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 2024  settembre 30 Lunedì calendario

Successo per Valentino di Alessandro Michele


Per pavimento specchi rotti e per scenografia arredi coperti da tele bianche: perché?
«Ho pensato di ricostruire questa immagine di grande fragilità, come se fossi entrato nella casa di qualcuno altro – risponde Alessandro Michele dopo lo show –. Uno spazio intimo, personale, non un ufficio. La casa di Valentino, appunto. Volevo proteggere le cose preziose che c’erano dentro. Gli specchi infranti simbolo della fragilità di questo incedere della vita».
La musica, quasi una ballata, ossessiva.
«È una canzone popolare che ho riscritto sul tema della finitudine della vita. Mi ricordava il lavoro di Valentino e tutte le cose che ha fatto con grande amore per la bellezza e sì, la frivolezza, vista come leggerezza che è necessaria, dunque utile, per vivere. Toccando le sue cose ho capito che c’era una grande consapevolezza di questa vita così preziosa».
Una collezione ricchissima di citazioni. Non ha avuto paura di aver detto anche troppo?
«Avevo la necessita di dire molto. Di mettere il timbro. Poi ci sono idee che non vengono dall’archivio, ma le ho immaginate. Mi riferisco agli anni Ottanta. E comunque tante cose si possono fare soltanto in questa maison. Lui non immaginava certo una vita semplificata. Chiunque sarebbe impazzito di fronte a quei vestiti. Ho detto molto, perché c’è molto. Per esempio, i pois io non li ho mai amati. Ma non ho resistito. Ci fosse stato Davide Renne (il suo storico braccio destro scomparso quest’anno ndr) qui avrebbe detto “in tutti questi anni mi hai tolto tutti i pois dalla collezione e ora guarda...”. Ma sono così potenti con i volant e i plissé mi piacciono. C’è anche un abito che non ho neppure toccato da tanto era perfetto: una colonna di chiffon a pois!».
Sempre dell’idea di ridurre le sfilate?
«Ci provo. Con Jacopo (Venturini, ceo, ndr) vedremo».
Cosa ha cercato negli archivi?
«Le cose dimenticate. Spesso riconducibili a qualcosa di teatrale. Per esempio i colli alla Pierrot, che erano su giacche pazzesche che non ne avevano bisogno. Però mi emozionavano».
2012, la storica uscita sulla passerella di Gucci, 2024, il debutto qui da Valentino.
«Purtroppo per me, sono molto emotivo. Ogni show è come il primo appuntamento con una persona che ti piace. Con lo stomaco sottosopra e tutto il resto, avevo una paura pazzesca, ebbene sì».

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Parigi – La storia continua, in un «labirinto del cuore». Applausi scroscianti, liberatori, di amici e parenti e fan. Che sono tanti. Standing ovation incuriosita. Alessandro Michele is back . Ri-debutto da super star qui alla Fashion Week di Parigi con il suo Valentino che è lui. In una sala che sembra una casa abbandonata da anni dove ogni suppellettile è ricoperta di drappi bianchi e dove per pavimento sono specchi infranti, la musica irrompe. La traccia riempie il silenzio, «bisogna gioire» canta e recita una voce ossessiva: è una vecchia ballata di strada, spiegherà poi lo stilista. Poi quel rumore di cose che si infrangono. Il nuovo romanzo comincia e alla prima già è chiara la trama con Valentino Garavani protagonista e Alessandro Michele autore.
Look numero uno, e due, e tre, e quattro e via ancora: un tuffo negli anni ‘60, ‘70 e ‘80, un codice dopo l’altro, dai fiocchi ai pois, ai volant, alle cinturine, agli abitini svelti e per bene, ai lunghi un po’ folk, alle giacche precise, le calze di pizzo, le bluse sbuffanti, i pantaloni diritti, foulard e guanti, occhiali e gioielli. E borse e borsette, tacchi e tacchetti. Tutto ricorda il fondatore e quella femminilità così leggera, frivola nella sua accezione positiva; tutto riporta al nuovo costruttore che se da sempre si definisce «un frullatore estetico», figurarsi ora con l’accesso a quel’antro delle meraviglie che sono gli archivi della maison romana.
Non si cominci con i paragoni. Non sono possibili. Non sono giusti. Perché ci sono di mezzo le identità. Nel rispetto di entrambe. Sono loro. Dirà poi Giancarlo Giammetti, il socio storico del couturier, a fine show: «Un grande colpo di maestria: interpretare abiti di sessanta anni fa, in una maniera così rispettosa, così fedele. Dimostra che la moda non ha tempo, ed è l’essenza di questa collezione».
Michele esce persino un po’ timido e impaurito, visibilmente emozionato, con i suoi lunghi capelli e il suo cappellino e i suoi jeans e la sua camicia a scacchi. La nuova avventura è ai suoi piedi: un paio di ballerine con una piccola V.
Ci sono gli amici lì fuori ad aspettarlo: da Harry Style a Jared Leto e Damiano David ed Emma Marrone, Paolo Sorrentino, Elton John, Alessandro Borghi. Sulle sedie le note che introducono il titolo dello show «Pavillon des folies», commuovono, anche loro: «La bellezza può costituire un rimedio all’angoscia che si genera di fronte alla natura caduca e indeterminata del nostro destino. Un ancoraggio per navigare all’interno di quel “pavillon des folies” che chiamiamo vita. Tutt’altro che fugace e inconsistente, la bellezza è, infatti, in grado di produrre conforto e di accoglierci in un abbraccio che conserva il calore dei corpi». Bentornato Alessandro.
(…)
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