La Stampa, 3 ottobre 2024
Franca Leosini dice che la banalità del bene alla lunga annoia
Con il male lei ha una lunga consuetudine. Oltretutto di successo. Non si parlasse di Franca Leosini suonerebbe sinistro. Eppure la signora dabbene non si è mai risolta a fare della sua vita una sequela di tè con le amiche, anzi, forte dei suoi brillanti studi giuridici, nel male si è tuffata senza remore, ha scavato a mani nude nei meandri di anime attraversate dall’orrore, il male lo ha stretto tra le mani ogni qualvolta ci si è trovata faccia a faccia: ha studiato la vita di assassini conclamati, ha guardato negli occhi l’improvvisa negatività e l’ha raccontata. La sua Storie maledette è una trasmissione cult che vanta molti tentativi di imitazione andati a male.Qui invece si tratta di un male da telespettatore appassionato. Monsters, serie televisiva siglata Netflix, crea ascolti record e polemiche. Rispolvera la vecchia storia vera di due fratelli, Lyle ed Erik Menendez che hanno ucciso i genitori e che per questo sono ancora in regime carcerario.Leosini, il male affascina molto e l’interesse che scatenano queste fiction lo dimostra. Lei che ne dice?«Innanzitutto chi dice che io ne sia rimasta affascinata sostiene il falso. Certamente sul pubblico il male con le sue punte di atrocità, desta interesse. Il bene è banale, si dà per scontato proprio perché fortunatamente è usuale. Al tempo stesso il male è molto più diffuso di quanto non si possa immaginare o di quanto non si sappia».Lei non sarà assuefatta al male dopo averne maneggiato così tanto?«Assuefatta mai. Certo l’ho toccato da vicino. Sessantatré storie maledette per sessantatré tragedie. Bisogna stare bene attenti quando si parla di male e di malvagità. Non è detto che chi commette un gesto estremo sia una persona negativa nella sua vita. Nessuno di noi è esente dalla possibilità di cadere nel precipizio».Per questo lei non ha mai voluto trattare di serial killer, preferendo coloro che, per un accidente della vita, da persone tranquille che erano d’improvviso di sono trasformate in feroci assassini?«Certo, il serial killer risponde a logiche diverse che non mi interessano. Io entravo nell’anima della persona, normale fino al momento di non ritorno. Che potrei essere io, che potrebbe essere lei».Il male è anche la guerra, la violenza, la sopraffazione.«È molto presente nella nostra realtà, questo purtroppo è un periodo drammatico».Ma veramente lei non è mai rimasta affascinata da una delle persone che ha intervistato?«Mai. Non mi lascio sedurre. Ho dominato la negatività con grande consapevolezza. Me ne sono avvicinata con strumenti adatti. I casi che ho affrontato li ho studiati fin nelle pieghe più riposte. Quando incontravo queste persone sapevo di loro tutto il possibile, avevo studiato le carte. In questo modo il male perde ogni sua attrattiva. Ammesso ne abbia».È difficile riconoscerlo?«Molto difficile, tanto da circolare indisturbato tra le persone».In alcuni casi questi protagonisti ricevevano centinaia di lettere dalle ammiratrici che si dicevano pronte a sposarli e ad amarli. È persino accaduto che qualcuna ci sia riuscita...«La gente è attratta da ciò che ritiene speciale, non usuale. La banalità del bene è sempre stata meno fascinosa. Il male incuriosisce in quanto nascosto, attira perché più raro e difficilmente esibito, non è abitudinario. Chi scrive a questi persone vuole entrare in una storia da romanzo, farne parte, uscire dalla routine con qualcosa di eclatante. Il male ha tante sfaccettature. Il male peggiore è volere il male degli altri».Volendone dare una definizione?«Tutto quello che suscita violenza è male, le tensioni che danneggiano il singolo e la società è male. Poi ci sono le valutazioni soggettive. Io posso ritenere male quello che per taluni è normalità».I social hanno delle responsabilità?«I social hanno grandi responsabilità ogni qualvolta diffondono con superficialità notizie non verificate, colpevoli di farsi suggeritori di violenza».Quanto pesa il dato emulativo?«Molto ma non occuparsi di un fatto di cronaca è impossibile. Come si fa a non commentare una tragedia? Il quesito non è stato mai risolto. La cronaca ha i suoi doveri e i suoi diritti. L’importante è non presentare mai questi fatti come gesti eroici perché appunto sono maledetti. E mai pensare di poterlo estirpare, il male, ha radici troppo profonde ed è parte dell’uomo».Esiste il male perché esiste il bene?«Il bene ha senso in modo assoluto non è l’interfaccia del male»