la Repubblica, 1 ottobre 2024
Il caso Segre e l’antisemitismo di sinistra
Spiace anche solo pensarlo, ma serve una buona dose d’ingenuità per mostrarsi stupiti dal nuovo insulto di piazza a Liliana Segre. Un insulto barbaro, inaccettabile da chiunque abbia memoria e rispetto per la Shoah. Ma un insulto ennesimo. L’ultimo di una serie di manifestazioni di antisemitismo che la sinistra italiana ha tollerato al proprio interno, come si tollera quel cugino un po’ cafone che si spera possa imparare l’educazione in tempo per la prossima cena con i nonni. Mentre l’antisemitismo di sinistra è invece un fenomeno antico quanto la sinistra, come ha spiegato quasi vent’anni fa Gadi Luzzatto Voghera in un illuminante libretto Einaudi che andrebbe diffuso in tutte le scuole. Non un virus alieno ma un fenomeno politico, radicato fin dal primo Ottocento in un’aspirazione all’eguaglianza di tutti che non concepiva il diritto di nessuno a pensarsi differente e poi alimentato nel corso del Novecento da tante sinistre nazionali che lo hanno nascosto in fondo a qualche angolo della propria identità. Oggi quel fenomeno ha compiuto un salto involutivo, sotto la spinta della tragedia di Gaza, incrociandosi nuovamente con la negazione del diritto di Israele all’esistenza in sicurezza e tornando a rendersi accettabile pubblicamente. Come tale, è solo la sinistra politica che può farci i conti una volta per tutte. Seguendo ad esempio l’esempio britannico, dove negli anni scorsi il Labour ha intrapreso una battaglia politica interna, dolorosa ma efficace, che ha tolto legittimità ad ogni manifestazione di antisemitismo preparando anche così la strada per tornare a Downing Street. In fondo è quanto chiediamo a Giorgia Meloni e alla destra ex-missina oggi al governo. Fare pulizia al proprio interno. Espungere anche dalla periferia più marginale del proprio territorio politico qualsiasi connivenza con il retaggio simbolico, linguistico e culturale del fascismo e del suo bagaglio storico di intolleranza, razzismo e violenza. La stessa intransigenza andrebbe applicata a noi stessi nei confronti dell’antisemitismo di sinistra. Non tanto in omaggio ad un bilancino bipartisan ma con la consapevolezza che il codice antisemita — che i nostri padri si erano illusi di aver cancellato dallo spazio pubblico dopo l’orrore della Shoah — ha saputo reinventarsi nel nostrotempo adattandosi alle pieghe di entrambe le principali famiglie politiche. L’antisemitismo è infatti uno dei linguaggi della politica, alimentato da pregiudizi tanto secolari quanto resilienti. Dunque uno strumento molto attrattivo per l’uso politico al quale si presta, anche quando non è rivendicato apertamente come con l’insulto di Milano a Liliana Segre, perché vive di generalizzazione e confusione. Eppure proprio oggi, e in particolare davanti alla tragedia di Gaza, proprio a sinistra dovremmo ricorrere con più rigore alla capacità di distinguere, riconoscere, separare. Ogni volta che qualcuno alla nostra sinistra rivendica con orgoglio il proprio antisionismo. Ogni volta che si associa la leadership democratica di Israele al nazismo, com’era accaduto persino a Yitzhak Rabin prima che oggi accadesse di continuo con Netanyahu. Ogni volta che si accosta al pogrom del 7 ottobre il sacro spirito della Resistenza, dal quale è nata la nostra repubblica democratica. Ogni volta che in ognuna di queste occasioni, e in tante altre, scrolliamo le spalle davanti a manifestazioni di antisemitismo di sinistra in realtà nascondiamo la polvere sotto il tappeto della nostra immaginaria immunità morale al male che ha preparato e ispirato la Shoah. E se anche vi sono giornali italiani che solleticano l’antisemitismo per ragioni editoriali o di mercato, se anche l’alleanza tra sovranismo e destra israeliana nel nome dell’islamofobia e del suprematismo bianco complica le cose a sinistra, se anche Netanyahu fosse l’interlocutore israeliano peggiore di sempre, non è più tempo per far finta di niente. Ovunque in Europa, e anche in Italia, l’antisemitismo ha ormai compiuto un salto di qualità tornando a sdoganare il linguaggio dell’odio antigiudaico e mettendo apertamente in discussione la libertà, la dignità e la sicurezza di cittadini europei di famiglia o religione ebraica. È un’emergenza che riguarda la sostanza della nostra democrazia, e in particolare riguarda la sinistra che di tale sostanza si considera il guardiano più inflessibile. È il momento che ognuno faccia le pulizie di casa. Mettendo fuori dalla porta, quando serve, chi finora è stato tollerato con qualche superficialità.