il Fatto Quotidiano, 3 ottobre 2024
Tre ore e venti del miglior tennis, ma alla fine Alcaraz batte Sinner
Un epilogo amaro dopo tre ore e venti di tennis quasi sempre lunare. Jannik Sinner ha perso ieri sul più bello (?) la finale dell’Atp 500 di Pechino. Al tiebreak del terzo, lui che di tiebrak nel torneo non ne aveva perso mezzo (infatti aveva vinto pure del primo set). Carlos Alcaraz, il rivale eterno, si è alfine imposto 6/7 (7) 6/4 7/6 (3).
L’amarezza non risiede solo nella sconfitta ma anche nel modo, tenendo conto che Sinner era avanti nel tie 3-0 e servizio. Pareva quasi finita. Ma è appunto in quel “quasi” labile che si muovono le sfide-maratona tra i due. Alcaraz è agonisticamente tignoso come la morte e, infatti, da quello 0-3 ha inanellato sette punti di fila (tre dei quali di bellezza abbacinante). Va detto che lo spagnolo cannibale era avanti 5-2 nel primo set e 3-1 nel terzo, quindi poteva chiuderla anche prima. Forse era più in forma, forse meno stanco, forse negli scontri diretti ha più soluzioni (infatti è avanti 6 a 4). Match di livello pazzesco, e tra i due non può che essere altrimenti. Infortuni e deliri Wada permettendo, si contenderanno la leadership (che è ancora saldamente di Sinner) per anni. Nessuno gioca come loro, se non ogni tanto (e solo due set su tre) il miglior Djokovic (tipo alle Olimpiadi). Jannik e Carlos ripetono di essere amici e rispettarsi molto. È vero, e non è detto che sia un bene, perché le rivalità poggiano spesso su antipatie radicate. In campo, in ogni caso, di amicizia (per fortuna) se ne vede sempre poca. E spesso neanche fuori: Alcaraz (come Djoko) è stato assai equivoco nel commentare il “caso doping” di Sinner. E pure quando ha frignato perché oggi i tennisti giocano troppo, Sinner gli ha ricordato con garbo che non glielo ordina il dottore di giocare tutte le settimane. I due sono pressoché opposti anche nel comportamento in campo. Trattenuto e composto Jannik, mentre Carlos è un concentrato spesso odioso di urla ed esultanze strafottenti. Il classico agonista che, metaforicamente parlando, venderebbe quasi la madre per un quindici.
Ieri ha pure sfoggiato una tremebonda canottiera color emorragia da muratore, rubata si presume nei resti sfitti dei magazzini Standa. Ricorda sempre più il primissimo Nadal, di cui è però versione 2.0 più efferata. Sinner, dal canto suo, continua la sua annata pazzesca (mai eliminato prima dei quarti!). Nonostante la carognata della Wada, le cretinate dei Kyrgios e le pugnalate ebeti dei troppi hatersdementi che lo crivellano – ogni giorno – nel suo (e nostro) paese. È un fenomeno. Sono due fenomeni. Lo hanno magistralmente dimostrato anche ieri. Vinceranno a scatafascio, da quasi amici per nulla fraterni.