cuore degli uomini c’è un vuoto a forma di Dio. La secolarizzazione contribuisce al problema?«Gli esseri umani hanno una vita spirituale, e lo dico da ateo. Quindi ho ritenuto necessario studiare anche gli effetti che l’esistenza basata sul telefono ha su noi adulti, oltre ai vantaggi pratici. Tanto Gesù, quanto l’antica saggezza di altre religioni, ci invitavano a non giudicare, a meditare, perché la calma apre i cuori alla bellezza intorno a noi. La vita basata sui social fa l’esatto opposto: devi giudicare, rapidamente, e se non lo fai sarai giudicato per non aver giudicato. Porta al degrado».Le sparatorie nelle scuole dipendono in parte da questo?«Non commento i casi specifici perché bisogna conoscere i dettagli degli autori, però noto due cose. Primo: molti killer si supportano a vicenda attraverso Internet, ispirano generazioni future di killer. Secondo: in America dobbiamo svegliarci davanti all’evidenza che i nostri ragazzi stanno fallendo clamorosamente a scuola, sul lavoro, nella società. Buttano via le vite, e la perdita di senso e comunità, sommata alla cultura di Internet che celebra qualunque cosa ti renda degno di nota, motiva questi comportamenti».Lei offre alcuni rimedi. Primo, tornare al gioco libero. Perché?«A un certo punto ci siamo ossessionati perché i risultati dei nostri studenti nei test calavano rispetto agli stranieri. La risposta è stata ridurre ricreazioni, sport, lezioni di arte, per inchiodarli alla sedia. Il risultato è che odiano la scuola e vanno anche peggio. Ci sono prove biologiche e psicologiche che dimostrano l’importanza del gioco non supervisionato».Poi vorrebbe bandire gli smartphone: ma le pare possibile?«Non solo è fattibile, ma sta avvenendo alla velocità della luce. Interi Stati e centinaia di distretti scolastici diventanophone free. Gli insegnanti li odiano».