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 2024  ottobre 02 Mercoledì calendario

Intervista a Valerio Binasco, attore

Due anni fa recitava il disastro familiare dei Sei personaggi pirandelliani; l’anno scorso, i vizi nascosti del nucleo domestico di La ragazza sul divano del Nobel Jon Fosse e adesso confessa: «Nei miei spettacoli ho sempre puntato le attenzioni sui mali della famiglia, su quanto fosse il luogo meno adatto per far crescere l’amore, tanto ero arrabbiato, deluso. Ora mi trovo di fronte a una commedia che mi sta insegnando quanto la famiglia sia anche indissolubilmente legata all’amore».Promette di catturare commozione Valerio Binasco, regista e attore tra i più bravi espressi dal teatro italiano, apprendistato con Carlo Cecchi, interprete nei film di Martone, Amelio, Marco Tullio Giordana e responsabile artistico dello Stabile di Torino dove il 7 ottobre apre la stagione con Cose che so essere vere, su cui ha messo gli occhi anche Nicole Kidman per una serie tv. È una commedia di Andrew Bovell, il maggior drammaturgo australiano vivente (da noi qualche anno fa si era visto When the rain stops falling con la regia di Lisa Ferlazzo Natoli): ritratto di una famiglia da cui si passa la vita a fuggire, eppure attraversata da una speranza d’amore, con padre e madre, Bob e Fran Price, lei dominante, che in scena sono Giuliana De Sio e Valerio Binasco, e i loro quattro figli interpretati da Fabrizio Costella, Giovanni Drago, Giordana Faggiano, Stefania Medri.
Che specie di famiglia sono?
«Sembra l’ennesima famiglia disastrata, dove si sono insinuate crepe dovunque. La sua storia si apre con un flashback doloroso, e dalla nebulosa di quel ricordo, assistiamo alle vicende di persone che più cercano di allontanarsi, più non riescono a fare a meno le une dalle altre. C’è sempre qualcosa che le riporta, e perfino con dolcezza, in quel mondo circolare, chiuso, che è la famiglia. È una storia che ti fa venir voglia di recuperare dei discorsi interrotti con i tuoi familiari, parole mai dette che sappiamo essere vere, ma che nella sua tremenda quotidianità, la famiglia ti fa dimenticare».
Bovell ci dice in sostanza che anche nelle più disastrate famiglie c’è amore.
«Sì. In questa famiglia si amano tutti tantissimo. Litigano, piangono, se ne dicono di tutti i colori, ma si vogliono un gran bene. L’esperimento crudele di Bovell semmai è di mostrarci che c’è una malattia anche nell’eccesso d’amore, che in questa storia è il controllo della madre su tutti. Fran è ossessiva, possessiva, vuole serenità per i propri familiari, per questo sacrifica una sua storia d’amore importante, ma uno dopo l’altro i figli le diranno di essere infelici e che la colpa forse è proprio sua».
Perché ha voluto Giuliana De Sio per questo ruolo?
«Effettivamente non è un’attrice a cui daresti immediatamente questo personaggio di mamma-mamma. Giuliana ha una sua maschera sociale, forse psicologica, più caratterizzata da durezze, patologie. Sembrerebbeuna acerrima nemica dei valori familiari. Ma è interessante proprio questa contraddizione: nel senso che non è detto che una madre debba poi avere tutte le caratteristiche in regola, no? E infatti mi piace perché è una madre molto poco mielosa. Qualcosa del genere potrebbe dirsi anche di me con un personaggio come quello di Bob, il padre: lui morbido, affettuoso, io con la mia complicatezza psicologica, il mio maledettismo. Ma intanto, è proprio davanti a questa storia di Bovell, che come uomo mi rendo conto quanto, forse per egoismo artistico o egoismo e basta, io abbia perso l’occasione di fare una vita normale di famiglia».
Lei ha due figli, è separato. Ne è pentito?
«Sulla famiglia ci ho ragionato più di quanto non ci abbia provato. Se ripenso a quella da cui provengo, non posso dire di essere stato un figlio infelice, ma il mio psicanalista direbbe il contrario. Quanto a quella che stavo costruendo, forse non ho capito in tempo che c’è un potere benefico nell’amore come routine, come legame. Io credo che alla famiglia andrebbe permesso di avere diverse prospettive. Per questo stiamo studiando se è possibile ambientare la storia di Bovell in una scena girevole, una casa che è tante cose ammassate e che il pubblico può vedere da punti di vista diversi».
Oggi si dice che la famiglia sia in crisi, almeno nella sua forma tradizionale. Lei che ne pensa?
«Era inevitabile che quel concetto di famiglia patriarcale entrasse in crisi, ma le dico una cosa per cui mi odierò. E cioè che la famiglia è la cosa più importante e ha un potere infinito su di noi. Dopo anni in cui ho dichiarato la mia insofferenza nei confronti del grande inganno familiare, mi trovo adesso ad arrendermi a cosa potrebbe essere l’amore familiare e a chiedermi quante cose della vita mi sono perso».