La Stampa, 1 ottobre 2024
Intervista al ministro Lollobrigida
Un piano per debellare la peste suina in Italia. Ma anche le sanzioni alle imprese che sfruttano i lavoratori e la sovranità alimentare che sbarca in Europa. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, intervistato dal vice direttore de La Stampa Federico Monga, rivendica i risultati ottenuti in questi 23 mesi di governo. E guarda con ottimismo alla fine della legislatura: «Nel governo non vedo fibrillazioni».
Ministro, è rientrato dal G7 dell’Agricoltura a Ortigia. Un bilancio?
«Molto positivo, per la prima volta siamo riusciti a mettere la definizione “sovranità alimentare” nel documento finale. Abbiamo coinvolto centinaia di giovani con dibattiti e convegni. Un altro fatto inedito: non è stato un G7 blindato, ma aperto a tutti».
A Terra Madre, a Torino, ha incontrato il fondatore di Slow Food Carlo Petrini. Venite da storie politiche molto diverse. Come è andata?
«Molto bene. Io lo chiamo professore anche se lui mi dice di essere un gastronomo. Ma chi insegna qualcosa io preferisco definirlo professore. Partiamo da posizioni molto distanti, ma abbiamo grandi punti di contatto. Quando ho parlato per la prima volta di sovranità alimentare è arrivata una pioggia di critiche da sinistra, Petrini disse che era un concetto culturale a cui richiamarsi per difendere la libertà dei popoli a produrre cibo e alimentarsi. Oggi quel tema è nell’agenda europea: Von der Leyen dice che l’Ue deve raggiungere la sovranità alimentare. In questo l’Italia è un’avanguardia».
Avete parlato anche di carne coltivata?
«Non in questa occasione, lo abbiamo fatto in passato. L’Italia è la prima nazione che ha proibito la produzione, l’importazione e la commercializzazione di quella che definiscono carne coltivata perché è un potenziale pericolo. Anche la Florida, guardando all’Italia, ha fatto una legge identica».
Sulla peste suina c’è grande allarme in Piemonte e Lombardia. Alcuni allevatori accusano il governo di essersi mosso in ritardo.
«Non è così, purtroppo siamo di fronte a una pandemia. La peste suina si trova in ogni parte dell’Asia e dell’Europa, è il più grande problema che stiamo affrontando insieme alla “blue tongue”».
Cosa sta facendo il governo per combatterla?
«Abbiamo nominato un nuovo commissario, Giovanni Filippini, che ha già presentato un piano. Ci sono buone notizie: in questi giorni c’è un allentamento delle misure, con la possibilità di trasferire alcuni suini dagli allevamenti per evitare contagi e danni economici».
Capitolo istruzione. Il liceo del Made in Italy finora è stato un flop. Andrete avanti comunque?
«I giovani devono poter scegliere la strada migliore per trovare lavoro, purtroppo abbiamo indirizzi che non facilitano l’occupazione dei ragazzi. Io ho fatto il classico e non lo rinnegherò mai, ma dico che non è obbligatorio frequentare un liceo per avere successo nella vita. Non possiamo comunque valutare il liceo del made in Italy nel suo primo anno di sperimentazione».
Nei giorni scorsi ha parlato di «leva agricola per servire la patria». Crede davvero che sia necessaria?
«C’è stata una grande semplificazione sulle mie parole. Il servizio civile è entrato in vigore nel 1973: si può fare in biblioteche, nel terzo settore, addirittura nei sindacati. Non vedo perché non si possa fare anche per aiutare le aziende agricole, utilizzando tutti gli strumenti tecnologici impiegati oggi nei campi come droni e intelligenza artificiale. È ridicolo pensare che la leva agricola significhi andare a raccogliere pomodori».
Nel giugno scorso è morto Satnam Singh, il bracciante sfruttato nelle campagne in provincia di Latina. Da allora cosa ha fatto il governo contro il caporalato?
«Si tratta di un fenomeno endemico, non solo in agricoltura. Purtroppo Singh ha incontrato sulla sua strada un criminale. Ho firmato un decreto contro il caporalato: chiunque sfrutta i lavoratori perde accesso ai finanziamenti statali ed europei. Ho anche aumentato il numero di ispettori del lavoro. Dobbiamo però anche salvaguardare le imprese italiane: non possiamo permettere l’importazione di prodotti da Paesi in cui i lavoratori vengono sfruttati».
Perché non introdurre un salario minimo nell’agricoltura?
«Molti non sanno che nel settore agricolo la domanda di lavoro è ben superiore all’offerta. Rifiuto il pregiudizio secondo cui le imprese agricole che ci danno da mangiare sono trattate alla stregua di negrieri che sfruttano i lavoratori».
Parlando di immigrazione e cittadinanza, perché non vi piace lo Ius Scholae?
«Deciderà il Parlamento. Diventare cittadino prevede un’adesione ai nostri valori, serve la giusta sensibilità. Le emergenze, però, sono altre. Nessuno prima di noi ha approvato leggi per cambiare le norme sulla cittadinanza e ora che c’è FdI al governo sembra l’unica urgenza».
Passiamo alla politica estera: sta con Trump o Kamala?
«Con chiunque venga scelto dal popolo statunitense».
Preferisce l’Europa di Orban o quella degli Stati Uniti d’Europa che vuole Von der Leyen?
«Quella dei padri fondatori. I trattati di Roma del 1957 sancivano principi fondanti nei primi 37 articoli, dal 38° c’era al centro l’agricoltura e la prosperità dei popoli».
Questa Commissione va in quella direzione?
«Sul piano agricolo sì. L’Italia ha scelto di non fare alleanze anomale con i verdi: volevano un Green Deal eccessivo, che fa chiudere le aziende di auto e fa licenziare migliaia di operai. Ma con Von der Leyen il rapporto è sereno, tanto che abbiamo acquisito il primo vice presidente esecutivo della storia».
In Austria l’Fpo ha ottenuto quasi il 30%. Forza Italia parla di «rigurgito neonazista», la Lega dice che è un giudizio ridicolo. FdI cosa ne pensa?
«Io guardo alle elezioni degli altri Paesi con grande serenità: ogni nazione sceglie chi la governa. A me non risulta che in nessun Paese dell’Europa i partiti nazisti possano accedere al Parlamento. Sarei il primo a preoccuparmi perché non ho simpatia per i nazisti».
In Germania si sta discutendo se estromettere l’Afd dal Parlamento. È d’accordo?
«Non se l’Afd si possa considerare una forza neo-nazista, non entro nel merito. Ma mettere fuori dall’arco parlamentare un partito che in alcune regioni prende il 40% dei voti può essere un problema. Giocherei quella carta con molta prudenza».
Questo governo arriverà a fine legislatura?
«Noi lavoriamo sempre come se dovesse essere l’ultimo giorno. Non abbiamo il problema del consenso. Se questo governo non dovesse arrivare alla fine del quinquennio ne prenderemo atto, continuando a fare quello che abbiamo sempre fatto negli interessi dell’Italia».
La squadra resterà quella attuale?
«Al momento non rilevo fibrillazioni».
Se Salvini venisse condannato, dovrebbe dimettersi?
«Assolutamente no. La richiesta di condanna nei suoi confronti è vergognosa: ha cercato di evitare il protrarsi di un “mercato di schiavi” che entravano in Italia violando le legge. Decideranno i magistrati, ma una eventuale condanna non implica l’abbandono dell’impegno politico in questo governo».