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 2024  ottobre 01 Martedì calendario

In Sicilia si lavano i vestiti negli abbeveratoi

Tra le immagini emblematiche della grande sete siciliana c’è una nonna costretta a lavare i grembiulini di scuola della nipotina nell’antico abbeveratoio di Enna, il capoluogo più alto d’Italia in cui l’acqua, da mesi, arriva ogni 7 giorni. Una situazione tutt’altro che isolata in una terra che, tra sprechi ed emergenze climatiche, combatte da anni contro la mancanza di acqua.
Il primo allarme sullo stato degli invasi è del gennaio scorso. Ora, l’assenza di piogge ha peggiorato le cose e lo spettro del razionamento è realtà ovunque. La corsa ai ripari di Regione e Comuni non sembra però aver risolto le cose. Nell’isola, fatte salve alcune zone nella Sicilia orientale, i rubinetti sono a secco. Con emergenze ad Agrigento, Enna e Caltanissetta. Nella città dei Templi, Capitale della Cultura 2025, la media dei turni di approvvigionamento è di due settimane con punte di 40 giorni. La poca acqua che arriva non basta e si ricorre alle autobotti: quelle del gestore Aica, che fanno un servizio sostitutivo senza costo per l’utente, ma che vanno agli obiettivi sensibili (case di riposo, ospedali); quelle dei convenzionati che praticano un prezzo concordato con la promessa, per chi compra dopo lunghe attese, di rimborsi. O quelle degli abusivi che si riforniscono non si sa dove con rischi per la salute. La situazione della provincia non va meglio. E i rimedi? Uno tra tutti recuperare e mettere a sistema i pozzi (compresi i privati). Meno percorribile, almeno economicamente, la via dei dissalatori. «Se 1.000 litri di acqua del pozzo costano 10 centesimi, l’equivalente dal dissalatore arriverebbe a 3 euro», spiega l’ingegnere Giuseppe Riccobene, tra i responsabili cittadini di Legambiente che vede nella guerra agli sprechi (il 60% dell’acqua va perso) una delle vie da seguire. «Per la manutenzione della rete si poteva usufruire di 50 milioni di fondi europei che non abbiamo utilizzato per errori nella predisposizione delle gare», denuncia.
In alcune zone di Caltanissetta, come a Poggiofiorito, i rubinetti sono a secco da 3 mesi, in altre si è passati da turni di 12 giorni agli attuali di 6, ma, quando arriva, l’acqua è marrone. Nei giorni scorsi durante un consiglio comunale straordinario c’è chi ha chiesto l’intervento dell’esercito. Stessa situazione a Enna dove a scendere in piazza sono state soprattutto le donne, costrette ad alzarsi di notte per lavare i panni. Guida la protesta Monia Parlato. «La nostra è tra le acque più care d’Italia, le bollette sono lievitate e i disservizi sono sempre più gravi», spiega. La pagina facebook del suo comitato è ricca di video di denuncia degli sprechi di una rete colabrodo. «La rete principale è gestita da Siciliacque, società mista di Regione e Italgas che avrebbe dovuto investire nell’efficientamento. Cosa che non ha fatto», dice Giuseppe Amato, responsabile siciliano acque di Legambiente.
Dulcis in fundo: Palermo. Dal 7 ottobre stop all’approvvigionamento per un giorno alla settimana in vari distretti, ha comunicato la municipalizzata che gestisce il servizio. «Le misure di mitigazione consentono di arrivare almeno fino a dicembre di quest’anno», dicono dall’azienda. Poi non si sa…