la Repubblica, 2 ottobre 2024
Il boss dei 70 omicidi torna in cella per estorsione
Bari – Ufficialmente è collaboratore di giustizia dal 1992, ufficiosamente avrebbe continuato a delinquere: il 67enne di Trani Salvatore Annacondia, che da anni vive a Civitanova Marche, è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Fermo per estorsione nei confronti di un imprenditore. In pochi minuti è finita quella che sembrava una storia esemplare di ravvedimento ed è crollata l’ipotesi che avesse tagliato i ponti con il passato. La sua vita non era cambiata, dicono oggi gli investigatori, ai quali la vittima designata ha denunciato Annacondia dopo essere stata minacciata di morte, facendogli credere che avrebbe consegnato il denaro richiesto e presentandosi invececon la polizia.In Puglia, il 67enne detto “Manomozza” (perché ha perso la mano durante una battuta di pesca di frodo) è stato a capo di uno dei gruppi criminali più sanguinari del Nord Barese. Quando si è pentito si è autoaccusato di una settantina di omicidi, il primo avvenuto negli anni Settanta a Trani per un regolamento di conti, e poi una scia che sembrava infinita. Assassinati boss rivali, gregari, in qualche caso anche persone che non avevano a che fare con i suoi affari, Annacondia non ha mai smesso di fare illavoro sporco in prima persona, vantandosi quasi – durante un’intervista tv dello scorso anno – delle decine di cadaveri che il suo gruppo era stato capace di fare sparire. Non aveva freni nel delinquere Manomozza, non aveva limiti nell’accumulare ricchezza, partendo dai primi soldi fatti con il contrabbando, passando a tutte le possibili attività illecite. In carcere si sarebbe affiliato a Cosa nostra, dopo il pentimento ha accusato imprenditori e politici di averlo coperto, almeno due giudici di essere stati corrotti, ma poi sono statiassolti. Ha parlato dell’incendio del teatro Petruzzelli di Bari così come delle stragi di mafia ma sulla sua attendibilità tanti hanno avuto dubbi. E anche sulla sua redenzione. Su quella nuova vita che ha più volte esibito, estraneo al modello del collaboratore di giustizia che vive lontano dai riflettori. Lui ha continuato ad amare la bella vita, a fare affari, ad accumulare soldi. Nel suo ristorante di Civitanova sono passati pezzi grossi della politica e dell’imprenditoria locale e, qualche anno fa, anche l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, che non negò un selfie a quello che sembrava un ammiratore come tanti. Dopo qualche tempo quella foto è diventata di dominio pubblico e il leader della Lega ha spiegato che non sapeva chi fosse l’altro uomo.