Corriere della Sera, 29 settembre 2024
Johnson voleva invadere l’Olanda per recuperare vaccini
Un’operazione militare in Olanda per recuperare le dosi di vaccino anti Covid ‘’prese in ostaggio’’ dall’Unione europea con ‘’malizia e dispetto’’. A poco più di due anni dalle dimissioni, Boris Johnson torna alla ribalta con un’autobiografia che racconta gli anni al potere. Tra i particolari inediti di Unleashed (Sguinzagliato), in uscita il 10 ottobre, il fatto che nel marzo 2021 l’allora primo ministro prese in serio esame la possibilità di fare irruzione in un paese vicino ed amico.
In un estratto anticipato dal Daily Mail, Johnson racconta di una riunione a Downing Street dei vertici delle forze armate in cui il vice capo di stato maggiore della Difesa, il generale Doug Chalmers, gli spiegò che un’operazione era possibile – con due squadre, una su un aereo civile, l’altra su gommoni militari – ma con ogni probabilità sarebbe stata scoperta, allorché il primo ministro avrebbe dovuto spiegare «perché a tutti gli effetti aveva deciso di invadere un alleato Nato». «Segretamente ero d’accordo con loro, era una pazzia», sottolinea Johnson. «Ma perdonate la mia disperazione».
La vicenda è quella di cinque milioni di dosi di vaccino AstraZeneca che si trovavano presso lo stabilimento Halix di Leiden, in Olanda, uno stabilimento che – spiega Johnson – ‘«potevo vedere con Google Earth e che sembrava facile da svaligiare». Johnson sottolinea che «dopo due mesi di futili negoziazioni», aveva raggiunto la conclusione che l’Ue non le avrebbe consegnate in tempi rapidi e che stava trattando il Regno Unito «con malizia e dispetto» per via della velocità con la quale il paese stava vaccinando i suoi cittadini. Una retorica criticata anche dalla testata filoconservatrice The Spectator: «Johnson – scrive Ross Clarke – era così inebriato dall’idea che la Gran Bretagna avesse centrato con il vaccino AstraZeneca un enorme successo post-Brexit che le sue capacità di giudizio erano severamente compromesse».
Difficilmente tali critiche scalfiranno la sicurezza di Johnson, che nella sua autobiografia sottolinea che è «grazie alla Brexit», oltre che a Kate Bingham, l’imprenditrice messa a capo dell’operazione, se la Gran Bretagna «ha vinto la corsa al vaccino» e che aveva pienamente ragione quella scritta da lui notata su un muro di Notting Hill: «La Brexit salva vite». Lo stile, insomma, non è quello di uno statista che pondera il peso delle parole, ma Johnson non lo è mai stato e ne va orgoglioso: di Theresa May, dalla quale ereditò il timone del Paese, scrive ad esempio di aver sempre apprezzato «l’arroganza da maestra» e il modo in cui «alzava gli occhi al cielo» quando le diceva «qualcosa di scandaloso».