Corriere della Sera, 30 settembre 2024
Le ragioni degli aumenti dei prezzi delle auto
A seconda delle ricerche, i numeri cambiano leggermente, ma la sostanza no: i prezzi delle auto nuove sono aumentati in modo sensibile negli ultimi quattro anni.
Una delle analisi più recenti, quella del Centro Studi Fleet & Mobility dice che gli italiani hanno speso 46 miliardi di euro per comprare auto nel 2023, con una crescita del 22,3% rispetto al 2022. La spesa media per auto è salita dai 21 mila euro del 2019 – l’anno precedente la pandemia, non a caso – ai quasi 29 mila del 2023. Un +38% in soli quattro anni che colpisce perché nello stesso periodo l’Istat ha rilevato che l’indice armonizzato dei prezzi al consumo – che tiene conto di circa 2 mila prodotti considerati elementari per una persona – ha fatto registrare una variazione del 16,2%. Più del doppio della media, ma non basta. Perché le retribuzioni lorde, sempre secondo l’Istat, hanno perso in 10 anni il 4,5% del potere di acquisto e, al netto dell’inflazione, sono aumentate solo del 16% contro la media europea del 30,8%.
Viviamo la tempesta perfetta, con sempre meno soldi a disposizione e prezzi altissimi: comprare un’auto non è un piacere, ma un problema. Prova ne sia il mancato esaurimento degli eco-bonus per due tipologie: quella plug-in (poco amate in Italia; la quota sul mercato totale nel 2024 è ferma al 3,3%) e quella con emissioni tra 61-135 g/km di CO2 che rappresenta il 67,4% delle immatricolazioni. Parliamo di modelli popolari in fascia bassa o medio-bassa: Fiat Panda, Dacia Duster, Renault Captur, Toyota Yaris, Volkswagen T-Roc. Vero che l’incentivo per la rottamazione non è elevato (da 1.500 a 3.000 euro), ma è l’ennesimo segnale di scarsa propensione all’acquisto come conferma Michele Crisci, presidente dell’Unrae (l’associazione delle Case straniere). «Le auto, soprattutto se importanti, sono sempre costate, ma rappresentavano la priorità dopo l’acquisto di un’abitazione: oggi non è più così, al di là dei prezzi che sono aumentati soprattutto per i contenuti tecnologici esponenziali rispetto a quelli di 10-15 anni fa».
Ci sono analisi che, partendo dallo stipendio medio di un insegnante, valutano su dieci stipendi mensili l’acquisto di una Fiat 600 negli Anni 60 che costava 625 mila lire e su 12 quelli richiesti per una Fiat 500 di oggi dove il prezzo di ingresso è 17.700 euro: ma sono imparagonabili i tempi per gli aspetti socio-economici, galassie diverse per i valori tecnici delle due auto. Meglio confrontare i listini, quindi, prendendo ad esempio l’intramontabile Panda nella versione base, benzina e oggi ibrida leggero con 70 cavalli di potenza: nel settembre 2014, costava 10.710 euro, cinque anni dopo sale a 11.550 euro. Nel settembre 2022, la gamma parte da 14.750 euro, oggi siamo a 15.900 euro con un aumento rispetto al prezzo di partenza del 48,5%. Tantissimo, ma nello stesso arco temporale ci sono stati «salti in alto» maggiori, come quello della Volkswagen Golf (65% in più tra la settima generazione e l’attuale 8.5) e persino della vendutissima Dacia Sandero: il modello di ingresso (1.0 Essential da 65 cavalli) costa 13.250 euro, quando la versione Access della 1.0 da 75 cavalli richiedeva nel 2014 solo 7.450 euro.
«C’è un altro problema: la quasi sparizione delle auto di piccole dimensioni, per una strategia delle Case europee, e l’invasione delle elettriche ha alzato circa del 25% i listini medi e sconcertato il consumatore che si trova bloccato: ha solo una decina di city-car a disposizione quando nel 2012 erano quasi 30, trova solo Suv e “rifiuta” i modelli a batteria, a meno di incentivi pesanti», sostiene Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor. A chi dare la colpa? «Fino al 2019 i prezzi crescevano in media del 2,5%, circa 500 euro all’anno, poi il tasso di crescita è schizzato all’8,3% per il Covid e l’emergere dei problemi legati alle catene di fornitura. I costruttori, incapaci di produrre le auto richieste, hanno deciso di azzerare gli sconti e aumentare i listini. Così il combinato ha portato incrementi anno su anno che si sono rivelati un multiplo di quelli che eravamo abituati a vedere», risponde Pierluigi Del Viscovo, direttore del Centro Studi Fleet & Mobility. Per qualche esperto, la situazione tenderà a normalizzarsi nei prossimi mesi, ma il quadro generale resta preoccupante.
Secondo un recente approfondimento dell’Osservatorio Findomestic, il 66% degli italiani non può spendere più di 20 mila euro per una vettura nuova, il 14% ne può impegnare 10 mila al massimo, il 56% si dice costretto a rimandare l’acquisto soprattutto per ragioni economiche e solo il 7% pensa di cambiare auto entro il 2024. E il fattore costo indirizza le preferenze di un eventuale acquisto nel 73% dei casi.
«A frenare i progetti di sostituzione non sono unicamente i prezzi sempre più alti, ma anche l’incertezza sulla motorizzazione più adatta al periodo», ritiene Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic. Può essere, ma la sensazione prevalente è che la frittata sia fatta (male) da tempo.