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 2024  ottobre 02 Mercoledì calendario

Le lettere del critico Lorenzo Mondo a scrittori

Prendiamo un torinese, classe 1931, che approda nella redazione culturale de La Stampa a metà degli anni 60 e che sulla sua scrivania ingombra di libri distilla centinaia di recensioni per quasi mezzo secolo. Poi mettiamolo a frugare tra le carte di celebri autori piemontesi delle Langhe. Ecco che sotto la sua curatela emergono preziosi inediti di Pavese e di Fenoglio. Infine scrutiamolo invertire i ruoli così da trasformarsi in recensito a seguito della pubblicazione di romanzi e saggi. Una vita lunga novantuno anni portata in processione con il nome di Lorenzo Mondo. Una vita tra i libri e per i libri.

Una conferma è il suo epistolario che Rizzoli manda in libreria e che svela una rete fittissima di interlocuzioni con alcuni dei più grandi letterati del nostro secondo 900. Caratteri mobili. Le lettere degli scrittori a Lorenzo Mondo ne antologizza 132, tutte inedite e firmate da 69 mittenti. Pierluigi Vaccaneo, direttore della Fondazione Pavese, nell’introduzione scrive: “La letteratura non sta solo nei romanzi… può stare anche in qualcosa di più segreto e stilisticamente meno strutturato come un diario o un epistolario”. L’amato autore de La casa in collina è fatalmente il casus belli che frappone Mondo a Natalia Ginzburg. Quando il critico rinviene i taccuini inediti di Pavese – contraddistinti da qualche cedimento reazionario – la sinistra intellettuale si oppone alla ventilata pubblicazione. Ginzburg nel 1990 scrive furibonda: “Un libro così, glielo dico in tutta franchezza, io lo reputo una ignobile operazione commerciale, compiuta sulla pelle di un morto”. Alessandro Galante Garrone trova i toni dell’indignazione allorché Mondo riconosce in Giuseppe Bottai “un ragguardevole uomo di cultura” e si dice favorevole a intitolargli una via a Roma. “Debbo dirle il mio dolore per il suo articolo di ieri” lamenta nel 1995, “mi creda, ne ho sofferto anche fisicamente… Bottai fu, nel 1938, uno dei peggiori persecutori degli ebrei italiani”.

Di tutt’altro tenore le missive o cartoline che Mondo riceve come attestazioni di stima per la qualità delle sue recensioni. Esprimono la loro gratitudine autori come Eco, Sciascia, Rigoni Stern, Flaiano, Tabucchi, Luzi, Caproni, Montale, Maraini… Primo Levi, nel 1975: “Il suo giudizio mi ha toccato da vicino e mi ha commosso. Mi ha anche rassicurato”. Luigi Meneghello nel 976: “Qualche volta ho la sensazione di parlare da solo come i matti, e fa bene ogni tanto venire a sapere che invece c’è qualcuno che ti sente”. Norberto Bobbio nel 1977: “Lei ha scoperto tante cose che io credevo, sì, di aver detto, ma non ero sicuro sarebbero state comprese”. Maria Corti nel 1989: “Com’è bello incontrare un lettore che penetra le pieghe del discorso e sa comunicare agli altri il senso più vero di un libro”. Singolare lo slancio di umiltà con il quale critici di prima grandezza si rivolgono a Mondo. Cesare Garboli, 1990: “Non ti ho detto quanto mi sia prezioso pensare che tu mi abbia letto con l’attenzione che mi hai dimostrato”. Carlo Bo, 1995: “Grazie, grazie! Mi hai ridato un po’ di fiducia in questi ultimi anni fatti di desolazione e di smarrimento”. Pietro Citati, 2000: “Come è bello sentirsi capito, amato, protetto da lei!”. Alberto Asor Rosa, 2002: “Nella sua recensione ci sono molte cose piacevoli e lusinghiere”.

Struggenti, tra le altre, le lettere dei sodali Giovanni Arpino e Geno Pampaloni. Il primo, a poche settimane dalla morte, nel 1987, scrive: “Mi rincresce – non sai quanto – non essere seduto con te a un tavolo, sia per un pane con acciughe sia per un’aragosta”. Il secondo, nel 1976, si augura di rivederlo ovunque ma non a un convegno letterario “per stare seduti a un tavolo per un pane con acciughe, stare qualche ora insieme, sorseggiando un po’ di vino tranquilli”. C’è anche spazio per perorare collaborazioni con la Stampa. Nel 1982 Guido Ceronetti propone a Mondo di reclutare Sergio Quinzio: “Non vive con facilità nel suo borgo marchigiano. Lavora molto per la terza rete Rai – la meno pagante – o per riviste cattoliche non paganti affatto, e quanto a diritti d’autore i suoi sono pulviscolari”. Lo stesso Mondo, nel 1984, prova a sondare Leonardo Sciascia: “Perché non torna tra noi?”. Lui declina: “Ho scritto sempre per rabbia o con rabbioso divertimento: e oggi la rabbia ha ceduto a un senso di impotenza, di inutilità”. Ha ragione Vaccaneo: “È il dietro le quinte di un mondo che si concedeva lo spazio dell’attesa di una lettera di carta che tra andata e ritorno poteva impiegare settimane, mesi, ma che non smetteva mai di portare con sé quell’eleganza e quel segreto di un qualcosa accaduto in un momento unico”.