ItaliaOggi, 2 ottobre 2024
Parole italiane intraducibili
Meglio si conosce una lingua e più diventa difficile tradurla, perché si perdono le sfumature che non si riesce a spiegare. «Kurz gesagt: Italien- Wort für Wort erklärtì» (Suhrkamp Verlag; 16 euro), detto in breve Italia, spiegata parola per parola, è il titolo del saggio che Sebastian Heinrich dedica alle parole, apparentemente semplici, che nascondono un sottofondo storico o sociale.
Mi era sfuggito, e lo scopro grazie a una critica sulla Frankfurter Allgemeine di Andreas Rossmann. Il titolo dell’articolo è a sua volta emblematico per i rapporti tra italiani e tedeschi: «Ach, dieses schrekliche komplzierte Land!», accidenti, questo tremendo e complicato paese. E il punto esclamativo è importante.
Il quotidiano è attento a quel che avviene in Italia, in politica e in cultura. Andreas è un amico e anche un Herr Kollege, come in Germania ci si rivolge a chi svolge lo stesso mestiere. Impossibile da tradurre: caro collega, suona ironico o freddo, si potrebbe rendere con caro amico, dipende dal contesto, ed è comunque approssimativo. Anche Heinrich, 37 anni, è un giovane collega che non conosco. Lui conosce gli italiani, e affronta l’impresa di spiegarli ai suoi lettori.
Cos’è un cinepanettone, e Sanremo non è solo una località sulla costa ligure, Papeete non è la capitale della Polinesia francese, e «LVI», si legge lui, e sarebbe Mussolini. Chi già lo sa, comprende il fenomeno Silvio Berlusconi, e comprende perché gli italiani abbiano votato per lui.
L’autore, secondo i pregiudizi, sarebbe un typisch deutsch, preciso e ordinato. Ogni parola, in tutto quindici, viene spiegata in tre parti: la prima, la storia riporta quanto scritto sulla Treccani e sul Duden, il dizionario tedesco; la seconda riguarda la storia dietro la parola; l’ultima, «passaparola» in italiano, il senso nel linguaggio quotidiano.
Anche quest’estate sulle pagine dedicate ai viaggi sui quotidiani, ho trovato un paio di nostalgici articoli sull’Autogrill.
Per i tedeschi in vacanza era il simbolo della Bella Italia, un paradiso negli Anni Sessanta, in confronto con le spartane stazioni di servizio sulle patriottiche Autobahnen. A casa, würstel con patatine, al di là del Brennero, tortellini e lasagne. E la benzina si pagava con lo sconto grazie ai coupon acquistati in Germania.
Autogrill è una parola simbolo del miracolo economico all’italiana legato all’Autostrada del Sole. Sanremo non è solo un festival della canzone: racconta il cambiamento di una società, dalle rose di Nilla Pizzi ad oggi.
Il Ferragosto non esiste a Berlino, dove vivo, ma si festeggia nei Länder meridionali e cattolici. Per gli italiani è un giorno di vacanza. Si pensi al «Sorpasso», film del 1962, altro simbolo del benessere che iniziava, e che non ha lieto fine, Vittorio Gassman esce di strada in curva dopo Castiglioncello, e ricorda l’esodo degli immigrati meridionali a Milano o a Torino che tornavano per le ferie al paese con la Fiat 500, che costava un anno della paga.
Si arriva a «Cinepanettone», il primo film della serie è del 1983: come ridono gli italiani di se stessi in vacanza a Natale, in luoghi esotici, erotici nei sogni, scomodi nella realtà. «Mezzogiorno» non è un’ora, spiega, perché l’Italia è sempre divisa in due da quando Garibaldi liberò o conquistò il Regno delle Due Sicilie, come è divisa la Germania tra est e ovest a 35 anni dalla caduta del muro. Con «Dietrologia si spiega perché l’affare Moro, per citare Leonardo Sciascia, sia sempre un mistero, dopo quasi mezzo secolo si sa tutto e quindi non si sa nulla.
Un capitolo è intitolato «Quattrocentoottandue», in italiano, quante sono le lingue e i dialetti (e alcune sono lingue, come il sardo o il siciliano) che si parlano in Italia, dall’albanese allo slavo, dal francese al tedesco. La storia dietro ogni idioma racconta esilio e migrazione, persecuzioni religiose e politiche.
Di Italia ne esistono più di una, e gli italiani sono più complicati e contraddittori, di quanto si creda. Molte lingue vanno scomparendo, e il numero preciso lo ignoravo anch’io, siciliano che non capisce quella che sarebbe la sua lingua. Danke Herr Kollege.