Corriere della Sera, 30 settembre 2024
A Livigno si muove il ghiacciaio
Lecco – I primi segnali nel corso dell’estate quando le acque del fiume Spol, che nasce in Val Orsera, nelle vicinanze della Forcola e scorre per 15 chilometri lungo la valle di Livigno, sono diventate torbide, assumendo una colorazione marrone. Contaminate da fango, sassi e detriti. Una colata causata dallo scioglimento di un ghiacciaio di roccia sotterraneo, effetto del cambiamento climatico ben visibile su tutto l’arco alpino. L’aumento delle temperature sta sbriciolando il gigante di pietra che sovrasta l’abitato di Livigno verso San Rocco, nell’area della Freita, tanto da rendere necessaria la chiusura di un tratto di pista ciclopedonale ed evacuare una famiglia che abita nelle vicinanze del Rock glacier.
«Non si tratta di un semplice smottamento, ma di un fenomeno che al momento rappresenta una novità per le Alpi e non ha casi simili in Italia», spiega il sindaco Remo Galli. «La forte erosione all’interno del ghiacciaio di roccia – sottolinea il nivologo Fabiano Monti – ha determinato la formazione di colate detritiche che sono arrivate fino al fondo valle. Il problema è complesso, non è stato molto osservato fino ad oggi sull’arco alpino e quindi stiamo allestendo un sistema di monitoraggio per seguire l’evoluzione anche durante la stagione invernale, quando abbiamo copertura nevosa e quindi molte tecniche vengono limitate, e soprattutto in modo da essere pronti per fare fronte alla fusione primaverile». Il pendio composto da sassi e rocce, fino ad oggi reso stabile dagli strati di ghiaccio sotterraneo, con lo scioglimento in atto scivola lentamente sul fianco della montagna. «È paragonabile a una sorta di colata lavica – aggiunge Remo Galli —. A Livigno sono presenti diversi Rock glacier, ma sono tutti inattivi. Questo invece, a 2.600 metri, si è messo in movimento. Naturalmente ci siamo mossi subito, realizzando lavori di somma urgenza. Centomila euro per mettere in sicurezza l’alveo dello Spol e proteggere le abitazioni che si trovano a valle del torrente Rin Da Clus. Abbiano completato un vallo paramassi per impedire che la lunga lingua di sassi e fango finisse nel fiume, il rischio era quello che si verificasse un effetto diga. Sono in programma altri interventi di sistemazione del reticolo. Grazie anche all’interessamento dell’assessore regionale Massimo Sertori, è stato attivato il monitoraggio satellitare. Geologi, università dell’Insubria, ufficio di territorio regionale, un’equipe composta da professionisti sta studiando il fenomeno. Stiamo raccogliendo dati per capire quali sia la soluzione migliore da adottare per fronteggiare l’emergenza».
A preoccupare è quello che potrebbe accadere la prossima primavera. «Livigno – conclude Galli» può rappresentare un laboratorio di studio di un fenomeno quasi inedito sull’arco alpino, che però nei prossimi anni, a causa degli effetti devastanti del cambiamento climatico, potrebbe essere destinato a non rimanere un caso isolato».