Corriere della Sera, 29 settembre 2024
Intervista a Thomas Ceccon, nuotatore
Thomas Ceccon è appena stato ricevuto al Quirinale, però non è tipo da cerimonie. «Mattarella è una persona di spirito, alla mano. Ma credo che negli impegni formali si annoi pure lui. Ha dovuto premiare un centinaio di atleti, compresi quelli arrivati quarti: non finivano mai...».
Si è discusso molto sui quarti posti, su Benedetta Pilato che si è dichiarata contenta.
«Benedetta è una ragazza molto espressiva. Aveva nuotato benissimo dopo un periodo difficile, con tre decimi in meno avrebbe vinto l’oro. Criticarla è sbagliato».
Ma gli atleti per vincere devono essere «cattivi», agonisticamente feroci?
«Certo. Per arrivare a una finale olimpica, devono esserlo un po’ tutti. Nessuno è lì per partecipare».
E gli allenatori?
«Anna, la mia prima allenatrice, era severissima. Mi gridava dietro, mi correggeva a ogni vasca. Agli altri ragazzi invece non diceva nulla. Aveva intuito che io avevo qualcosa in più. Poi è arrivato Alberto».
Alberto Burlina, il suo allenatore. Che invece era buono.
«Che era molto più severo. Certo più di quanto non sia adesso. È un uomo buono, ma quando si arrabbiava ti guardava con certi occhi, cacciava urla terribili... Poi ha capito che in quel modo sprecava troppa energia».
Thomas, qual è il suo primo ricordo?
«Ho tre anni, e mi buttano in acqua».
E cos’ha fatto?
«Cosa dovevo fare? Ho nuotato».
E non ha avuto paura?
«La prima volta che mi hanno messo nell’acqua alta, sì. Poi ho scoperto che mi divertiva».
Dicono che lei abbia un talento quasi soprannaturale per il nuoto.
«Si chiama acquaticità. È una cosa innata, che non si insegna. Ci sono quelli che galleggiano meglio, che spostano più acqua con una bracciata. Ho studiato i video di Phelps. Sposta una quantità d’acqua impressionante. Il gesto perfetto».
E lei?
«Io sento il tempo che faccio. Lo calcolo dentro di me. Quando arrivo, guardo il tabellone e lo verifico. Di solito sbaglio di un decimo, massimo due».
Però così facendo è rimasto fuori dalla finale dei 200 metri dorso.
«Ero stanco. Quando mi alleno, di solito dormo a fine mattinata. Quando ho le gare, il pomeriggio. Ma nel villaggio olimpico faceva un caldo mostruoso e non riuscivo a dormire né la mattina, né il pomeriggio, né la sera».
La sua foto mentre a Parigi sonnecchia in giardino ha fatto il giro del mondo.
«Se non altro sono riuscito a riposare un quarto d’ora».
È riuscito a vedere Parigi?
«Un po’. Non è una brutta città. Carina».
Anche nella staffetta avete mancato la finale.
«Ho capito che devo tirare di più nella mia frazione. Ma dobbiamo farlo tutti. Nel 2022 abbiamo vinto il Mondiale. A Parigi siamo usciti con un tempo scandaloso».
Dicono anche che lei abbia un fisico ideale per il nuoto. Com’è il suo fisico?
«Gambe corte, busto lungo, spalle larghe, bacino sottile».
Dicono che avrebbe potuto riuscire in qualsiasi sport.
«Non lo so. Ho provato soltanto il tennis».
Chi è il suo idolo?
«Rafa Nadal. Il più grande combattente nella storia dello sport. Anche adesso, che non ne ha più, rifiuta di arrendersi, ci prova ancora, perché gli piace, perché si diverte, perché è la sua vita».
È vero che a quindici anni lei disse al suo allenatore: io vincerò l’oro alle Olimpiadi?
«È vero. Eravamo in macchina. Alberto mi disse di darmi una calmata. Ma io, dentro di me, sentivo che sarebbe successo».
La medaglia d’oro era diventata la sua ossessione.
«Dicevo: o vinco, o non c’è nient’altro. In pochi sono così brutali. Avevo già fatto il record del mondo, che è più difficile, ma meno importante: magari resiste dieci anni, però prima o poi sarà battuto. La medaglia d’oro, invece, nessuno potrà mai portartela via».
La sua è stata definita la generazione ansiosa. Anche lei è ansioso?
«Molto. Ed è giusto avere ansia. Vuol dire che ci tieni, che stai provando a fare qualcosa di importante».
Come la supera?
«Non c’è un metodo. Te la tieni, e cerchi di trasformarla in adrenalina».
Ascolta musica?
«Non prima della gara. Adesso magari provo».
Qual è il momento di maggior tensione di una finale olimpica?
«La pre-chiamata. Quando senti dire il tuo nome, perché tocca a te».
E dopo passa?
«No. Dopo è sempre peggio».
Anche in gara?
«No. In gara finisce tutto. Dopo lo sparo sono concentrato soltanto su quello che faccio».
E in finale cosa ha fatto?
«Ho cercato di lasciar sfogare gli altri, in particolare il cinese, mantenendo le energie per il finale, ma senza farmi staccare troppo».
Alla fine è rimasto a lungo in bilico sul cordolo, a guardare il tabellone, quasi incredulo...
«Il tabellone è lontano settanta metri. Escono i tempi, le corsie, i nomi, il riepilogo, e tu sei stanco, ti togli la cuffia, ti togli gli occhialini... È facile sbagliarsi. Pensa che figura in mondovisione, se esulti e invece hai perso».
Lei non ha perso. Cos’ha provato? Paltrinieri ha detto di non essersi sentito felice.
«È una sensazione impossibile da descrivere. Ti senti in balia di tutti. E non sai cosa fare. La gente, gli applausi, gli inni, le interviste...».
Lei ha detto che le interviste dopo la vittoria olimpica se l’era preparate prima. Come se fosse certo di vincere.
«Ero favorito. Avevo visto un video proprio di Greg che diceva “ho sempre sognato di fare quest’intervista” e volevo dire lo stesso; ma non mi è riuscita bene. Non dovrebbero farci parlare appena usciti dall’acqua».
E adesso come si sente?
«Svuotato. Più vinci, più vai su; ma più vai anche giù. Fatico a ricominciare la vita di sempre. Sono spiazzato. Vado a letto all’ora in cui di solito mi alzo, le sei del mattino, anche alle sette. Dormo fino alle due di pomeriggio».
È venuta meno la motivazione?
«La ritroverò. Ne avevo una fortissima».
La medaglia d’oro, no?
«Non solo quella. Ma non so se sono pronto a dirla».
Non ce ne andiamo da qui finché non la dice.
«Lasciamo perdere, dai».
Ormai i lettori del Corriere se la aspettano.
«La motivazione all’inizio è venuta da una delusione d’amore. Da un tradimento. Scoperto sui social. Ho visto la ragazza che amavo su Instagram con un altro. Anche se lei ha provato a negare».
Quand’è successo?
«Avevo diciotto anni. Era la seconda volta che ero innamorato, non mi succedeva da ragazzino. Un colpo duro. Lei era una bravissima persona, ma insomma è finita, e io mi sono gettato nel nuoto e nelle gare anche per sfogare la rabbia, anche perché avevo qualcosa in più da dimostrare a qualcuno. Mi viene in mente Dante...».
Se Beatrice gli si fosse concessa, forse non avrebbe mai scritto la Divina Commedia.
«Che è molto più importante di una medaglia d’oro olimpica. (Thomas sorride ). Quando le cose vanno bene, ti annoi. Il dolore ti tira fuori il meglio».
Adesso è fidanzato?
«C’era una persona. Le voglio bene e mi vuole bene. Una ragazza più grande di me: non mi ci vedo con le ragazzine. Però prima di Parigi è finita, peccato perché stavo bene con lei, ma cerchiamo cose diverse, lei una famiglia, io ho altre due Olimpiadi davanti. È difficile fare insieme l’atleta e il fidanzato».
Nel frattempo lei è diventato un sex symbol.
«Non ho mai pensato di essere bello. Sono trasandato, d’inverno mi lascio crescere i capelli, ho foto orribili».
Di persona è ancora più bello che in tv.
«Diciamo che sono discreto. Ma non mi piacciono le immagini da social, perfettine, un po’ finte. Non fanno per me».
A Verona lei si è allenato nella piscina di Federica Pellegrini. Cosa rappresenta per lei?
«Niente».
Come niente?
«Non è mai venuta a dirmi una parola. Si fa i fatti suoi, e io mi faccio i fatti miei. L’ho vista allenarsi tantissimo. L’ho ammirata come sportiva. Per il resto, sinceramente, no».
È vero che in Nazionale ha subito un po’ di nonnismo?
«È vero. Forse è stata anche colpa mia: ero molto giovane, facevo casino. Però un atleta più grande, se vuole spiegarti come ci si comporta, può avere altri modi che non riempirti di olio la valigia con i vestiti».
Qual è la sua giornata tipo?
«Sveglia alle 6.30. Colazione...».
Alla Phelps? Uova e bistecche?
«No. Un toast, il latte. Alle 7.30 sono in piscina per il riscaldamento, dalle 8 alle 10 in vasca. Provo tutti e quattro gli stili. Poi vado a casa, mangio un panino al prosciutto o una piadina, e dormo. All’una e mezzo pranzo – riso o pasta o gnocchi e un secondo —, mi riposo fino alle 4, e torno a nuotare altre due ore. Poi cena, sempre primo e secondo, e a letto».
Tutti i giorni?
«Il sabato concentro gli allenamenti alla mattina. Domenica libera. Ma il sabato sera esco malvolentieri. Posso stare in casa tutto il pomeriggio, e pure il giorno dopo».
E non si annoia?
«No. Nuotare mi piace. E poi avevo la motivazione che vi ho detto».
Esiste il doping nello sport?
«Per me, sì. Ma non puoi dire che qualcuno è dopato, finché non lo beccano».
Legge?
«Le biografie dei grandi nuotatori: Phelps, Paltrinieri, Peaty. Mi interessa Freud. Ho iniziato “Introduzione alla psicanalisi”, ma sono fermo ai due terzi».
Film?
«I pirati dei Caraibi».
Serie tv?
«Breaking bad».
Com’è la sua famiglia?
«Mi ricordo mia bisnonna, Assunta. Nonno Giovanni era nato a Johannesburg, parlava bene inglese. Papà fa l’infermiere. Ha fatto molti sacrifici per consentirmi di nuotare. I turni di notte, per guadagnare di più e avere la giornata libera per portarmi agli allenamenti: un’ora e mezza per andare da Schio a Vicenza e ritorno, più l’attesa. Poi per fortuna sono arrivati i primi soldi».
Quanto ha guadagnato con le medaglie?
«A Tokyo, come a Parigi, erano 180 mila euro per l’oro, 90 l’argento, 60 il bronzo; da tassare però. Io a Tokyo ho vinto un argento e un bronzo in staffetta, a Parigi un oro e un bronzo».
Poi lei si è trasferito a Verona, e la famiglia si è divisa.
«Sì. Mio fratello Efrem è andato a fare l’infermiere, come papà. Ora ci sentiamo poco, e mi manca il rapporto di prima, perché mio fratello è timido, ero io che lo portavo fuori, in discoteca. In famiglia non parliamo tanto. Mamma ha affidato il negozio di vestiti alla nonna per seguirmi e vivere con me. Meglio così: papà è più severo, se dice che si mangia alle sette si deve mangiare alle sette. Mi costringeva a lasciare il telefonino al piano di sopra, io lo recuperavo di nascosto, ma se mi beccava erano guai. Ho avuto una buona educazione; però ogni tanto i ragazzi vanno lasciati liberi».
Di fare cosa?
«Ho provato una sigaretta, ma non mi è piaciuto. Come veneto sono più portato per il vino».
Ma adesso lei se ne va.
«In Australia. Devo ritrovare le motivazioni. Da Parigi in poi non ho fatto niente. Ho messo su pancia».
Non si direbbe.
«Sì invece. Di solito facevo una settimana di vacanza. Quest’anno sono stato all’isola del Giglio, in Sardegna, a Ibiza, al MotoGp... Mi sono allenato una volta sola, malissimo. Non va bene. A gennaio vado in Australia e ci resto fino ai Mondiali: luglio 2025, a Singapore».
Ma è dall’altra parte del mondo.
«Ogni tanto bisogna cambiare. D’inverno là farà caldo, a me il mare piace. E imparerò l’inglese».
Quando tornerà in Italia le chiederanno di fare il Grande Fratello Vip o qualche altro reality.
«Ora no. Magari a fine carriera. Certo non prima delle Olimpiadi del 2032».
Crede in Dio?
«Mi verrebbe da rispondere di no. Ma poi, in certi momenti, senti che qualcosa c’è».
In quali momenti?
«Quando va tutto male, e all’improvviso tutto cambia. Nello sport, come nella vita, nulla succede per caso. La fortuna non esiste. Anche se perdi per un centesimo di secondo, c’è sempre un motivo».
E l’aldilà come lo immagina?
«Come in un cartone animato: siamo sulle nuvole, vestiti di bianco, e gli angeli tengono tutto pulito».