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 2024  settembre 29 Domenica calendario

Intervista a Monica Bellucci

San Sebastian – «Moooniiicaaaaaaa!». Decine di urla scuotono il Festival di San Sebastian quando sul red carpet arriva Monica Bellucci, qui per presentare il documentario Maria Callas: Lettere e memorie. Subito dopo partirà per Lucca dove è la testimone al matrimonio tra l’amica Ilaria D’Amico e Gigi Buffon. Ad accompagnarla il compagno, il regista Tim Burton, per cui ha recitato in Beetlejuice Beetlejuice, tuttora in sala dopo la prima alla Mostra di Venezia. I due sono sempre per mano, felici di mostrare al mondo il loro amore, sbocciato dopo l’incontro casuale due anni fa al festival di Lione, e che per l’attrice arriva dopo il lungo matrimonio con Vincent Cassel, da cui sono nate le figlie Deva, 20 anni, modella e attrice, e Léonie, 14 anni.«Non sono diva né divina», sorride l’unica vera diva italiana internazionale. Affascinante, alla soglia dei 60 anni che compie domani, come nel 1991 quando iniziò la carriera d’attrice con La riffa. «È un momento molto felice per me – racconta –. Ancora oggi ho una grande passione per il mio lavoro, ma naturalmente invecchiando è cambiato il mio modo di guardare le cose rispetto a quando ero giovane: ho maturato una certa distanza rispetto ai miei film, e la mia vita privata, le mie figlie e i miei amici sono più importanti di ogni altra cosa. Essere ancorata alla realtà, fuori dal set, è sempre stato il mio modo di trovare l’equilibrio nella mia vita: era così anche quando avevo 16 anni e partivo da Città di Castello, la mia città, per andare a Milano o Parigi a sfilare. Poi tornavo a casa e al liceo e rimettevo i piedi per terra».
Come ricorda l’inizio di questo lungo viaggio?
«Guardavo tre film al giorno, e amavo tutto il mondo collegato alle immagini. Recitare era il mio sogno fin da ragazzina, ma l’idea di poter diventare un giorno attrice mi pareva impossibile».
L’amore per il cinema è merito dei suoi genitori, papà Pasquale (morto proprio quest’anno, ndr) e mamma Brunella?
«In parte: sono figlia unica e quando andavano al cinema a vedere film troppo adulti per me, tornati a casa me li raccontavano. Però non ho mai capito da dove viene questo desiderio di recitare: sono l’unica in famiglia che ha sviluppato questa passione».
Di sicuro però l’ha trasmesso alle sue figlie.
«Sì, però senza forzarle. Deva ha 20 anni e mi ricorda me alla sua età: fa la modella e l’attrice. Léonie è ancora piccola, ne ha 14, e un’inclinazione per l’arte ma non so cosa farà da grande. Per loro fortunatamente non sono un’attrice ma la mamma: mi preoccupo se mangiano, dormono, studiano e di sapere chi frequentano».
L’incontro di vita con Tim Burton è anche un sodalizio artistico. Come ha reagito quando le ha chiesto di interpretare Dolores, la sposa malvagia di Beetlejuice?
«Mi sono messa a ridere, ho pensato fosse divertente. Non ho interpretato molte cattive in carriera, forse solo la vampira del Dracula di Francis Ford Coppola. Lavorare con Tim è fantastico, è incredibilmente creativo: in fondo il personaggio esisteva già nei suoi disegni, io l’ho solo incarnato. Per me Dolores è una metafora della vita: anche se è letteralmente una donna fatta a pezzi che viene ricomposta, mostra che si può essere forti anche quando si hanno diverse cicatrici emotive».
Maria Callas, che lei ha interpretato a teatro, era fragile e sola. Lei come affronta l’inevitabile solitudine dell’artista?
«Per me la solitudine non deve essere necessariamente negativa, ma può essere anche utile, perché quando hai bisogno di creare devi conservare la tua energia e guardare dentro di te. Certo Maria Callas è riuscita a trasformare sé stessa attraverso il canto e la recitazione e ad essere chi voleva grazie al proprio talento, ma purtroppo non riusciva a controllare il proprio cuore».
Maria era una cittadina del mondo, nata a New York, vissuta in Grecia, diventata famosa in Italia. Si riconosce?
«Sì perché ho girato film in America e in tutta Europa, e vivo da tanti anni a Parigi. Però ho solo un passaporto e mi sento profondamente italiana».
È un momento importante per le donne: film come Babygirl o Emmanuelle diretti da registe parlano del piacere femminile, un tema raramente affrontato da questa prospettiva. Che ne pensa?
«Se oggi si parla di certi temi e le donne nella società e nell’industria del cinema possono esprimersi più facilmente è proprio grazie all’impegno di donne come Maria Callas: alla sua epoca ha dovuto lottare per poter essere indipendente, e ha divorziato in un momento in cui il divorzio era proibito. Ha difeso le sue scelte accettando i rischi e ancora oggi può essere considerata un simbolo femminile, una fonte di ispirazione. Personalmente sono felice non soltanto di potermi innamorare ancora alla mia età, ma anche di potermi mantenere col mio lavoro, una cosa che a dirla oggi pare scontata, ma certamente non all’epoca della Callas, quando alle donne non era permesso nemmeno di invecchiare».
Lei teme il momento in cui si spegneranno i riflettori?
«No, non si può stare sempre in prima linea. È giusto, prima o poi, diventare spettatori e far volare le nuove generazioni».
Ha paura dell’intelligenza artificiale che magari potrà sostituire il lavoro degli attori?
«Credo che non si possa arrestare il progresso e se verrà usata in modo positivo potrebbe portare dei vantaggi. Non mi preoccupa per me quanto per le future generazioni».
Che ne pensa del fatto che gli attori oggi vengano scelti attraverso i social?
«Anche questo fa parte del progresso: di recente un regista mi ha detto di aver trovato il protagonista di un film su Instagram. Diventare attore o attrice è difficilissimo, è complicato trovare qualcuno che creda nel tuo talento. Quindi ha senso farsi conoscere attraverso i social. Sono uno strumento in più per tentare di realizzare i propri sogni».
Come vede il suo futuro?
«Mi piace dire che non so cosa farò e questo è ciò che amo del mio lavoro: non so quale sarà il mio prossimo film, ma aspetto che un nuovo progetto arrivi ad appassionarmi. Come quando ero bambina e sognavo di recitare o, come si dice in inglese, giocare. Perché il cinema è un gioco che ti fa sentire giovane per sempre».