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 2024  ottobre 01 Martedì calendario

I vestiti del re e la rivoluzione francese

Nell’opera di Gabriel Sénac de Meilhan (1736-1803)1 la disamina delle cause, remote o immediate, della Rivoluzione francese2 è, senza dubbio, una delle tematiche centrali: affrontata in un breve saggio pubblicato poco dopo l’inizio del fenomeno, Des Principes et des causes de la Révolution en France (1790), essa viene sviluppata nel successivo Du Gouvernement, des mœurs et des conditions en France, avant la Révolution (1795) ed è ripresa in parte delle lettere che compongono il romanzo epistolare L’Émigré3 (1797). Inoltre, alcune delle idee dell’autore su questo argomento sono già presenti in due opere pubblicate prima degli eventi: il saggio di economia politica intitolato Considérations sur les richesses et le luxe (1787) e le Considérations sur l’esprit et les mœurs (1789), raccolta di massime, riflessioni e ritratti sul modello di La Rochefoucauld e La Bruyère. Malgrado la saldezza della sua fede monarchica, Sénac si distingue da molti altri autori controrivoluzionari per la lucidità con la quale affronta il problema della crisi dell’Ancien Régime: in primo luogo, rifiuta implicitamente sia il complottismo dell’abbé Barruel4 (che denuncia una congiura di philosophes e massoni) sia il provvidenzialismo di Joseph de Maistre5 (che vede nel rivolgimento politico una punizione divina, provocata dall’empietà del secolo dei Lumi); soprattutto, respinge in modo esplicito l’idea che la Rivoluzione sia stata l’esito necessario di una situazione ormai insostenibile di oppressione politica, di ingiustizia sociale e di crisi economica. L’economia francese, fa notare Sénac, era fra le più floride d’Europa, la pressione fiscale era minore che in altre epoche6, il regime monarchico non aveva certo carattere dispotico7; le differenze e le divisioni fra le classi, infine, non erano così marcate come in altri Paesi8. Vicino al riformismo di Turgot e di Calonne, Sénac non sottovaluta la gravità dei problemi che affliggevano il Regno di Francia prima del 1789, ma nega che essi potessero causarne l’eversione senza il concorso determinante di altri fattori. Fra questi ultimi, lo scrittore pone l’accento su quella che gli storici successivi chiameranno ‘rivolta aristocratica’, cioè il tentativo, da parte dei nobili francesi, di indebolire la monarchia, per recuperare il ruolo politico che l’affermarsi dell’assolutismo aveva loro sottratto; a questo scopo (quando non per semplice desiderio di affermazione personale), non pochi aristocratici si schierarono col Terzo Stato nelle prime fasi della Rivoluzione, anche se questa scelta di campo, com’è noto, raramente li salvò dal patibolo durante il Terrore: il caso più celebre è, forse, quello del duca d’Orléans, ribattezzatosi Philippe Égalité, che votò per la condanna di Luigi XVI e finì a sua volta sulla ghigliottina nel 1793. Sénac lo descrive come un ambizioso dissoluto e giunge al punto di definirlo «l’horreur du genre humain» (2004: 70). Quanto agli altri ‘rivoluzionari della prima ora’ di estrazione aristocratica, lo scrittore li paragona, con ironia sprezzante, a bambini dediti a giochi pericolosi: «On pourrait comparer la plupart des grands, dans cette occasion, à des enfants qui manient des armes à feu, qui se blessent, et blessent les autres» (1987: 71-72).
2Non meno importante, nell’ottica di Sénac de Meilhan, è però un elemento che si può ascrivere all’ambito della psicologia delle masse: la scomparsa di quel rispetto quasi sacrale che il popolo francese aveva manifestato per secoli nei confronti della monarchia e della persona stessa del re. Scrive, incredulo, il marchese di Saint-Alban, protagonista maschile dell’Émigré, confrontando gli anni della sua adolescenza con quelli che sta vivendo:
Je fus présenté à la Cour à dix-neuf ans, et quand je songe à cette pompe qui environnait le Roi, à cette foule empressée qui circulait dans ses appartements, à l’accent de respect avec lequel se prononçait le nom de Roi, à l’impression qu’il faisait sur les esprits, et aux affreux événements des temps postérieurs, je ne puis croire que ce soit le même peuple; je ne puis concevoir comment dans un si court espace, des souvenirs gravés par la main des temps, pendant douze siècles, ont été effacés. (2004: 64-65)
3Com’è potuto accadere, si chiedono lo scrittore e il suo personaggio, che sudditi proverbialmente devoti al proprio sovrano si siano in trasformati, in un arco di tempo relativamente breve, in ribelli assetati di sangue? La ragione non può essere individuata che nella perdita di prestigio subita dalla monarchia francese e dalla classe nobiliare, storicamente legata, pur con alterne vicende, alle sorti della corona. All’origine di tale perdita non vi sarebbero soltanto le ben note mutazioni sociali occorse nel XVIII secolo e la diffusione di nuove idee politiche, ma anche fattori apparentemente marginali, se non frivoli: il modo di vivere, di presentarsi e di rappresentarsi, il modo stesso di vestire. Per molti secoli, sottolinea Sénac nelle Considérations sur les richesses et le luxe, nobili e sovrani di ogni paese ebbero cura di distinguersi indossando abiti che le persone di condizione più modesta non avrebbero potuto permettersi:
Les rois de l’antiquité, les consuls étoient distingués par des robes de pourpre. La rareté, la cherté extrême de cette teinture, ne permettoient pas que les particuliers en puissent faire usage; elle fut en conséquence l’attribut des plus éminentes dignités. (…) Les robes de soie ont été aussi par la même raison, & chez les Romains, & dans les commencemens des monarchies modernes, une décoration affectée aux personnes les plus considérables. (Sénac de Meilhan 1787: 93-94)
4Vesti, ornamenti e ‘accessori’ creavano intorno a chi li portava un alone di sacralità, che ispirava al popolo sentimenti di rispetto e di obbedienza, come fa notare persino il ‘democratico’ Jean-Jacques Rousseau in un passo del IV libro dell’Émile, citato da Sénac nell’Émigré:
Des marques de dignité, un trône, un sceptre, une robe de pourpre, une couronne, un bandeau, étaient pour les hommes des choses sacrées, et rendaient vénérable l’homme qu’ils en voyaient orné. Sans soldats, sans menaces, sitôt qu’il parlait il était obéi. (2004: 65-66)
5Tra i re francesi, il più sensibile alle esigenze dell’immagine fu probabilmente Luigi XIV, che, per sottolineare costantemente la propria autorità e la propria potenza, scelse di vivere in una residenza sfarzosa ma assai poco confortevole come Versailles, sottoponendosi a un cerimoniale di corte che trasformava in un evento pubblico ogni momento della sua giornata9. Ben lungi dal seguire l’esempio del re Sole, Luigi XVI e Maria Antonietta optarono per uno stile di vita (relativamente) più sobrio, finendo per dare alla corte l’aspetto «d’une famille réunie par l’affection, ou d’une société privée» (Sénac de Meilhan 1795: 35); nei giorni (di solito, uno o due alla settimana) in cui il cerimoniale era ripristinato, «il étoit facile de voir que la représentation étoit une tâche pénible, qu’on s’empressoit d’abréger» (Ibidem)10. Luigi era «sans goût pour les plaisirs d’éclat, sans faste personnel» (Sénac de Meilhan 1795: 40)11, anzi, ostentava una noncuranza nel vestire che sconfinava talvolta nella sciatteria12. Così Rétif de la Bretonne, nel Monument du costume (1786), descrive una visita di Luigi XVI all’Hôtel-Dieu: «Ce gros homme, comme on l’appela (…) était coiffé en perruque ronde, très mal peigné, en méchante redingote» (Lacroix 1878: 510). Del resto, una certa tendenza alla semplicità, probabilmente influenzata dal vagheggiamento letterario dello stato di natura e dell’austerità degli antichi, caratterizzava in quegli anni l’abbigliamento, specialmente quello maschile13. Se, oltre al proprio temperamento, il re seguì i dettami della moda, ciò fu dovuto probabilmente all’influenza della regina.
6Maria Antonietta, insofferente verso la rigida etichetta di Versailles, anche perché avvezza al tono (relativamente) più familiare della corte di Vienna14, accolse nel proprio entourage e trattò con particolare confidenza persone che, pur appartenendo all’aristocrazia, non avrebbero mai potuto accedere all’intimità dei sovrani. Nel saggio dedicato alle cause della Rivoluzione, Sénac ricorda questo cambiamento nell’etichetta di corte, sottolineandone i pericoli per la reputazione della regina e per la stessa autorità della monarchia (pericoli che, come vedremo, non tardarono a verificarsi):
Jamais les reines n’avaient mangé avec des hommes; les princes mêmes n’obtenaient pas cet honneur. La reine, sans en prévoir les consequences, entraînée par le désir de plaire, par un sentiment de bonté qui porte à la communication, descendit en quelque sorte de son trône pour vivre en société intime avec les courtisans, et manger avec des hommes chez le roi, et chez des personnes de la Cour. Il est facile de voir comme cette manière de vivre était dangereuse dans une nation qui se familiarise aisément. Alors on vit diminuer insensiblement le profond respect, qui est l’effet de la prodigieuse distance du monarque avec ses sujets, et qui est ancore plus marquée pour les reines, qu’aucune affaire ne rapproche des hommes, dont la plus légère familiarité peut si facilement être mal interprétée. (1987: 46)
7I nuovi amici di Maria Antonietta diffusero a corte le mode di Parigi15, che la regina stessa non tardò a adottare16. L’immagine della famiglia reale acquistò, forse, in eleganza, ma certo perse molto in magnificenza e maestà:
La Cour cessa de donner le ton à la Ville, et ne fut pas même la première des sociétés, puisqu’elle adoptait les sentiments, les modes et les manières de celles qui dominaient à Paris. La magnificence qui a de tout temps caractérisé les Cours, fut proscrite. L’élégance et la simplicité remplacèrent les parures éclatantes, et rien ne distingua plus la femme du plus haut rang, et le grand seigneur, de la femme et de l’homme de la Ville. (1987: 46-47)
8La contrapposizione, se non la rivalità, tra Cour e Ville non era certo un fenomeno nuovo; va però sottolineato che, negli anni a cui il brano citato si riferisce, la vita culturale e mondana della capitale era ormai caratterizzata dall’egemonia del Terzo Stato: le parigine e i parigini a cui il re, la regina e i cortigiani cercavano, in nome della moda, di somigliare appartenevano a quei ceti sociali un tempo guardati con sussiego, ma ormai pronti a prendere il potere. Anche gli strati più elevati dell’aristocrazia seguirono i sovrani nell’imborghesimento del loro stile di vita e del loro guardaroba: «L’ancien faste extérieur, qui caractérisoit les Grands, n’existoit plus. Les personnes les plus opulentes avoient des habits simples et peu coûteux» (Sénac de Meilhan 1795: 35)17. Molti nobili rinunciarono persino a portare la spada, che era per tradizione uno degli accessori che distinguevano gli hommes de qualité dalle persone di rango inferiore. Il diffondersi di questa nuova usanza è rievocato dalla baronessa di Oberkirch con indignazione e sarcasmo:
Un jeune anglomane a imaginé cette incartade; ses amis ont fait comme lui, et il est devenu de bon genre de s’en passer. Les badauds n’y manquèrent point; et voilà une institution perdue, voilà une habitude séculaire de la noblesse française jetée aux orties. La mode fait souvent bien des sottises. (1970: 302)
9Inoltre (ed è forse il dato più grave), chi aveva l’onore di essere ricevuto a corte non riteneva più che valesse la pena di indossare l’abito delle grandi occasioni18; ricorda, nell’Émigré, il marchese di Saint-Alban: «La mode n’était pas dans ce temps d’être fort assidu à la Cour19, la magnificence en était en quelque sorte bannie, et des jeunes gens qui dépensaient des sommes immenses à Paris pour leur plaisirs, paraissaient à Versailles en habit noir» (2004: 65). Si dice che il re ne fosse piuttosto seccato20: d’altra parte, se gli stessi sovrani mostravano di curarsi poco delle forme, come stupirsi dell’atteggiamento dei loro ospiti? Insomma, i reali di Francia stavano perdendo ogni ascendente sui loro sudditi: «Ces petites circonstances extérieures servent à faire voir le changement survenu dans les opinions, et combien peu la Cour en imposait aux esprits» (Ibidem). In alcuni casi, l’indifferenza degenerò in aperta scortesia, come accadde durante l’ultimo ballo dato a Versailles, descritto nelle memorie di Élisabeth Vigée Le Brun, ritrattista ufficiale della famiglia reale. Nel passo che segue, uno sgarbo fatto alla regina diventa, nei ricordi dell’artista, un preannuncio della catastrofe imminente:
Je la [Maria Antonietta] voyais fort agitée, invitant à danser les jeunes gens de la cour (…) qui tous la refusaient; si bien que la plupart des contredanses ne purent s’arranger. La conduite de ces messieurs était d’une inconvenance qui me frappa; je ne sais pourquoi leur refus me sembla une sorte de révolte, préludant à des révoltes plus graves. La révolution approchait: elle éclata l’année suivante. (2008: 172-173)
10In effetti, non erano solo i giovani cortigiani a non nutrire alcun sentimento di deferenza verso l’Autrichienne. È ancora la pittrice a mettere in evidenza l’ostilità di gran parte dell’opinione pubblica nei confronti della sovrana, ricordando un ritratto per il quale Maria Antonietta posò negli abiti campagnoli che prediligeva21:
Un entre autre la représente coiffée d’un chapeau de paille et habillée d’une robe de mousseline blanche dont les manches sont plissées en travers, mais assez ajustées: quand celui-ci fut exposé au salon, les méchantes ne manquèrent pas de dire que la reine s’était fait peindre en chemise; car nous étions en 1786, et déjà la calomnie commençait à s’exercer sur elle. (2008: 168)
11Una tenuta semplice fu vista come una mise indecente, il tratto informale della regina venne scambiato per civetteria, per mancanza di serietà22. Ricorda il conte di Tilly: «son éloignement pour la gêne et la stricte observation des convenances de son rang fut pris pour l’oubli et le mépris de ses devoirs; quoique aucune femme ne sût mieux remplir le rôle d’une reine, quand elle le voulait, la liberté de ses manières fut interprétée pour la licence de ses mœurs» (1986: 329-330). Vennero poi altre critiche, sempre più aspre, sulla vita dispendiosa di Maria Antonietta, soprannominata «Madame Déficit», quasi fosse la principale responsabile del dissesto delle finanze francesi. Nei suoi scritti, Sénac de Meilhan si sforza di dimostrare l’infondatezza di queste accuse, sottolineando, per esempio, che le spese di altri sovrani erano state ben più ingenti23 e che certi stanziamenti (come quelli relativi al Petit Trianon) avevano inciso in misura assai modesta sul bilancio dello Stato24. All’origine di quelle che considera pure e semplici calunnie, l’autore non vede che una diffusa animosità, suscitata da una propaganda ostile, contro la quale a nulla valsero gli sforzi della regina volti a dare di sé un’immagine piacevole, in grado di suscitare simpatia25. Del resto, è ancora Tilly a sottolinearlo, per i monarchi (e la regola non esclude una giovane sovrana) «il vaut mieux se faire respecter que se faire aimer» (1986: 329).
12Insomma, la rinuncia ai segni esteriori della propria superiorità da parte dei sovrani (e, con loro, dei nobili) non solo non ne migliorò la reputazione presso i sudditi, ma finì col far perdere loro quell’autorevolezza che, per secoli, ne aveva accompagnato e rafforzato l’autorità: fenomeno tanto più grave in un periodo di crisi economica, in cui le critiche alla classe dirigente e alla monarchia si moltiplicavano. Come scrisse Talleyrand : «La grande facilité dans les souverains inspire plus d’amour que de respect, et au premier embarras l’amour passe» (Solnon 1987: 471). Sénac sottolinea esplicitamente le ricadute politiche di questa mutazione dei costumi, che cancellava, almeno esteriormente, le differenze fra le classi: «Quand toutes les conditions ont été extèrieurement au même niveau, quand la Cour a cessé de maintenir la hiérarchie, & qu’elle a renoncé elle-même à l’éclat extérieur, elle a cessé d’avoir les moyens de dominer» (Sénac de Meilhan 1795: 35). Così, in un passo delle Considérations sur l’esprit et les mœurs, l’autore descrive la Francia del periodo appena precedente la Rivoluzione: «La société dans ce siècle présente l’image d’un grand bal où tout est confondu, où tous ont à peu près le même habillement, où tous se pressent & se coudoyent» (1789: 295). In realtà, non era solo in questo metaforico ballo che tutti (o quasi tutti) si vestivano più o meno allo stesso modo. Il risultato finale dell’evoluzione dei costumi fu, secondo Sénac, una radicale e irreversibile mutazione del sentire comune: scomparsi, o fortemente ridotti, i segni di distinzione sociale, il popolo si era ormai «familiarisé avec des idées d’égalité» (1795: 129), divenendo così più disposto ad accogliere e far propri gli ideali rivoluzionari26, fino a manifestare, nei confronti dei propri sovrani, quell’irriverenza e quell’aggressività di cui i contemporanei di tendenza conservatrice faticavano a capacitarsi.
13Come abbiamo cercato di mettere in luce all’inizio di questo breve studio, Sénac de Meilhan non considerava la Rivoluzione francese un evento inevitabile, ma riteneva che, prendendo certe misure ed evitando certi errori, sarebbe stato possibile garantire la continuità del regime monarchico. Questa convinzione non riguarda solo l’ambito politico ed economico, ma si estende al campo in cui ci stiamo muovendo, quello del costume e dell’immagine pubblica dei sovrani e dei nobili; lo si evince dal passo seguente, tratto da Du Gouvernement, des mœurs et des conditions en France, avant la Révolution: «Un Ministre, qui auroit réfléchi sur la disposition des esprits, n’auroit peut-être rien pu proposer de plus sage, plusieurs années avant la Révolution, que de prescrire aux Grands du Royaume le rétablissement de leur ancien faste extérieur» (Sénac de Meilhan 1795: 128). Leggendo queste righe, si potrebbe attribuire all’autore l’idea (un po’ ingenua) che la moda e il gusto possano essere influenzati da un decreto ministeriale. A questo proposito, ci pare acuta un’osservazione della baronessa di Oberkirch, tratta dal brano (già citato) relativo alla rinuncia alla spada da parte dei nobili: «Si on eût donné l’ordre de quitter les épées, nul n’aurait voulu y consentir» (Oberkirch 1970: 302). Anche un ordine in senso opposto sarebbe stato, probabilmente, privo d’efficacia. In realtà, Sénac de Meilhan era cosciente del fatto che l’adesione delle classi dirigenti alle nuove tendenze della moda non era semplicemente il frutto dei capricci di una giovane regina allergica al cerimoniale di Corte, o di un superficiale progressismo di parte dell’aristocrazia, ma derivava da cause ben più profonde di carattere economico e sociale. Com’è noto, e come Sénac de Meilhan mette in rilievo nel capitolo delle Considérations sur les richesses et le luxe intitolato «Du Faste» (1787: 88-102), nel corso del XVIII secolo l’alta borghesia francese aumentò notevolmente le proprie disponibilità economiche e, di conseguenza, il proprio tenore di vita. Gioielli, metalli preziosi, stoffe di alta qualità non erano più (o lo erano sempre meno) appannaggio dei nobili: il fatto di poterseli permettere perse quindi, almeno in parte, il carattere di status symbol27. Inoltre, i nuovi ricchi non imitarono lo stile pomposo di Versailles e dei Grands du Royaume, ma optarono per abiti e arredi talora altrettanto costosi, ma decisamente più raffinati e confortevoli: al fasto, forma esteriore di un rango fondato sulla nascita, si sostituì, come segno di distinzione, il lusso, manifestazione di un nuovo potere derivante dal denaro. L’imborghesimento della Corte e dell’aristocrazia rappresentò quindi, almeno entro certi limiti, la presa d’atto di un nuovo stato di cose, l’adattamento a quello che era, ormai, il gusto dominante: probabilmente, se nobili e sovrani avessero mantenuto i propri pomposi costumi, non sarebbero sembrati più rispettabili, ma solo antiquati.
BibliographieOpere di Sénac de MeilhanSénac de Meilhan G., 1787, Considérations sur les richesses et le luxe, Paris, Valade.
—, 1789, Considérations sur l’esprit et les mœurs, Paris, Prault, (1787).
—, 1795, Du Gouvernement, des mœurs et des conditions en France, avant la Révolution, Hamburg, Benjamin Gottlob Hoffmann.
—, 1987, Des Principes et des causes de la Révolution en France, M. Delon (ed.), Paris, Desjonquères, (1790).
—, 1996, Mémoires d’Anne de Gonzague, Princesse Palatine, C. Rouben (ed.), Paris, Nizet, (1786).
—, 2004, L’Émigré, M. Delon (ed.), Paris, Gallimard, (1797).
—, 2007, Les Deux Cousins, histoire véritable, V. Fortunati (ed.), Paris, Champion.
Memorie di altri autoriBoigne A., 1971, Mémoires de la comtesse de Boigne, née d’Osmond. Récits d’une tante, J.-Cl. Berchet (ed.), Paris, Mercure de France (Le Temps retrouvé).
La Tour du Pin H.-L., 1989, Mémoires de la Marquise de La Tour du Pin (1778-1815), Ch. de Liedekerke Beaufort (ed.), Paris, Mercure de France (Le Temps retrouvé), (1979).
Oberkirch H.-L., 1970, Mémoires de la baronne d’Oberkirch sur la cour de Louis XVI et sur la société française avant 1789, S. Burkard (ed.), Paris, Mercure de France (Le Temps retrouvé).
Tilly A., 1986, Mémoires du comte Alexandre de Tilly pour servir à l’histoire des mœurs de la fin du XVIIIe siècle, Ch. Melchior-Bonnet (ed.), Paris, Mercure de France (Le Temps retrouvé), (1965).
Vigée Le Brun É., 2008, Souvenirs. 1755-1842, G. Haroche-Bouzinac (ed.), Paris, Honoré Champion.
Opere saggisticheBarruel A., 1789, Le patriote véridique ou discours sur les vraies causes de la Révolution actuelle, Paris, Crapar.
Duby G.-Mandrou R., 1984, Histoire de la civilisation française. t. 2. XVIIe siècle – XXe siècle, Paris, Colin.
Elias N., 1980, La società di corte, trad. dal tedesco di G. Panieri, Bologna, il Mulino (ed. orig.: Die höfische Gesellschaft, Darmstad und Neuwied, Luchterland, 1969).
Erlanger Ph., 1965, Louis XIV, Paris, Fayard.
Escoube P., 1984, Sénac de Meilhan. De la France de Louis XVI à l’Europe des émigrés, Paris, Perrin.
Fortunati V., 2007, Sénac de Meilhan fra passato e futuro, Pisa, ETS.
Godechot J., 1984, La Contre-révolution. Doctrine et action. 1789-1804, Paris, Presses Universitaires de France, (1961).
Janneau G., 1964, L’époque de Louis XVI, Paris, Presses Universitaires de France.
Lacroix P., 1878, XVIIIe Siècle. Institutions, usages et costumes. France. 1700-1789, Paris, Firmin Didot.
Maistre J. de, 1980, Considérations sur la France, Paris, Garnier, (1797).
Quicherat J., 1875, Histoire du costume en France depuis les temps les plus reculés jusqu’à la fin du XVIIIe Siècle, Paris, Hachette.
Solnon J.-Fr., 1987, La Cour de France, Paris, Fayard.
Stavan H.A., 1968, Sénac de Meilhan, Paris, Minard.
Vielwahr A., 1970, La vie et l’œuvre de Sénac de Meilhan, Paris, Nizet.
Wolf J.B., 1975, Luigi XIV, trad. dall’inglese di M. Papi, Milano, Garzanti (ed. orig.: Louis XIV, New York, W. W. Norton & Company, 1968).
Notes de bas de page1  Figlio del primo medico di Luigi XV, Sénac de Meilhan crebbe alla corte di Versailles. Dopo aver compiuto studi umanistici e giuridici, ricoprì la carica di intendant alla Rochelle, ad Aix-en-Provence e a Valenciennes. In esilio dal 1790, soggiornò a Londra, Aquisgrana e Roma, prima di raggiungere San Pietroburgo, dove Caterina II gli affidò l’incarico (presto revocato) di storiografo imperiale. In seguito, Sénac del Meilhan fu ospite del principe Enrico di Prussia e del duca di Brunswick, quindi si stabilì ad Amburgo, dove la colonia degli émigrés francesi era molto numerosa. A partire dal 1795 abitò a Vienna, dove strinse amicizia con un altro famoso fuoriuscito, il principe di Ligne. Oltre agli scritti a cui faremo rifeirmento in queste pagine, vanno ricordati i Mémoires d’Anne de Gonzague, Princesse Palatine (1786) e la novella Les Deux Cousins, histoire véritable (1790); di entrambe le opere esistono edizioni moderne (1996; 2007). Sulla vita di Gabriel Sénac de Meilhan vid. Stavan (1968); Vielwahr (1970); Escoube (1984).
2  Cf. Fortunati (2007: 89-110); Godechot (1984: 43-46).
3  Argomento del romanzo è la tragica storia d’amore fra un giovane esule francese, il marchese di Saint Alban, e una nobildonna tedesca, la contessa di Lœwnstein, che lo ha accolto nel proprio castello.
4  Le Patriote véridique ou discours sur les vraies causes de la Révolution actuelle (1789).
5  Considérations sur la France (1797).
6  «En comparant les charges des Peuples dans les temps antérieurs, la richesse actuelle du Royaume en numéraire, et la prodigieuse augmentation du commerce, il seroit facile de prouver que dans les temps anciens, le Peuple avoit plus de peine à en supporter le fardeau, et qu’il n’y avoit tant de voies ouvertes à l’industrie» (Sénac de Meilhan 1795: 112).
7  Appena salito al trono, Luigi XVI abolì la tortura (Sénac de Meilhan 1795: 40) e, anche in seguito, usò con molta parsimonia i mezzi coercitivi di cui disponeva nei confronti degli oppositori politici (101-106).
8  Cf. Sénac de Meilhan (1795: 58-75). Uno dei personaggi dell’Émigré, il commendatore di Lœwenstein, generoso ma legato ai pregiudizi di casta, impersona, sotto questo aspetto, l’arretratezza della società tedesca: «C’est un homme qui retrace les seigneurs châtelains du quinzième siècle: la noblesse est à ses yeux le premier des mérites» (Sénac de Meilhan 2004: 56).
9  Cf. Elias (1980: 147-190); Erlanger (1965); Wolf (1975: 303-322).
10 Cf. Solnon (1987: 484-487).
11  Il ritratto di Luigi XVI tracciato dalla marchesa di La Tour du Pin è molto meno rispettoso del breve giudizio di Sénac de Meilhan: «C’était un gros homme, de cinq pieds six à sept pouces de taille, avec les épaules hautes, ayant la plus mauvaise tournure qu’on pût voir, l’air d’un paysan marchant en se dandidant à la suite de sa charrue, rien de hautain ni de royal dans son maintien» (La Tour du Pin 1989: 70).
12  Questo atteggiamento di Luigi XVI è stato messo in rilievo da diversi storici del costume. Per esempio, Paul Lacroix scrive che il re ostentava «la plus grande simplicité et même une complète négligence dans son habillement» (Lacroix 1878: 510).
13  «Le sans-façon étant à l’ordre du jour dans la mise des femmes, ne put manquer non plus de devenir la règle des hommes. Ils regardèrent comme un supplice de porter l’habit de cérémonie (…). On n’estima que l’habillement negligé» (Quicherat 1875: 616).
14  «La reine, à son arrivée à Versailles, se trouva condammnée à une représentation et à une sévèrité d’étiquette auxquelles elle n’était pas préparée» (Tilly 1986: 329).
15  «Les femmes et les courtisans admis dans la société de la reine y portèrent le ton des cercles de Paris. L’histoire du jour fut racontée, les modes furent adoptées avec empressement» (Sénac de Meilhan 1987: 46).
16  Per Maria Antonietta essere à la page doveva costituire un’esigenza insopprimibile, stando almeno a quanto scrive la contessa di Boigne nelle proprie memorie: «Elle se parait pour être à la mode, elle faisait des dettes pour être à la mode, elle jouait pour être à la mode, elle était esprit fort pour être à la mode, elle était coquette pour être à la mode. Être la jolie femme la plus à la mode lui paraissait le titre le plus désirable» (Boigne 1971: 41).
17  Anche gli storici Georges Duby e Robert Mandrou rilevano che, nel XVIII secolo, l’abbigliamento degli aristocratici era «plus sobre, moins enrubanné et emplumé qu’au temps du grand roi» (Duby-Mandrou 1984: 147); Guillaume Janneau precisa che le stoffe in tinta unita avevano soppiantato, anche a corte, quelle dorate e argentate (Janneau 1964: 143).
18  «On se montra devant le roi avec des habits qui n’étaient pas brodés et la canne à la main» (Quicherat 1875: 610).
19  Nella sua monografia La Cour de France, Jean-François Solnon sottolinea che, in quegli anni, essere ricevuti a Versailles non era più considerato un invidiabile segno di distinzione (Solnon 1987: 490).
20  «Le Roi, avec raison, en témoigna son mécontentement» (Sénac de Meilhan 2004: 65).
21 Durante i periodi di riposo e di svago al Petit Trianon, la regina era solita vestirsi di percalle bianco e portare un cappello di paglia (Solnon 1987: 494).
22 Si dice, del resto, che l’imperatrice Maria Teresa avesse rimproverato la figlia per essersi fatta ritrarre con un cappello ornato di piume, copricapo più consono a un’attrice che a una regina (Quicherat 1875: 594).
23 Cf. Sénac de Meilhan (1795: 44).
24 Cf. Sénac de Meilhan (1795: 42-43).
25 Secondo Sénac, Maria Antonietta era «entraînée par l’envie de plaire» (Sénac de Meilhan 1795: 40).
26  «Longtemps avant la proclamation des droits de l’homme, les principes de la Révolution avaient triomphé dans le costume. Il n’y avait plus moyen de distinguer les classes par l’habillement» (Quicherat 1875: 620).
27  «Lorsque le nombre des riches s’est multiplié, lorsque l’opulence de plusieurs a surpassé toutes les proportions connues, ils ont été humiliés des distinctions qui mettoient un intervalle entre leur état & celui des grands» (Sénac de Meilhan 1787: 96).
AuteurVittorio FortunatiUniversità degli Studi di Pavia