la Repubblica, 1 ottobre 2024
Il quartiere ebraico a Roma si blinda
Ancora una volta i blindati di polizia e carabinieri. Perché la ricorrenza è vicina: il 7 ottobre 2023 è stato il giorno dell’attacco terroristico di Hamas in Israele e quella data sta per tornare. Con l’anticipo di un sabato che, filtra dalla questura, rischia di essere ad alta tensione. Così i dirigenti di via di San Vitale hanno studiato tutte le misure di sicurezza possibili: la parola d’ordine è prevenzione. Osservati speciali saranno il tempio Maggiore, e l’area che comprende la passeggiata del Portico d’Ottavia, frequentatissima dai turisti e cuore del quartiere ebraico, piazza delle Cinque Scole e la Sinagoga.Si tratta di una replica di quanto già visto all’indomani dell’attacco in Israele. Il dispositivo messo in campo dal Viminale e dalla questura allora era stato imponente, con controlli rafforzati e centinaia di agenti delle forze dell’ordine e militari in assetto antiterrorismo impegnati sul campo per garantire il normale svolgersi degli eventi, durante tutto l’arco della giornata. Attenzione che da allora non è mai venuta meno eche ora, in vista della ricorrenza del 7 ottobre, sta portando a un ulteriore rafforzamento dei controlli.Il rapporto della comunità ebraica con le istituzioni si è fatto più stretto nell’ultimo anno e, nonostante le tante difficoltà presenti nel contesto romano, nazionale e sovranazionale, la stessa comunità si sente protetta.Quello che fa male agli ebrei anche nella capitale è il crescente antisemitismo, quell’odio che a lungo sembrava finalmente sopito e che invece torna tristemente a manifestarsi. Sugli stessi social compaiono con notevole frequenza commenti inquietanti.Frequentare la sinagoga o andare a scuola sotto l’occhio vigiledelle forze dell’ordine è purtroppo una necessaria prassi per la comunità ebraica da lungo tempo. La vita nel ghetto va avanti normalmente e gli stessi turisti continuano ad affollare strade, piazze e ristoranti. Ma l’antisemitismo appunto che è tornato a mostrare il suo volto feroce fa male a chi ha già troppo sofferto.«Da 12 mesi il dolore è grande per le vittime del 7 ottobre 2023 afferma Sandro Di Castro, una delle vittime dell’attentato del 9 ottobre 1982 al Tempio Maggiore – un pogrom, il dramma peggiore dalla fine della seconda guerra mondiale».Stravolgere la propria vita nascondendosi sarebbe però la vittoria più grande per il terrorismoe la comunità romana non ha quindi modificato le proprie abitudini, continuando ad affollare la sinagoga e le scuole. «Noi è dal 1967 che, in occasione delle festività ebraiche – prosegue Di Castro – viviamo vedendo alzare livello di sicurezza drammaticamente. Ci siamo abituati e purtroppo il problema è sempre rappresentato dal terrorismo palestinese. Io stesso sono stato ferito nell’attentato del 9 ottobre 1982. Mi hanno colpito allle gambe e a un polmone. Rispetto a quegli anni oggi però sentiamo molto più vicine e presenti le forze di polizia».La preoccupazione comunque c’è. «Stiamo rivivendo – conclude Di Castro – il clima che si era creato negli anni ‘ 80 poco prima dell’attentato. Vediamo situazioni molto preoccupanti, anche di distorsione della verità, mentre il dramma del terrorismo è qualcosa che andrebbe estirpato alle radici. Ora, per il prossimo 7 ottobre, stiamo organizzando delle commemorazioni, alcune pubbliche e altre private dentro la sinagoga».•Scenderanno in piazza nonostante il divieto della questura: «Non sottostiamo a diktat». E in vista dell’appuntamento del 5 ottobre sono pronti a ricorrere al Tar del Lazio. È un vero e proprio braccio di ferro con le autorità quello annunciato dall’Unione democratica arabo- palestinese, una delle associazioni che ha organizzato il corteo nazionale pro Palestina a un anno di distanza dalla strage di Hamas in Israele.La questura di Roma nei giorni scorsi ha vietato il corteo per motivi di ordine pubblico, recependo un’indicazione arrivata dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi, che anche ieri, a margine del comitato per l’ordine e la sicurezza a Firenze, ha voluto ribadire il punto di vista del Viminale: «Noi non vietiamo quasi mai manifestazioni nel rispetto del principio costituzionale di libertà di manifestazione del pensiero, e anche per una tendenza a volere gestire il dissenso problematico e critico. Però con i preavvisi che direttamente o in maniera allusiva tendevano a celebrare la data del 7 ottobre come l’esaltazione di un eccidio, francamente non era possibile formalmente autorizzarla. Ho letto che qualcuno in barba al divieto pensa di manifestare – ha aggiunto Piantedosi- vedremo: ma esiste una posizione di principio e una operativa».A pesare sulla decisione erano state le parole usate per promuovere il corteo, in cui si rivendica il “Diluvio di Al Aqsa”, l’operazione di Hamas che un anno fa portò alla morte di 1200 persone, tra civili e militari israeliani, e al rapimento di altre 250 persone, tra cui donne, anziani e bambini: «Il 7 ottobre 2023 è la data di una rivoluzione, non è una ricorrenza». Oltre al corteo promossodall’Udap, a cui aderivano i Giovani Palestinesi e l’associazione dei Palestinesi in Italia, è stato vietato anche quello della Comunità palestinese di Italia. «Riteniamo che quella della questura di Roma sia una decisione politica che nulla ha a che vedere con l’ordine pubblico ed essendo stata una decisione unilaterale e arbitraria abbiamo deciso di non sottostare a questo diktat emantenere l’indicazione per il 5 ottobre, avviando l’iter per un ricorso al Tar», ha detto Khaled El Qaisi, rappresentante dell’Udap. «Siamo fiduciosi che il Tar possa intervenire e sventare quello che riteniamo possa essere un grave precedente antidemocratico – ha aggiunto El Qaisi Un precedente che permette di manifestare solo a coloro che sostengono idee politicamente compatibili o affini con la linea delle autorità, attendiamo quindi che si esprimano anche le autorità giudiziarie».Tra le realtà sociali che hanno criticato il divieto al corteo di Roma c’è l’Arci che nei giorni scorsi ha rivolto un appello alle istituzioni, criticando fortemente il ddl 1660 che limiterebbe la possibilità di scioperare e manifestare: «Siamo fortemente preoccupati che quella giornata ci riporti indietro di decenni, a scenari di piazza repressivi e violenti, con traumi sociali ancora oggi irrisolti. In attesa delle decisioni delle reti palestinesi e di quelle romane solidali, Arci Roma rivolge un appello alle istituzioni, al sindaco, ai parlamentari, a tutto il vasto fronte politico, sociale e sindacale che proprio in queste ore si sta battendo contro il decreto sicurezza. Chiediamo loro di farsi garanti con la questura di Roma del diritto a manifestare e lavorare insieme».