il Giornale, 2 ottobre 2024
Più libri non vuol dire più democrazia
Pubblichiamo alcuni stralci da Intervista a Pier Paolo Pasolini a cura di Angelo Gaccione e Giorgio Colombo edito da Rogas (pagg. 84, euro 10, 70). Il testo, parzialmente inedito, proviene da un colloquio avvenuto a Torino nel 1961.
Mentre prima la letteratura tendeva ad essere chiusa, adesso tende a essere aperta, a rivolgersi al maggior numero di persone possibile e di comunicare col pubblico più vasto possibile. In questo senso, almeno esteriormente, l’avanguardia impegnata è più democratica dell’avanguardia squisita, ermetica. Però si pongono poi una serie di problemi che sono difficilmente risolvibili, così, in quattro e quattr’otto. Per esempio il neorealismo è estremamente più democratico dell’ermetismo. Però, dentro il neorealismo permangono infiniti elementi precedenti, cioè elementi del crepuscolarismo, del lirismo documentario, della raffinatezza espressiva, della socialdemocrazia, per così dire. Allora si pone il problema di superare nel neorealismo questi elementi. Inoltre la democratizzazione, nel senso di maggiore diffusione, di maggiore comunicazione col pubblico deriva anche da fatti che esulano da una coscienza democratica, perché derivano da una industrializzazione dell’editoria, che mentre fino a qualche anno fa era un fatto quasi artigianale, quando si pubblicavano al massimo 2-3000 copie, e pubblicare 2-3000 libri era già un successo, adesso, da qualche anno a questa parte, si raggiungono tirature di 100mila copie. È un segno di maggiore democrazia letteraria oppure un potenziamento del neocapitalismo, con tutte le conseguenze non piacevoli che ne conseguono? Per esempio la potenza dell’editore che può creare di sua volontà un genio, oppure annullarlo. Nelle sue mani sono tutti i premi letterari, e l’opinione pubblica è diventata un’opinione di massa dominata dai rotocalchi e dalla pubblicità della macchina editoriale. Quindi la domanda si articola in una serie di sottodomande che sono infinite e complicate. Allora cos’è la letteratura impegnata?
Ho detto, in rapporto col maggior numero di persone ma anche con la maggior libertà possibile, almeno come orizzonte, sempre tenendo conto che il letterato impegnato è cresciuto con una formazione precedente, la porta con sé, volente o nolente. Quindi più che di risultati immediati si tratta di lavorare sulle intenzioni, contro l’irrazionalismo, di ascoltare la sua volontà ideologica cosciente che, se non si realizza compiutamente nell’opera, pazienza, ne indica comunque un progetto, una direzione. Quali strumenti?
Gli strumenti di diffusione sono quelli che sono: i libri, i film, le riviste, i periodici, sono le conferenze, sono quelli classici.