Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  settembre 29 Domenica calendario

A casa di Zibì Boniek

Nel giardino condominiale c’è un campetto di calcio. Zibì Boniek raggiunge alcuni bambini e, un po’ a pregustarsi la scena, chiede se può fare qualche tiro in porta. «Non conoscendomi, pensano che sia un boomer. Ma dopo mi dicono: “Tu, da dove vieni?!” Quasi fossi sceso da Marte».Il vicepresidente della Uefa, un passato glorioso alla Juventus e poi alla Roma di cui è rimasto grande tifoso, vive da 20 anni in un appartamento ai Parioli, vicino agli impianti sportivi dell’Acqua Acetosa. «Un condominio semplice, nulla a che vedere con i palazzi eleganti del quartiere. Una casa dolce e comoda che mi trasmette tranquillità, un’oasi di pace gestita da mia moglie Wisia con la quale festeggio 48 anni di matrimonio. Ci siamo conosciuti al liceo nella nostra città di Bydgoszcz. Lei non è mai venuta allo stadio. Nell’ 85, dopo aver segnato due gol con la Juve nella finale di supercoppa europea contro il Liverpool, rientrai a mezzanotte e la trovai che dormiva. Mi disse solo: Come è andata? Avete vinto o perso?. Il calcio, varcata la porta di casa, è sempre rimasto fuori».Eppure, guardando bene sulle mensole del luminoso salotto, alcuni indizi calcistici ci sono eccome: Coppa Italia vinta nell’83 con la Juve, Coppa delle Coppe vinta nell’ 84 a Basilea contro il Porto e Coppa Italia vinta nell’86 con la Roma. E poi, sopra il caminetto, ecco un orologio Patek Philippe che è forse il trofeo più importante: «Nell’85 me lo regalò Gianni Agnelli con il seguente biglietto: “Senza di te non saremmo mai arrivati fin qui”. Il presidente della Juve, presentandomi Kissinger negli Usa, mi definì “Bello di notte”, perché giocavo la sera nelle coppe, mentre Michel Platini lo chiamava “Bello di giorno”». Per restare in tema calcistico, apre l’armadio e tira fuori la maglia dellanazionale del suo Paese ai mondiali dell’82, quando la Polonia arrivò in semifinale contro l’Italia. Poche le foto con le glorie calcistiche, tantissime quelle con la moglie, i tre figli Karolina, Tomasz, Camilla e con i sette nipoti, che vanno dai 4 ai 20 anni, e con i quali d’estate si ritrova nella casa a Fregene. «Al mare organizzo un vero ritiro sportivo, competizioni da mattina a sera: calcio, tennis, nuoto». Anche i cavalli sono un’altra passione: «Da 38 anni ho una scuderia di trottatori. Una delle mie cavalle, Diabel, recentemente è arrivata prima in Svezia. Come fantino non professionista ho vinto 35 gare su 300». A qualsiasi ora si addormenti, Zibì si sveglia sempre alle 7 e va a camminare a Villa Ada o a Villa Borghese con il cane Poli: un esuberante Lagotto che gioca con un mini pallone da calcio. Alle 9.30 fa colazione al bar, raggiunge il suo ufficio ed è a casa per l’ora di pranzo. «Poi vado al circolo Parioli, dove faccio sport e gioco a bridge. Rientro a casa verso le 17.30 e mi dedico alla famiglia. Giornate tutte uguali e tutte bellissime. Una routine che mi porto dietro dallo sport, che mi aiuta a vivere bene».Per usare le stesse parole di Boniek, la sua casa ha proprio un “accento polacco”. «Sono i quadri a determinarne lo stile: ritratti femminili nel soggiorno, Napoleone a cavallo sopra il caminetto». C’è poi una foto con il pontefice Wojtyla, mentre in un’altra stringe la mano a papa Francesco. Ma l’angolo della casa che ha di più il sapore della sua terra è sicuramente la cucina, con le zuppe preparate da Wisia e che Zibì definisce favolose. «Mangiamo soprattutto alla polacca e nel frigo non manca mai nulla». Una casa accogliente, un giusto mix tra Polonia e Italia, con la camera da letto che racchiude una collezione di cuori sacri sopra la testata e una stanza pronta a ospitare figli e nipoti, le cui foto tappezzano una parete con la scritta: “Le cose importanti nella vita non sono cose”. Nello studio campeggia una grande veduta di New York, città amata dalla moglie, ed è appeso un guantone firmato Mike Tyson. Tv dedicata alle serie e libri soprattutto di Grisham. «Ho sempre viaggiato molto. Ricordo ancora la volta che a inizi anni Novanta fui chiamato a San Pietroburgo per giocare la partita Russia contro Resto del mondo e mi avvicinò l’allora responsabile della sicurezza. Sul biglietto da visita c’era scritto Vladimir Putin. Chissà in quale cassetto è finito. Con Wisia vado spesso a trovare mio figlio che vive a Londra, qui ci stiamo poco. Ma quando torno a Roma, che è anche la mia squadra del cuore, mi sento subito felice».