Domenicale, 29 settembre 2024
Diffidare della faciloneria
«Puntare solo sulle cose difficili, eseguite alla perfezione, le cose che richiedono sforzo; diffidare della facilità, della faciloneria, del fare tanto per fare. Puntare sulla precisione, tanto nel linguaggio quanto nelle cose che si fanno».
Così rispondeva Italo Calvino ad Alberto Sinigaglia che lo intervistava nel 1982. Le sue sono parole spoglie di ornamenti e, proprio per questo, incisive. Lo sono anche e soprattutto oggi, a distanza di oltre quarant’anni, quando la tecnologia sembra aver reso tutte le cose agevoli, comode e apparentemente facili. Ed è così che si scivola nella faciloneria. Essa è subito accompagnata da una corte di sorelle come la superficialità, l’approssimazione, la banalità, la corrività. Lo stesso linguaggio è spesso un flusso spontaneo di parole che ignora ogni controllo e, tanto meno, ogni cesello; le scelte operative fluiscono senza nessuna ponderatezza; il pensiero sfarfalla senza riflessione; appena si presenta un sentiero d’altura che esige sudore, pazienza e fatica, si ritorna a valle e alle sue strade senza asperità.
La stessa educazione in famiglia e nella scuola si adatta ad esigere il minimo; guai a proporre uno stile di vita sobrio e impegnato e uno studio serio e costante; la rinuncia è esorcizzata lasciando spazio a tutto ciò che è di moda. Ed è così – come diceva già nel Seicento La Rochefoucauld – che a furia di accontentarsi delle piccole cose, si diventa del tutto incapaci delle grandi. E, per continuare con Calvino, ritorniamo anche alla precisione e alla sobrietà nelle parole e negli atti. Per le sue partiture Brahms confessava: «Comporre non è difficile, estremamente difficile è eliminare le note superflue».