Corriere della Sera, 29 settembre 2024
Gradimento per Meloni a due anni dall’elezione
Il governo Meloni è in carica da quasi due anni, anni peraltro complessi e pieni di problemi. È venuto quindi il momento di un primo bilancio della sua esperienza. È un governo che si qualifica per diversi aspetti, almeno due dei quali rilevanti nella percezione degli elettori: l’avere una leader forte e donna, per la prima volta nella storia della Repubblica, e, come esplicitamente detto da Giorgia Meloni, il fatto di chiudere l’esperienza dei governi «tecnici» (attributo dato anche al governo Draghi che pure aveva una forte presenza politica), ridando alla politica lo spazio che le spetta.
Si tratta anche di un governo che divide gli animi degli elettori: alle Politiche del 2022 i partiti che lo compongono ottennero infatti poco meno del 44% dei voti validi (corrispondente al 25,6% del corpo elettorale, ossia poco più di un elettore su quattro), ma una solida maggioranza nei due rami del Parlamento.
All’atto dell’insediamento l’apprezzamento del governo era al 51 (numero indice che misura la percentuale dei positivi su chi si esprime, escludendo i non sa). Dato superiore soltanto ai governi Gentiloni e Conte II, ma inferiore a tutti gli altri governi dell’ultimo quindicennio. Quindi la partenza non è particolarmente brillante.
Tuttavia il governo Meloni sembra, in media, meno esposto al logoramento degli altri. Se guardiamo infatti ai consensi medi a un anno dall’insediamento, l’attuale governo perde quattro punti, gli altri qualcosa di più, con l’eccezione proprio di Gentiloni e del Conte II che invece migliorano le proprie posizioni. Se guardiamo invece ai consensi per il presidente del Consiglio, all’atto dell’insediamento gli apprezzamenti per Giorgia Meloni sono inferiori (in qualche caso di poco) rispetto a tutti gli altri governi considerati, con l’eccezione del governo Gentiloni. E in questo caso anche a un anno dall’insediamento, benché la contrazione di Meloni sia mediamente inferiore a quella di molti altri presidenti (con le solite due eccezioni prima evidenziate), tuttavia il suo consenso rimane inferiore a diversi altri, tra cui Conte, Draghi e Berlusconi.
Se infine guardiamo al dato attuale, le contrazioni dell’apprezzamento si fanno più evidenti: meno sette punti per il governo, meno dieci punti per la presidente del Consiglio che, come già sottolineato, si allinea progressivamente al governo e sembra perdere la caratterizzazione iniziale, con la sua spinta propulsiva.
All’interno di questi cali ci sono fenomeni che indicano alcuni cambiamenti di umore nell’elettorato. Il governo infatti perde consensi in misura più rilevante tra le persone di condizione bassa o medio-bassa, tra i ceti alti (imprenditori, dirigenti, professionisti) e i lavoratori autonomi, nel Nordest. Si tratta di fenomeni con segni diversi: nelle condizioni basse l’apertura di credito già agli inizi era limitata e si è fortemente contratta; al contrario tra i ceti elevati e gli autonomi la valutazione in partenza era decisamente elevata e oggi si colloca intorno ai valori medi. In sostanza, sembra che da un lato ci sia una delusione da parte di chi sperava in un miglioramento della situazione personale, dall’altro di chi aveva confidato di più nelle prospettive che questo governo apriva e oggi si sente, se non proprio deluso, certo assai meno convinto. Sembra insomma che qualche crepa si apra tra i ceti che più avevano sostenuto il governo.
Le contrazioni minori si osservano invece tra le condizioni economiche alte e medio-alte, tra i cattolici osservanti e tra coloro che si collocano nel centrodestra.
Ma quali sono i temi sui quali si qualifica il governo e quali invece quelli su cui si caratterizza negativamente? Intanto va detto che su nessuno dei temi testati le valutazioni positive prevalgono su quelle negative e tra il 20% e il 28% degli interpellati, a seconda dei temi, non si esprime. Al di là del merito delle questioni, il risultato, soprattutto per i temi con maggiore connotazione «politica», è influenzato anche dall’entità degli elettori che si riconoscono nei partiti di governo, i quali rappresentano nel Paese la maggioranza relativa, non quella assoluta.
Se guardiamo però al consenso medio dell’esecutivo (indice 44), tre temi vedono una valutazione superiore o in linea con questo dato: la politica internazionale, il sostegno alle imprese, il Pnrr. Della politica internazionale abbiamo parlato diverse volte: è forse l’aspetto che più caratterizza la presidente Meloni, e rispetto al quale si reputa che abbia ottenuto una caratura apprezzabile e riscosso successi che hanno aumentato il peso e la credibilità del nostro Paese. Attribuiamo questo risultato prevalentemente a Giorgia Meloni, poiché invece sono stati diversi gli episodi che hanno evidenziato sensibilità, quando non posizioni diverse all’interno della maggioranza, che appunto Meloni è riuscita a tacitare o a mettere in secondo piano.
L’altro tema è il sostegno alle imprese, nella convinzione diffusa che questo sia un governo vicino a questo mondo, come d’altronde ha evidenziato l’accoglienza della presidente alla recente assemblea di Confindustria. Infine, il Pnrr, che si collega alla nomina (non ancora definitivamente acquisita) del ministro Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione europea. Il piano di ripresa e resilienza rappresenta, agli occhi degli elettori, un elemento centrale per il Paese, e si ritiene che su questo l’operato del governo sia stato accettabile, pur senza entusiasmi.
Su alcuni altri temi i giudizi negativi diventano ulteriormente prevalenti, anche se il dato risulta solo un po’ inferiore alla valutazione media dell’esecutivo. Sono, in ordine decrescente di apprezzamento, il tema del lavoro, del contrasto alla denatalità, del funzionamento della pubblica amministrazione, della transizione ecologica, dei diritti civili e della protezione delle minoranze, della scuola, delle infrastrutture, della gestione dell’immigrazione. Come si vede, le critiche riguardano un ampio ventaglio di temi che hanno anche a che fare con aspetti forti, se non identitari, della compagine di governo (denatalità, immigrazione, diritti civili).
Infine, ci sono alcuni temi su cui il dissenso diventa aspro: riduzione delle tasse, sicurezza, giustizia, povertà, pensioni, sanità. Sono anche questi (si pensi a tasse, giustizia e sicurezza) temi costitutivi della proposta politica del centrodestra. Accompagnati, agli ultimi posti, da aspetti centrali della protezione sociale, rappresentati dai due pilastri delle pensioni e della sanità.
In conclusione, un bilancio certo con luci e ombre, ma che sembra far prevalere un certo disincanto rispetto alle attese iniziali. Disincanto non drammatico, dato che non sembrano esserci alternative praticabili, ma che indica un progressivo logoramento. Cui, per governo e presidente, è indispensabile reagire.