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 2024  ottobre 02 Mercoledì calendario

Il triste destino dei cassonetti “smart”

La stupida fine dei cassonetti intelligenti. Ce l’avevano venduta come la rivoluzione della differenziata: lui, il “bidone smart”, che pesa, analizza, addirittura “spia”, si attiva solo se hai la tessera, una sorta di chiavetta personalizzata, è indistruttibile, iper-controllato, monitorato, non lo freghi manco per sbaglio, quando è saturo viene immediatamente svuotato, fa bene all’ambiente (epperò costa un salasso). Peccato che stiano diventando una mezza fregatura. In città (quasi qualsiasi città), dove la sperimentazione è partita (da anni), a differenza della provincia (quasi qualsiasi provincia) che sta sempre un passo indietro (e per certi versi le va pure meglio): da Roma a Genova, da Verona ad Ancona, a Torino.
IL CASO FIRENZE
Prendi Firenze. Non che la situazione sull’Arno sia peggio delle altre, è solo l’ultima: nel senso che in questi giorni si sta completando il progetto “Firenze città circolare” e ‘sti benedetti cassonetti elettronici per la spazzatura stanno arrivando in quartieri che prima non li avevano mai visti (come la zona delle Piagge). Il problema, tuttavia, non sono quelli di nuova istallazione. Sono gli altri: che funzionano a metà, che funzionano “troppo” (104 su 195 sono aperti, cioè utilizzabili anche senza l’applicazione che ne dovrebbe rilevare l’impiego: quindi che senso hanno?), che alle volte malfunzionano (perché ci sono anche gli incivili che delle regole di smistamento se ne fregano) e che in alcuni casi sono stati manomessi o presi di mira dai vandali (Alia, la società dei Servizi ambientali della Toscana centrale, conta 541 contenitori danneggiati sia per quanto riguarda le centraline elettroniche che per i cablaggi, di centraline ne hanno rubate persino sessanta, e il tutto fa un danno economico di almeno 380mila euro).
Sono quattro anni che Piazza della Signoria tenta la differenziata 2.0, ma sono quattro anni che le va maluccio. O meglio: il rodaggio perfetto è ancora lontano. Tra interruzioni, periodi (necessari) di comunicazione e informazione sul territorio, la pandemia che lo zampino l’ha messo in ogni cosa (figurati in questa), tra le polemiche e le proteste dei residenti che sarà un caso, sarà solo percezione (come si dice), ma in tanti lamentano un peggioramento del servizio (loro, i fiorentini, sostengono che da quando sono arrivati quelli “smart” i cassonetti siano diminuiti, Alia specifica che semmai c’è stata un’ottimizzazione dei punti di raccolta per sveltire le operazioni di pulizia), tra quelli che resistono ma che la spazzatura ce l’hanno fuori e non dentro (i furbetti ci sono dappertutto e il malcostume è l’unica cosa generalizzata): ecco, tra una serie non piccina di disguidi, dei bidoni del futuro, forse, potevamo farne a meno. Vuoi vedere che erano meglio quelli vecchi a pedali?
Anche perché a spostarsi fuori Firenze la musica non cambia. Anzi, il ritornello è identico. È quello, per esempio, di Valeria Bruni, consigliera di Manciano, paesino di 7mila abitanti nel Grossetano (per restare in Toscana e per specificare che, sebbene in massima parte si concentri l’, il problema non riguarda solo le mega metropoli), che, a febbraio, numeri alla mano, dimostrava come il flop dei cassonetti “smart” sia un fallimento conclamato (nel suo Comune, l’anno scorso, la percentuale di raccolta differenziata è scesa dal 34,42% al 33,53%) e ricordava: «Le isole ecologiche sono oramai diventate una sorta di discarica a cielo aperto».
DA ROMA A GENOVA
Ed è lo stesso refrain (per cambiare regione, ché tutta Italia è Paese) di Roma dove, a settembre 2023, dopo un annetto di raccolta con le “campane smart”, qualcuno ventilava l’ipotesi di addirittura rimuoverle dai Prati e dal quartiere Africano; oppure di Genova dove a luglio qualcun altro rilevava che se la batteria del bidone si scarica son dolori (la centrale operativa non sa nemmeno se il cassettone è pieno o vuoto o ics) e che il sistema a tessera va benissimo finché va, quando iniziano a esserci cambi di residenza e numeri elevati rischia il tilt; o ancora di Verona dove qualche mese fa, sulla questione, è intervenuta la costola cittadina della Lega con una controproposta (che non li contempla) perché se la chiavetta personale che li apre non ce l’hanno tutti quelli che pagano la Tari (magari perché non sono andati a ritirarla in Comune) il risultato è che i sacchetti da smaltire finiscono dove capita, ossia dove non dovrebbero essere, vale a dire sul marciapiede. È un peccato, dopotutto. Potevano davvero fare la differenza (va da sé che gli sforzi delle amministrazioni per istallarli e gestirli sono meritori). Però, a queste condizioni, il dubbio viene.