la Repubblica, 3 ottobre 2024
Da campo largo a campo santo
Il famoso campo largo Giuseppe Conte l’ha storpiato in campo coeso, campo ristretto, persino campo di battaglia. Poteva mai funzionare se il disaccordo verteva persino sul nome? L’altro giorno, proprio mentre l’avvocato del popolo dichiarava chiusa l’alleanza, anche il capogruppo al Senato del Pd, Francesco Boccia, ha emesso la medesima sentenza: «Il campo largo non è mai esistito!».Come non è mai esistito?Che fatica a sinistra! Fuoriclasse nel dividersi. Eterni distinguo. Campioni olimpionici di paranoie. Ricordate gli psicodrammi sulla Cosa di Occhetto? E poi l’Unione di Romano Prodi, che Bertinotti definì «poeta morente». No, vabbé. Ci si sente male. Perché passano le stagioni, cambiano gli interpreti, ma un Turigliatto pronto a sabotare il fronte democratico non manca mai.Serve un terapeuta. Subito. Uno bravo. Come quelle coppie che litigano da anni senza sapere più perché, trovando nella tensione un equilibrio tossico, nel centrosinistra si dividono per ragioni che un elettore desideroso soltanto di vedere sloggiare Giorgia Meloni da palazzo Chigi fatica a comprendere. Con la pazienza di Giobbe, Elly Schlein sta cercando da mesi di tenere unita la coalizione, mordendosi le labbra ogni volta che Conte parla. Non risponde mai, a costo di passare per noiosissima. Per il bene supremo, ché con questa legge elettorale solo stando uniti si riuscirà ad avere una chance per provare a battere i populisti.Conte, il Jep Gambardella di Volturara Appula, vuole solo rovinare le feste. Quindi ha ordinato di estromettere i renziani dalla coalizione in Liguria, col rischio di perdere, ripetendo così lo scherzetto fatto a febbraio in Basilicata, dove infatti hanno vinto gli altri. Sia mai che il Pd si affermi nelle tre regioni al votoin autunno, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria. Pure sulla Rai ha fatto di testa sua. La verità è che Giuseppiè come il Giufà delle favole arabe. Sul campo largo dice da anni tutto e il contrario di tutto. «È sicuramente il nostro orizzonte», annunciò il 2 novembre 2021. Venti giorni dopo aveva già cambiato idea, ribattezzandolo “campo di battaglia”. Il 19 maggio 2022, parlando alla convention dell’AdnKronos, disse che «non è in discussione il percorso comune col Pd». Due mesi dopo il voltafaccia: «Noi siamo altro dal campo largo». E già l’11 giugno 2023 definì il campo largo «una formula che non esiste». Camposanto. E ci fermiamo qui con l’elencazione.Campo largo l’ha veicolato Enrico Letta, sostiene la Treccani. In realtà è un’espressione che usavano già D’Alema, Veltroni, Franceschini. Bersani ne fece una parola d’ordine. Goffredo Bettini la utilizzò per invitare il partito ad allargarsi e intercettare «le nuove solitudini» in un intervento nella direzione Pd del 20 ottobre 2014. Dieci anni fa! Che malinconia. Perché è sempre Renzi contro Calenda. Calenda contro Conte. Riformisti contro Schlein.Se lo indicassero candidato premier, Conte cesserebbe ogni ostilità, si capisce. Se c’è in campo un suo esponente, come Alessandra Todde in Sardegna, ripone le armi. Ma la bravissima governatrice lì ha vinto soprattutto grazie ai tanti voti del Pd. Per il resto è il trionfo della tattica. Come a Bari quando rovesciò insulti sanguinosi sui democratici, presentando un proprio candidato. «E pensare che qui alla Camera i deputati 5S sono in maggioranza per l’accordo», diceva ieri una fonte in Transatlantico. Il che rende questa vicenda ancora più kafkiana. Forse ha ragione Dino Amenduni di Proforma: «Il campo largo è stato un’allucinazione collettiva».