Il Messaggero, 1 ottobre 2024
Mattarella ha incontrato gli chef di stato
ROMA Il tempo massimo di permanenza a tavola è di 45-50 minuti. Ci si limita a un primo, un secondo e un dolce: è questo solitamente il timing di un pranzo tra due capi di Stato. Il tempo giusto per non appesantire letteralmente parlando le discussioni, ma anche per presentare e rappresentare il Paese ospitante. Del ruolo del buon cibo come ambasciatore di un Paese è convinto anche il Presidente Sergio Mattarella che ieri al Quirinale ha accolto 19 dei 27 membri del “Club des Chefs des Chefs”, cioè gli chef dei capi di Stato. Un esclusivo gruppo di cuochi che invece di fare fuoco e fiamme per conquistare le stelle Michelin vivono nella discrezione nelle ovattate stanze del potere democratico di ogni Paese.INTERAZIONE CULINARIAIl loro ruolo non si limita alla preparazione di tutte le pietanze, dalla colazione del mattino, fino all’ammazzacaffè del dopo cena o a pasti frugali sugli aerei di Stato. C’è ben altro. «Aiutano ha detto ieri Mattarella, accogliendo la delegazione – nelle relazioni in modo consistente ed effettivo» rendendo «più accoglienti gli incontri». Il Presidente ha parlato dell’interazione culinaria che oggi si registra «tra ogni paese del mondo» creando «un arricchimento e un’apertura di orizzonti che giova ai giovani e agli anziani come me». «Il mondo – ha aggiunto – è contrassegnato da alcune reti di interconnessioni non solo informatiche ma anche economiche, politiche, sportive. Tra le positive vi sono quelle di ambito culturale, tra cui rientra la scienza della cucina. L’interazione tra di voi arricchisce e apre orizzonti nel mondo».Il club è nato nel 1977 per iniziativa di Gilles Bragard, per tanti anni re delle cucine dell’Eliseo, la sede della presidenza francese. «Volevo rendere omaggio ha raccontato ieri a un attentissimo Mattarella a grandi chef che lavorano dietro le quinte. Nelle loro mani c’è il benessere e la buona salute dei grandi del mondo». «Hanno anche la responsabilità ha aggiunto – di promuovere i prodotti nazionali perché la tavola di un capo di Stato è la miglior vetrina della cucina nazionale. Il nostro motto è diventato: se la politica divide gli uomini, una buona tavola li può riunire».Ricevendo una giacca da cuoco, il Capo dello Stato ha scherzato «per il dono, non molto meritato ma che conserverò con cura». Del resto, anche volendo, difficilmente Fabrizio Boca l’executive chef del Quirinale che ieri ha fatto gli onori di casa – gli farebbe toccare pentole e strumenti. Cinquantacinque anni, romano di Cinecittà Est, da 25 anni sovrintende a ogni dettaglio, dalla spesa all’alba («al mercato i prodotti migliori non aspettano») al rispetto dei budget. «Spesso la gente raccontava recentemente – mi chiede quanti chili di aragosta o tartufo ordiniamo al mese. La risposta è semplice: zero, salvo rare eccezioni e solo come guarnizione. Cucinare bene e ad alti livelli non significa necessariamente spendere molto, anzi. Al contrario di quanto si possa pensare, qui entrano prodotti che devono avere una sola caratteristica: l’italianità e non la rarità».Scambi di informazioni e di curiosità, ieri, durante l’annuale meeting dei “cuochi di Stato”. Gossip, però, destinanti a rimanere a lungo segreti. Anche se ogni tanto qualche piccolo incidente diplomatico culinario diventa noto. Come quello che lo stesso Boca svelò tempo fa in occasione della presentazione del libro “Tutti i piatti dei Presidenti” di Lorenza Scalise. «A cena era prevista la regina Elisabetta e per farle cosa gradita racconta Boca – vennero preparati bouquet di fiori sulle tonalità che la Regina maggiormente amava: lavanda, con rose, lillà e piccole mele verdi. Peccato che le composizioni risultarono assolutamente simili al cappellino che indossava. Ci fu un attimo di imbarazzo ma, grazie al sense of humour inglese, tutto sfumò in un sorriso di Sua Maestà». Non mancano i ricordi dei meritati riconoscimenti come quando Barack Obama volle andare addirittura in cucina per complimentarsi per i tonnarelli al ragù bianco (mantecati con crema al parmigiano e olio all’aneto).AL BAMBINO GESÙDopo la visita al Quirinale la delegazione degli chef si è recata all’ospedale Bambino Gesù per consegnare dolci tipici di ogni paese ai piccoli pazienti della pediatria.