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 2024  ottobre 03 Giovedì calendario

L’ascesa di Romana Maggiora Vergano

C’è ancora domani. Il tempo che ci vuole. Potenza del caso, i titoli dei due film che hanno cambiato la carriera di Romana Maggiora Vergano: l’opera prima di Paola Cortellesi in cui interpreta la figlia della protagonista e il racconto di Francesca Comencini sul suo rapporto con il padre Luigi offrono una buona sintesi del percorso della giovane attrice. Romana, classe 1997, gavetta tra tv (da Don Matteoa Those about to die), teatro e cinema. E già su un nuovo set: quello di Portobello, la serie di Marco Bellocchio su Tortora. «Quei titoli fotografano bene il mio presente: ho imparato a stare in quello che mi succede. Di carattere, invece, tenderei a indugiare nel passato, nei ricordi. O a proiettarmi sempre dopo, con l’ansia del futuro». 
Quando ha capito di voler fare l’attrice? 
«Presto, a 7 o 8 anni. Avevamo una multiproprietà a Maratea. Io, anziché andare al mare come gli altri bambini, facevo la tuttofare per gli animatori che organizzavano gli spettacoli. Così mia madre mi ha iscritto a un corso di teatro amatoriale. Aspettavo tutta la settimana che arrivasse il sabato pomeriggio. Ma immaginavo avrei seguito il percorso dei miei genitori, come ha fatto mio fratello gemello». 
Ovvero? 
«Sono medici con una vera vocazione per il mestiere. Esempi piuttosto ingombranti, un po’ come il padre di Francesca Comencini. Ero molto studiosa, convinta che la recitazione sarebbe rimasta un hobby. Mi sono iscritta al test di medicina, ho studiato tutta l’estate, ma la mattina ho deciso di non andare. Un’epifania: io bloccata sulla porta di fronte a mia madre, attonita. Una scena da film. Mi sono iscritta alla scuola Volonté». 
E ha iniziato a lavorare. 
«Tanti piccoli ruoli. Mi è servito per trovare il mio posto all’interno di quella macchina gigante che è il cinema. Sempre sui set a studiare il lavoro degli altri». 
Quali incontri hanno fatto la differenza? 
«Per cominciare quello con la mia agente Fiamma Consorti, una guida preziosa. E con la casting director Laura Muccino, che mi ha scelto per  C’è ancora domanidopo avermi bocciata a un altro provino. E poi, certo, l’incontro con Paola Cortellesi è stato folgorante. C’è sempre stata nella mia vita da spettatrice fin da ragazzina. Essere scelta da lei mi ha dato una forza impressionante». 
In che senso? 
«Mi sono sentita riconosciuta da una donna che stimo. Da quel momento ho cominciato ad andare ai provini in maniera diversa: credo di aver cominciato ad emanare un’energia nuova». 
La preoccupava interpretare Francesca Comencini? 
«Avevo dei timori, certo. Ma lei non cercava qualcuno che le somigliasse. Piuttosto cercava una sensibilità comune. Ha scavato veramente dentro di me, con grande curiosità e sensibilità. Spero di essere stata all’altezza, anche se il filo rosso del film è proprio il non sentirsi all’altezza di questo padre. Con Fabrizio Gifuni, che interpreta Luigi Comencini (è stato stupendo, mi ha aiutato tanto) è stato chiaro che i due ruoli erano quelli di un padre e una figlia nel senso più universale. Sono felice sia scattato un bel tam tam tra il pubblico». 
Il tema forte è la possibilità di fallire. 
«Ma anche l’occasione di scoperta che ne può scaturire per entrambi. Da spettatrice ho capito ancora meglio la grandezza di questo padre che nel momento di estrema crisi della figlia, l’incontro con la tossicodipendenza, invece di accanirsi e alzare la voce, come accade spesso, si abbassa proprio fisicamente al suo livello. Si siede per terra sul pavimento freddo di quel corridoio spoglio e le racconta di un suo fallimento. Le dice: io ci ho messo dieci anni prima di capire dove mettere la macchina da presa e non so ancora cosa sto facendo. È un’ ammissione che li mette in sintonia. Ci vuole coraggio, almeno quanto ne ha messo Francesca nel raccontarlo». 
Il 13 ottobre esce «Francesca Cabrini», di cosa si tratta? 
«Un’altra storia di empowerment femminile meravigliosa, una suora che aiutò gli immigrati italiani in America. Tendiamo a dimenticare di essere stati un popolo di migranti. E la sua figura è poco conosciuta. Mentre giravo mi chiedevano se era un film su Cabrini il calciatore...».