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 2024  settembre 30 Lunedì calendario

A Parigi tornano di moda i «bouillon»

Parigi – Alle ore 11 di domenica mattina, sotto all’insegna rossa con la freccia che indica l’ingresso, in rue du Faubourg a Montmartre, c’è già la coda: sono abitanti del quartiere dei Grands Boulevards che non avevano voglia di cucinare né di spendere una fortuna per un più sofisticato brunch, mescolati ovviamente ai turisti, come ovunque a Parigi. «Fare la spesa ormai costa così tanto che pranzando a casa non risparmieremmo poi granché – dice Paul Girandine, un impiegato quarantenne con moglie e figlio di 10 anni –. Almeno qui veniamo serviti, ed è un posto famigliare, i camerieri ci conoscono». 
Dietro di lui in coda c’è una coppia di americani arrivati dal North Carolina per una «Paris experience» di una settimana: venerdì sera stadio per Psg-Rennes – «ma non c’era Mbappé, non sapevo fosse andato al Real Madrid», dice Casey Avery –, domenica cucina classica francese, senza spendere una fortuna.

Come loro sono centinaia, ogni giorno, a mettersi in coda da Chartier e negli altri «bouillon», i ristoranti che promettono qualità tradizionale a buon prezzo. Se un marciapiede di Parigi, a qualsiasi ora del giorno e della sera, ospita una coda che qualche volta è lunga decine di metri, è probabile che un bouillon sia nei paraggi.
L’atmosfera di una vecchia stazione ferroviariaQuando vi sentite un po’ come degli Marcel Proust squattrinati, Chartier (o uno degli altri bouillon) è il locale che fa per voi. La grande sala su due piani, aperta nel 1896 dai fratelli Frédéric e Camille Chartier, ricorda una vecchia stazione ferroviaria tra grandi specchi, ventilatori a pala e lampade tonde, ed è ormai protetta dallo Stato come monumento storico. Qui l’oeuf mayo (la più tradizionale delle entrée tradizionali) ovvero l’uovo sodo con la maionese costa 2 euro, e anche i piatti principali sono a buon mercato: la tête de veau sauce gribiche (totem della cucina rurale) ne costa 11. 
Tra i dessert, mousse au chocolat e profiterole «Chartier» sono a meno di 5 euro. Chartier Grands Boulevards è l’«unico e autentico bouillon parigino», si legge sulle tovaglie di carta, ma ormai è imitato da una trentina di altri bouillon, sempre più alla moda a Parigi e nel resto della Francia: ristoranti che propongono cucina tradizionale francese a prezzi ragionevoli in locali che evocano la Parigi della belle époque.
Tra mensa e piroscafoSi viene a mangiare qui per l’atmosfera, a metà tra mensa aziendale e piroscafo per le Americhe, per i camerieri in camicia bianca e gilet nero che cantano «joyeux anniversaire» a chi festeggia il compleanno, imitati da tutta la sala che applaude, e per una formula chiara: un pasto deve costare circa 20 euro a persona, non di più. Meno di un terzo di quanto si pagherebbe in qualsiasi altro ristorante parigino.
Il miracolo si compie grazie a una formula studiata nei minimi dettagli, e al centesimo: il locale è aperto tutti i giorni dell’anno dalle 11.30 a mezzanotte, anche a Natale e Ferragosto; le materie prime sono di qualità ma ordinate ai grossisti in quantità gigantesche per ottenere sconti importanti; i clienti vengono serviti con grande rapidità e, di solito, comprendono la situazione e lasciano il preziosissimo tavolo subito dopo il caffè. Da Chartier e negli altri bouillon tutto è calcolato al grammo. Le porzioni sono giuste, prive di ricercatezze ma di buona qualità, già preparate, poi riscaldate e impiattate con non più di tre gesti (altrimenti salta il ritmo di tutta la catena).
Modello vincenteA inizio Novecento a Parigi si contavano almeno 200 bouillon, poi è rimasto solo Chartier, adesso sono decine e altri stanno per aprire, a Parigi e in tutta la Francia. Questa è la novità: per molti motivi, dal calo del potere d’acquisto a una forma di ripiego nostalgico sulla cara vecchia coscia di pollo con le patate, nel 2024 il bouillon è una delle tendenze consolidate della Parigi gastronomica.
Il primo locale a chiamarsi bouillon venne aperto a Parigi nel 1854 ed ebbe grande successo anche per la novità di una scheda precompilata che andava riconsegnata alla cassa per pagare. Una trovata di grande efficienza, che dava a quel tipo di locale un sapore di modernità e rapidità da era industriale: nell’Ottocento il bouillon era avanguardia, ma restando sempre uguale a se stesso oggi è diventato un rassicurante rifugio retro.
 
I più severi bollano il bouillon come un’attrazione alla Disneyland, una vecchia Parigi ricostruita per la nuova classe media cinese e per americani del New Jersey. Ma dal 1896 a oggi Chartier non ha mai smesso di offrire le sue escargots, e l’atmosfera complessiva ha una sua autenticità grazie anche ai tanti habitué del quartiere: «Vengo qui da quando sono bambina, mi ci portavano i miei nonni – dice Marie-Christine, una signora sulla settantina che abita in rue du Conservatoire, a pochi minuti a piedi da qui –. E adesso sono io a portarci i miei nipoti. Parigi si è trasformata, ma certe volte fa piacere vedere che certi posti non sono cambiati».
All’origine, il brodoLa parola che dà il nome a questo tipo di ristoranti, bouillon, significa brodo, che secondo il padre della cucina francese moderna Auguste Escoffier «rappresenta la base fondamentale, l’elemento di prima necessità senza il quale niente di serio può essere intrapreso». Era per offrire ai viandanti il bouillon ristoratore che nel Settecento nacquero i primi locali chiamati appunto ristoratori o restaurant, nome poi passato in modo identico all’inglese e al tedesco, e con modifiche minime nell’italiano ristorante e nello spagnolo restaurante.
Nel corso del Novecento la moda dei bouillon era poco a poco scomparsa, soppiantata da quella delle brasserie, le birrerie aperte da alsaziani come Léonard e Pétronille Lipp, arrivati a Parigi per restare francesi dopo che Strasburgo e tutta la regione erano state conquistate dai prussiani. Le brasserie offrono gli stessi piatti tradizionali a un livello più ambizioso. Ma la storica brasserie alsaziana Chez Jenny in place de la République, celebre per la sua choucroute (crauti e carni miste), di recente ha chiuso i battenti per fare a sua volta posto a un nuovo bouillon.
Oggi ci si mette in coda davanti a Chartier o agli altri bouillon rinati, come il Pharamond, o il Julien, o il Racine, non certo per gusto della modernità come a fine Ottocento, ma semmai per nostalgia di un tempo che non si è vissuto. Un’alternativa autoctona ai fast food.
L’alta gastronomiaA Parigi, come in ogni grande metropoli globale, si trova tutto. L’alta gastronomia dei dieci ristoranti con tre stelle Michelin, i ristoranti etnici e le loro mode — dai dim sum alla nuova invasione di ristoranti italiani di livello medio-alto —, ma forse solo a Parigi, la città più di ogni altra associata a eleganza e ricercatezza, c’è questa continua tentazione di giocare con la tradizione popolare.
bouillon sono anche una reazione a qualche altra mania contemporanea: l’ossessione per la presentazione e la sperimentazione a tutti i costi, i piatti più belli che buoni offerti nei ristoranti tarati sull’estetica Instagram alla Emily in Paris, che ora all’esterno sono spesso semi-sepolti da montagne di fiori finti, altra nuova – e discutibile – tendenza della ristorazione parigina. Nella città-mondo delle start-up e delle contaminazioni gastronomiche e non, i bouillon sono una specie di omaggio a quella che il generale de Gaulle chiamava, un po’ confusamente, «una certa idea della Francia».