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 2024  ottobre 01 Martedì calendario

Valeria Marini piange per la truffa alla madre

IL PROCESSO«Questa persona ha distrutto mia madre, che essendo una donna d’onore si vergognava di essere stata raggirata al punto di rifiutarsi persino di aprirmi la porta di casa». Valeria Marini, in lacrime, ha iniziato così il racconto della terribile vicenda di cui sarebbe stata vittima sua madre, Gianna Orrù, che avrebbe investito e perso oltre 350mila euro a causa di un investimento sbagliato in bitcoin, propostole dal produttore cinematografico Giuseppe Milazzo Andreani tra il 2018 e il 2019. Il 50enne è a processo con l’accusa di truffa, per aver convinto la donna a investire il proprio denaro, con la promessa che le avrebbe non solo restituito il capitale, ma anche che ne avrebbe ricavato profitti elevati.LA TESTIMONIANZADavanti al giudice monocratico della città giudiziaria, la nota showgirl ha ricostruito la vicenda che ha distrutto psicologicamente la sua famiglia. In aula, la Marini ha ricordato di aver conosciuto Milazzo, tramite la sua segretaria. Si eta presentato come un produttore e voleva girare un cortometraggio ("L’ultimo applauso”, che doveva essere distribuito nel 2016, ndr), «Sosteneva che avrei potuto interpretare una parte e che per il progetto avrebbe utilizzato i fondi Imaie (l’istituto mutualistico per la tutela degli artisti ndr). Si era presentato sostenendo che aveva girato il video del mio matrimonio (con l’imprenditore Giovanni Cottone, ndr), ma io non mi ricordavo di lui -a ha detto la Marini – Così ci siamo incontrati nel mio ufficio e ha presentato la domanda a nome mio, percependo 15 o 20mila euro». Poi la showgirl ha aggiunto: «Mia madre, dopo aver visionato il corto, lo aveva contattato perché sosteneva che non fosse venuto bene e aveva chiesto alcune modifiche in fase di montaggio. Dopodiché, si è sempre occupata lei della faccenda perché io ero impegnata in altre trasmissioni. Con lei, Milazzo ha sempre avuto un atteggiamento ossequioso e la contattava spesso per cercare di stringere un rapporto di lavoro, ma non si è mai presentato come intermediario finanziario».L’INVESTIMENTOQualche tempo dopo il produttore avrebbe suggerito alla madre della Marini l’investimento. In aula la showgirl ha affermato di non esserne a conoscenza «finché mia madre non aveva ormai già investito 200mila euro – ha spiegato – all’inizio non sapevo cosa avesse, ma la vedevo sempre giù di morale e infatti ho subito pensato che avesse qualche problema di salute. Poi mi ha raccontato, ma nutriva la speranza che il suo denaro le fosse restituito soprattutto per una questione d’onore». L’attrice ha spiegato di averla aiutata: «Le ho dato casa mia perché non poteva nemmeno pagare l’affitto». E infine ha raccontato la Marini di aver ingaggiato un investigatore privato perché Milazzo Andreani sosteneva di essere stato truffato da un tale Andrea Inturri, un trader finanziario suo amico che lo aveva a sua volta convinto a investire in bitcoin. Ma si è scoperto che quell’uomo non è mai esistito e, ha detto la Marini, «era un trucco per apparire agli occhi di mia madre come una persona a sua volta truffata». Tuttavia, in aula l’attrice ha dichiarato che la Orrù non sarebbe stata l’unica truffata dall’imputato. Sembra che anche Aurora Messina, l’attrice co-protagonista del corto, fosse stata contattata proprio dal produttore per prendere parte al progetto, a fronte di un versamento di 20mila euro, con la promessa raddoppiare io profitti dopo la distribuzione del film, grazie all’attività degli sponsor. Ma se, a dire della Marini, Messina non aveva mai denunciato «per vergogna» daglin atti emerge che, nel gennaio dell’anno scorso, il gip Angelo Giannetti ha archiviato il procedimento avviato dalle querele sporte dalle due donne perché, si legge, «Non è certa la circostanza che la mancata distribuzione del cortometraggio sia dipesa dal dolo iniziale dell’indagato. Né che le somme di denaro corrisposte dalle querelanti non siano state effettivamente impiegate da Milazzo Andreani per la produzione dell’opera, sebbene in termini rivelatisi poi improduttivi».