Corriere della Sera, 4 ottobre 2024
Gli israeliani hanno infiltrati nel regime di Teheran
Ultimi giorni di luglio, ultimi giorni di esistenza di Ismael Haniyeh e Fuad Shukr. Il primo dirigente di Hamas in esilio, l’altro responsabile militare dell’Hezbollah. Vengono uccisi in successione dagli israeliani. Il palestinese a Teheran, dilaniato da un’esplosione in un complesso ritenuto sicuro. Il secondo dai missili a Dahieh, quartiere roccaforte del movimento libanese.
Sono colpi severi che rivelano le prime falle nella sicurezza ai vertici dell’Asse sciita, non importa dove. Gli iraniani iniziano a preoccuparsi, è chiara l’infiltrazione patita, reagiscono: iI 18 agosto le autorità affermano di aver neutralizzato spie del Mossad «in 28 Paesi».
È solo l’ultima di una dozzina di comunicazioni simili a partire dall’inizio dell’anno, con «agenti» nemici catturati, giustiziati. Nell’elenco degli arrestati ci sono curdi, arabi del Kuzestan, probabilmente baluchi, elementi che agivano al confine con l’Afghanistan. I guardiani vogliono rassicurare sulle contromisure prese ma sono poi colti di sorpresa in un ciclo infernale simboleggiato dall’uccisione di Hassan Nasrallah, leader dell’Hezbollah.
Non c’è angolo geografico dove lo schieramento capitanato dai mullah non sia colpito e in modo trasversale.
Non che prima fossero stati immuni da missioni coperte condotte dal Mossad. I primi episodi risalgono al 2001 ma è dopo il 2010 che la cadenza cresce fino ad arrivare all’attualità.
Gli israeliani hanno reclutato talpe nelle gerarchie, hanno convinto a cooperare funzionari e tecnici. Una rete estesa che ha permesso di sottrarre l’archivio atomico nel 2018 o a sabotare molti siti strategici. Quando non è stato possibile impiegare la «fonte umana» si è passati alle intrusioni cyber, alle società fantasma che hanno venduto tecnologia fallata o i cercapersone esplosivi. Ma questo era solo il primo livello. La decapitazione dell’Hezbollah ha rappresentato un «salto» reso possibile da «traditori» rimasti nell’ombra.
Sono stati gli stessi iraniani a confermare alla Reuters i sospetti avanzati da molti.
La breccia è probabilmente tra i pasdaran che avevano rapporti stretti con il Partito di Dio. Ufficiali, magari della Divisione Qods, che facevano molti viaggi verso Beirut, la valle della Bekaa e le basi in territorio siriano. E così ne sono stati messi sotto inchiesta a decine. I «cacciatori di spie» hanno controllato conti bancari, stile di vite, spostamenti di famiglie all’estero, passi anomali. Possibile che abbiano seminato esche, per mettere alla prova la fedeltà. Intanto hanno aumentato la protezione attorno all’ayatollah Khamenei, quindi hanno affidato una parte dell’inchiesta sui beeper a Nabil Kaouk che però ha avuto poco tempo a disposizione: gli israeliani lo hanno liquidato prima ancora che potesse redigere un rapporto.
Nel panico, Teheran ha trasmesso un messaggio d’allarme specifico a Nasrallah affidandolo a un messaggero «sicuro», il generale dei pasdaran Nilforoushan. Niente da fare. È come se l’intelligence israeliana vedesse e sentisse in diretta: gli apparati di comunicazione presto abbandonati, gli ordini scritti, le riunioni note a un pugno ristretto.
Cercare gli infiltrati richiede tempo e i mullah non ne hanno troppo in una missione ancora più complessa perché deve guardare all’interno del «palazzo». Tra sospetti e veleni, con inquirenti offuscati dai depistaggi, ostacolati da polemiche interne. E tutti devono anche stare attenti a quali strumenti usare. Linee fisse, cellulari, ricetrasmittenti sono diventate radioattive, le armi possibili del Piccolo e del Grande Satana, ovvero Israele e gli Usa.
«Il nemico ti ascolta» non è solo uno slogan. Il Financial Times ipotizza che il Mossad abbia costruito una gigantesca mappa di dettagli monitorando, con l’aiuto della tecnologia, le forze Hezbollah mandate a combattere in Siria. Caserme, case, basi usate dai miliziani che contano sono state sorvegliate giorno dopo giorno, annotando anche minimi mutamenti negli edifici, nei trasferimenti. Una copia di quello che fecero gli americani con i ribelli iracheni, il «programma segreto» svelato da Bob Woodward.
Sembra un teatro troppo lontano dal cuore. Il governo libanese ha offerto la sua interpretazione: c’era un accordo sulla tregua, Nasrallah si è fidato a uscire per un summit con i collaboratori, lo hanno ingannato. Può essere una spiegazione ma parziale perché non chiarisce tutte le altre brecce e di sicuro non placa i timori degli ayatollah