la Repubblica, 30 settembre 2024
L’"anvedi" romano
L’impresentabile si è presentata al Palazzo di vetro. Come il Mister Smith di Frank Capra o come il cowboy a New York, Everybody’s talkin’ at me, la borgatara quasi non ci credeva di parlare al Mondo: so’ Giorgia, anvedi aoh. Niente smorfiette, mossette e occhiatine, questa volta. C’è invece un’immagine che, da sola, ce le rivela antica e vera, un clic che l’acchiappa quando le mani stringono i microfoni e, dal podio delle Nazioni Unite come da un finestra, Giorgia alza il viso ed esibisce una soddisfazione tutta “de Roma”, il magnifico stupore dell’anvedi, perché il Mondo ascolta lei, proprio lei: davvero so’ io, anvedi aoh. Conservo in archivio un bellissimo articolo del mio collega Mario Aiello sul fascino speciale dell’anvedi che era l’espressione nel doppio senso della parola che dice e del volto che mostra – che più piaceva a Pasolini: «Quell’anvedi è l’unico caso, l’unico momento in cui il romano si scopre. Cioè rivela di possedere la capacità di stupirsi e di non essere sempre apparentemente cinico o distaccato. Perciò l’anvedi mi piace molto». Eppure, anzi anvedi, non c’è giornale che non abbia preferito scrivere che a New York Giorgia Meloni si “è rifatta il Pantheon” nel senso che ha rinnovato la biblioteca come se davvero, da quando è presidente del Consiglio, passasse le notti a leggere e a studiare la vita e le opere di tutti quei pensatori che ha citato, Prezzolini, Olivetti, Ronald Reagan, Roger Scruton e pure Michael Jackson. E nessuno ha invece raccontato la strabiliante meraviglia dei suoi occhi, quell’anvedi che non solo non ridicolizza, ma addirittura spiega tutte le citazioni da bancarella che sono, con evidenza, truccate, ma giustificano l’inaudito, danno al suo pensiero il look del conservatore, e tutti, complici della sua finzione, siamo contenti e sazi perché la nostra presidente s’è rifatta il trucco e ha ripulito il suo pensiero sporco e cattivo. E ora qualcuno le consiglia pure i filosofi cattolici, da Agostino d’Ippona a Del Noce e a Paul Ricoeur. È vero che saziarsi di un pensiero cucinato da uno staff di scimmie sapienti è come mangiare e bere da piatti e da bicchieri vuoti e poi alzarsi alla fine con il ventre pieno, ma bisogna dire che Italia in tanti hanno divorato piatti vuoti.
Berlusconi per esempio, quando non si vestiva da presidente operaio o da vitellone con la bandana o da cacciatore di renne con Putin, si fingeva esegeta di De Gasperi e una volta mi sfidò «a chi ne sa di più», ma poi se ne dimenticò. Anche a sinistra, a cominciare da Veltroni, in tanti si rifecero il Pantheon: Hannah Arendt al posto di Stato e rivoluzione, via Marcuse e dentro Popper, via le opere complete di Togliatti e dentro i fratelli Rosselli, Ernesto Rossi e Filippo Turati… Solo a Giorgia però è scappato quello sguardo di autocoscienza sull’Assemblea dell’Onu. Il volo felice del suo anvedi è stato un magnifico sorriso degli occhi, una breve fuga nella sincerità, una sguaiataggine sublime.