la Repubblica, 2 ottobre 2024
I dipendenti del comune di Roma possono avere un alias
Un passo in avanti nel rispetto delle libertà personali, nel solco di città simbolo dei diritti Lgbtq+ come Bologna e Milano: da oggi anche i dipendenti di Roma Capitale che non si riconoscono nel genere di nascita possono cambiare nome e identità anagrafica. L’iniziativa è stata messa a punto negli ultimi quattro mesi dal Campidoglio insieme ai sindacati e all’ufficio per i diritti Lgbtq+: a giugno la firma del protocollo d’intesa con le principali sigle sindacali, ad agosto la delibera di giunta, nei giorni scorsi la determina esecutiva. Da oggi chi vuole cambiare nome può farlo. Anzi, le prime richieste di alcuni dipendenti capitolini, coperti dall’anonimato, sono già pronte e saranno inoltrate nelle prossime ore: è sufficiente presentare un modulo indicando il nuovo nome al dirigente della propria struttura e all’ufficio risorse umane. In cambio il dipendente otterrà una nuova identità “alias” da usare in ufficio e nelle relazioni con il pubblico e i colleghi, oltre a nuovi badge, indirizzi mail e targhette identificative.Tutti i dipendenti comunali e municipali, a tempo indeterminato e determinato, potranno cambiare identità e nome: non è necessariofarlo anche in termini giuridici e burocratici nè presentare nuovi certificati anagrafici, perché l’iniziativa del Campidoglio si basa sul principio dell’autodeterminazione di genere. In sostanza il dipendente e il Comune firmano un accordo di riservatezza che vale solo nel contesto lavorativo.«Serve a garantire benessere personale a ogni dipendente a prescindere dai propri orientamenti e in base alle proprie sensibilità personali», spiega l’assessore capitolino al Personale Andrea Catarci. Il nuovo nome non sostituirà i dati anagrafici che rimangono necessari per firmare atti e verbali giuridicamente rilevanti: di fatto il dipendente avrà due identità. «È una iniziativa che pone Roma al passo coi tempi. Andiamo avanti con la consapevolezza che il benessere delle persone lgbtqia+ è fondamentale nella costruzione di una città sempre più equa e giusta», spiega Marilena Grassadonia coordinatrice dell’Ufficio per i diritti Lgbt+. Un tema che a livello nazionale rimane ancora deficitario: nella classifica Rainbow Map della Ong Ilga Europa sul rispetto dei diritti personali, l’Italia del governo Meloni è al 36esimo posto, fra Lituania e Georgia, su 49 paesi. Anche l’Ungheria di Orban, al 30esimo posto, fa meglio.Del resto pure nella Capitale rimangono ancora irrisolti altri problemi come le pari opportunità: il 65% dei 23mila dipendenti di Roma Capitale sono donne ma la gran parte dei dirigenti sono uomini. «Spero che l’amministrazione apra un tavolo sugli sviluppi di carriera», spiega Giancarlo Cosentino segretario generale Cisl Fp Roma e Lazio. Rimane aperto anche il tema della carenza di organico: il Comune conta 23mila dipendenti ma manca personale negli sportelli del contact center e dei municipi oltre che fra la polizia locale. «Servono almeno 3mila unità in più – conclude Cosentino – Roma Capitale deve avere una capacità di assunzione diversa da altri Comuni». La Cgil chiama in causa il governo. «Abbiamo condiviso l’iniziativa sull’identità alias ma ora serve un piano straordinario di assunzioni. Da tempo la Cgil sollecita il governo e invitiamo il sindaco Gualtieri a farsi sentire», conclude Marco D’Emilia della Fp Cgil Roma e Lazio.