La Stampa, 2 ottobre 2024
Intervista a Bassetti sulla resistenza a vaccinarsi
Genova – «Quattro italiani su cinque preferiscono rischiare di starsene a letto, a casa, piuttosto che vaccinarsi contro l’influenza». Salute! L’analisi di Matteo Bassetti fa più rumore di uno starnuto, apre una nuova polemica e non arriva a caso: è il D-day della nuova campagna vaccinale, il giorno della partenza. «Ma quale polemica? È solo un elemento di riflessione su quanto accaduto un anno fa, faccio il mio lavoro e leggo i dati, poi saranno sociologi o politici a dire perché e come si deve rimediare», replica Bassetti, professore ordinario di Malattie Infettive all’Università di Genova.Allora professor Bassetti, partiamo dai numeri. Cosa dicono?«Che un anno fa solo un italiano su cinque ha scelto di vaccinarsi contro l’influenza».
Sarebbe stato necessario comportarsi in modo differente?
«Certo e lo dicono ancora i numeri: da ottobre 2023 a marzo 2024 un italiano su quattro ha fatto l’influenza, quindi 15 milioni di italiani sono rimasti a letto, inattivi, ovviamente con relativi costi previdenziali almeno per i lavoratori dipendenti. Questo nei casi meno gravi, senza pensare ai ricoveri e ai decessi».
I vaccini non convincono gli italiani, perché?
«Purtroppo vince troppo spesso la paura e mi spiego meglio. Nel 2021 la paura del Covid fece salire la vaccinazione antinfluenzale: si arrivò a una copertura del 65% tra gli anziani, gli over 65. E nella popolazione generale, tutti gli altri, si arrivò quasi al 24 per cento. Si consigliò la vaccinazione antinfluenzale per facilitare, tra le altre cose, la diagnosi. Banalizzo: evitare uno starnuto significava evitare il terrore di aver contratto il Covid. Questo, grazie al cielo, funzionò».
Gli ultimi dati invece?
«Passata la paura ecco che la percentuale crolla intorno al 18 per cento nella popolazione generale. Però, elemento più preoccupante, oggi solo un anziano su due si vaccina, siamo scesi dal 65 per cento al 50».
È solo una questione di paura?
«No, non solo. Durante la pandemia i medici venivano ascoltati, poi il discorso è tornato in mano ai Dottor Google, i medici non medici».
Chi si vaccina non è detto che non finisca a letto con l’influenza, obiezione da Dottor Google?
«Più o meno. Vaccinarsi significa evitare che la sindrome arrivi dai virus influenzali A e B, quelli che mettono la gente a letto o in ospedale. Può arrivare anche da un altro virus o un batterio, puoi avere un raffreddore, ma eviti complicazioni, ricoveri e giorni lontano dal lavoro».
Torna l’obiezione: chi non si vaccina punta quasi sull’influenza, scommette sulla possibilità di starsene a casa una settimana.
«Io sono un medico e dico che il vaccino antinfluenzale riduce le complicazioni, possono essere respiratorie e penso alla polmonite, ma anche cardiache o gastrointestinali. Vaccinarsi significa difendere gli ospedali, evitare il solito assalto e le polemiche che temo arriveranno puntali anche quest’anno tra Natale e Capodanno».
Vaccinarsi non è sempre facile. Prima si procede con i fragili e non sempre i vaccini si trovano.
«Falso, è un altro luogo comune. I vaccini ci sono, sono gratuiti e si possono fare anche in farmacia. I servizi delle farmacie oggi, la loro integrazione con il sistema sanitario, sono una delle poche cose positive che ci ha lasciato la pandemia. Può succedere che la prima settimana non sia già disponibile la copertura completa, ma dalla seconda settimana nessuna carenza. Il problema semmai è quello opposto: i vaccini non mancano, vanno invece buttati, con uno spreco per le casse dello Stato».
Perché succede?
«Come abbiamo già detto i vaccinati dal 2021 sono costantemente in calo, le forniture si fanno guardando ai dati dell’anno precedente, quel che resta si butta, scade, non si può certo usare per la campagna dell’anno successivo».
Invece di vaccinarsi non si può risolvere tutto dopo, con un semplice antibiotico?
«Ecco il grande paradosso: chi urla tanto contro i vaccini perché arricchiscono le big pharma finisce con l’arricchire davvero le grandi aziende farmaceutiche con l’acquisto di farmaci e antibiotici. Chi crediamo li produca? Le aziende sono le stesse».
Ha accennato al Covid, chi deve fare quest’anno il richiamo?
«Sicuramente chi ha più di ottant’anni, i fragili, chi è immunodepresso, chi ha forti problemi immunitari. Per le altre categorie un richiamo non è necessario, oggi il Covid si può definire una malattia tranquilla, assimilabile a un raffreddore, con un rischio di complicanze inferiore all’influenza che ci aspetta».
Che influenza sarà?
«Lo abbiamo saputo ad agosto, dai report dell’inverno appena trascorso in Australia: sarà un’influenza pesante. Per questo bisogna aumentare la percentuale dei vaccini, come fanno nella maggioranza dei Paesi europei».
Quali sono le percentuali?
«I dati forniti dall’Unione Europea parlano di eccellenze come Irlanda, Danimarca e Olanda che arrivano al 75 per cento, anche la Spagna sta facendo un ottimo lavoro. Noi abbiamo percentuali che nell’ultima campagna si avvicinano di più ai Paesi dell’Est europeo che notoriamente non brillano nelle vaccinazioni».