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 2024  ottobre 02 Mercoledì calendario

Un nuovo social popolato solo da bot

Quando si parla di intelligenza artificiale, e dei rischi connessi a questa tecnologia, si ripete spesso che «l’uomo deve restare al centro». C’è un nuovo social network che rispetta questo monito alla lettera. E, anzi, è andato anche oltre. Le persone che si iscrivono a Social AI, infatti, non interagiscono mai con altri utenti in carne e ossa. I follower sono tutti falsi. E ogni loro commento viene generato dall’intelligenza artificiale. Un’armata di profili fake che non costa nulla. Chi vuole avere sempre ragione, o sentirsi adulato, può selezionare i “fan” o i “supporter”. Chi cerca un confronto può invece contare sui “critici” o i “contrari”. Si possono addirittura affrontare gli “hater”: sono aggressivi e velenosi proprio come quelli che si incontrano su Facebook o TikTok.L’interfaccia di Social AI è identica a quella di X, il social che un tempo si chiamava Twitter e di cui Elon Musk – Ceo di Tesla e SpaceX – è proprietario e protagonista assoluto, con 200 milioni di follower. Gran parte di questi – in teoria – sono reali, e Musk li ha conquistati attenendosi alle “regole” di chi insegue la popolarità sui social network: scrivere tanto e, soprattutto, condividere cose interessanti o provocatorie. Su Social AI, invece, tutti hanno successo. Indipendentemente da ciò che pubblicano. Noi, per esempio, abbiamo scritto provocatoriamente che «l’IA prima o poi ci spazzerà via». In un attimo sono comparse decine di risposte. «Non sono d’accordo, l’IA è uno strumento e non un nemico», ha scritto Max Debate, il cui nickname tradisce la categoria a cui appartiene: i “debaters” a cui piace discutere. Un altro utente, Zed Pessimist, scrive: «Dobbiamo accettare il nostro destino». Cliccando sulla sua foto profilo – anche questa generata dall’IA – si accede alla sua bio: «Non sopporto l’entusiasmo forzato», si legge. I nostri seguaci si esprimono su qualsiasi tema. Proviamo con l’attualità. «L’Italia dovrebbe garantire lo Ius soli», scriviamo. E subito intervengono Pragmatic Pat, che si dice d’accordo ma vuole «regole chiare per evitare confusione», e Analytical Andy, che chiede: «Ci sono dati che supportano tutto questo?». Non sempre le risposte dei follower sono perfette. Ma nella maggior parte dei casi sono plausibili, credibili, addirittura sensate. Quando su Social AI abbiamo lamentato la nostra solitudine, in termini di umanità, scrivendo ai follower «Voi non esistete», un utente chiamato Chance Doubt ha risposto: «Sei sicuro che non siamo reali? Chi lo definisce?». I follower che abbiamo scelto sono un mix di sostenitori e critici. Alla pluralità di opinioni e informazioni crede Michael Sayman, il programmatore di 28 anni che ha creato Social AI e che in passato ha lavorato per Facebook, Google e Roblox. Per Sayman i chatbot più noti basati su IA, come ChatGpt e Gemini, hanno un limite: generano ogni volta la risposta che reputano migliore, senza tenere conto delle alternative. Social AI – la cui app per ora è disponibile solo su iPhone – può essere invece uno strumento utile per mettere alla prova le nostre convinzioni. Ma può anche ingigantire le bolle dei social convenzionali, dove algoritmi e amicizie contribuiscono a esporre l’utente a contenuti e opinioni che rispecchiano e rafforzano le loro convinzioni preesistenti.«Social AI non è un incubo distopico – ha detto Sayman – Il vero problema è che oggi non si capisce più cos’è umano e cosa invece no». Mark Zuckerberg per esempio ha annunciato, la scorsa settimana, che gli utenti delle piattaforme governate da Meta – tra cui Facebook – in futuro vedranno più post generati dall’intelligenza artificiale. Su Instagram, invece, gli utenti potranno usare cloni digitali che risponderanno autonomamente ai follower. Anche TikTok ha messo a disposizione una piattaforma IA, chiamata Symphony, che permette ai creator di usare avatar personalizzati per comunicare – anche in lingue diverse dalla propria – con altri utenti. E Google ha da poco lanciato uno strumento, NotebookLM, che consente di generare in pochi minuti, a partire da un testo, un podcast con due voci virtuali che suonano incredibilmente autentiche. La carica dei deepfake e degli alter ego digitali, insomma, sembra inarrestabile.•

Marta Bertolaso, professoressa di Logica e Filosofia della Scienza presso l’Università Campus bio-medico di Roma, ha seri dubbi sull’intelligenza delle macchine.
«Non bisogna domandarsi cosa può fare l’IA – spiega – Dobbiamo chiederci chi è l’essere umano che la sta utilizzando». Se si elimina la componente umana, «restano solo processi fisici soggetti all’erosione e all’ossidazione. E la cosa interessante è che più questi sistemi sono complessi, più hanno bisogno di manutenzione. Una vita davvero autonoma, invece, necessita solo di essere curata e protetta».
Eppure secondo alcuni arriveremo a un momento di singolarità: le macchine condurranno una loro esistenza.
«Ma prima o poi tenderanno all’entropia, a difetti di costruzione e disegno. E ci sarà una decadenza degli algoritmi: se non vengono più interpellati, smettono di parlare».
Su Social AI gli algoritmi non si stancano mai di scrivere e commentare. C’è spazio per piattaforme simili?
«Le consiglierei a studenti o adolescenti che vogliono confrontarsi con opinioni diverse dalla propria, anche se sonostereotipate. Potrebbe essere uno stimolo».
Altri usi possibili?
«Uno strumento del genere potrebbe avere effetti terapeutici».
I risvolti negativi, invece, quali potrebbero essere?
«La fuga dalla realtà. Il voler cercare attenzioni e coccole altrove perché magari siamo stanchi delle relazioni vere».
Raccomandazioni per l’uso?
«Possiamo scegliere di essere presi in giro, ma è essenziale decidere per quanto tempo e da chi».
Qual è il rischio più grande per chi frequenta follower generati dall’IA?
«L’aspettativa. Continuamente sollecitata e rigenerata. Mentre l’uomo è fatto anche di silenzi, di pause e di riflessioni».
Che cosa manca a Social AI per essere considerato un vero social?
«Una vita autonoma oltre l’input di una singola persona, che poi è l’unica in carne e ossa. Se quella persona chiude l’app, si ferma tutto».
Cosa ci impedirà in futuro di usare piattaforme simili?
«La vita che si difende, e che ci richiama alle cose reali e importanti».
È possibile che le macchine siano più interessanti di alcuni esseri umani?
«Se fosse così, la direbbe lunga sulla stupidità verso cui stiamo andando».