Corriere della Sera, 3 ottobre 2024
La Rai trasmette cose bellissime in mezzo a cose orribili
Per commentare la nuova serie di Le ragazze (Rai Cultura per Rai3), ritratti di donne di generazioni diverse realizzati dalla casa di produzione Pesci combattenti, dovrei limitarmi a fare la parafrasi di alcune coinvolgenti interviste come quella a Filomena, la madre di Elisa Claps (la studentessa scomparsa e trovata anni dopo mummificata in una chiesa).
O a Elisabetta Canitano, una ginecologa che ha dedicato tutta la sua vita lavorativa al servizio pubblico nel contesto della legge 194 sull’aborto, a Marina Gamberini, una sopravvissuta alla strage avvenuta alla stazione ferroviaria di Bologna dove lavorava per l’azienda che gestiva la ristorazione. Ma per questo compito c’è Rai Play (l’unico suggerimento è che potete tralasciare l’intervista a Paola Manfrin, ex valletta televisiva, ancora troppo piena di sé). La regia delle storie di Antonio Miorin è molto attenta a una scrittura sospesa tra l’intensità delle rievocazioni e il clima inevitabilmente nostalgico creato dalle canzoni d’epoca.
Ma è più interessante parlare del confronto fra questo programma e l’insulsaggine che il servizio pubblico offre quotidianamente (prenda nota dott. Roberto Natale, membro del Cda Rai ed ex portavoce di Laura Boldrini). Prendo spunto da un post di un lettore del Corriere: «Vabbè che la televisione deve accontentare tutti, ma vedere a Le Ragazze la bellissima intervista a una persona eccezionale come Filomena, madre di Elisa Claps, dopo un pomeriggio matanese con lo strafinto gossip Fedez ed una serata con il ritorno dell’etereo ed insulso Orsini, ci lascia un poco “intontiti”. Vale tutto ed il contrario di tutto».
Ecco, il servizio pubblico dovrebbe proprio sottrarsi a questa legge del «vale tutto e il contrario di tutto». È proprio confrontando Le ragazze con Storie italiane, La vita in diretta, Sottovoce, Bella. Ma’, Donne al bivio (l’elenco potrebbe andare ancora avanti) che si capisce quanto bisognerebbe essere fuori dal mondo, «come un angelo o come un idiota», per credere di poter raddrizzare il legno storto della Rai, votati a forme degradate di saggezza.