Corriere della Sera, 29 settembre 2024
Il blitz che ha ucciso Nasrallah
Una settimana tragicamente «mediorientale», tra guerra e speranze, chiusa dall’operazione «Nuovo ordine» per uccidere Hassan Nasrallah.
I contatti e la diplomaziaLa diplomazia occidentale si è impegnata con contatti diretti, viaggi di ministri, con in tasca una proposta di tregua di 21 giorni confezionata da Usa e Francia. I mediatori sembravano essere vicini a un risultato e si erano spinti a note di ottimismo cauto. Poi è arrivato il gelo di Netanyahu che ha usato il no dell’estrema destra – e il rischio di una crisi di governo – come schermo. Era anche un modo per guadagnare tempo. Mercoledì l’intelligence aveva raccolto la prima segnalazione su una possibile riunione di Nasrallah a Dahieh e ha informato il premier con il quale c’è stato un consulto operativo. Bibi ha fatto cortina fumogena sul viaggio all’Assemblea Onu, tra ipotesi di cancellazione e rinvii ma alla fine è partito per New York. Chissà, forse anche il sospettoso Nasrallah ha pensato che la presenza del premier nella Grande Mela potesse rappresentare un varco temporaneo per muoversi con minori rischi. Invece stava per aprirsi una voragine sopra e sotto i suoi piedi.
La preparazione durante il voloDurante il viaggio verso gli Usa, a bordo del jet Wing of Zion, Netanyahu è stato aggiornato dai militari sulla preparazione, e nella notte di giovedì ha convocato da remoto i ministri interessati. Lunga discussione terminata attorno alle 4 del mattino ora israeliana per discutere i dettagli mentre le spie tenevano d’occhio i bersagli. Il premier aveva dato l’ok ma l’ordine definitivo è stato impartito dopo un nuovo summit con l’Idf svoltosi prima del suo discorso al Palazzo di Vetro. A quel punto i generali – secondo la ricostruzione del Jerusalem Post — sono scesi nella situation room avendo in mano la «carta rossa» – il via libera – ma soprattutto l’imbeccata finale sulla presenza del leader di Hezbollah. Era il risultato di un lungo lavoro nell’ombra.
Da mesi l’intelligence israeliana, Mossad e quella militare, hanno incalzato i nemici in Libano e Siria. Raccolta di dati, uso di informatori, incursioni. Clamorosa quella a Maysaf, località siriana dove hanno distrutto un centro per la produzione di armi e portato via con un’azione elitrasportata documenti rilevanti. Strike in parallelo agli omicidi mirati, seguiti dall’esplosione dei cercapersone modificati in ordigni. Una missione gestita nel tempo. Le società coinvolte nel contratto sono state create nella primavera 2022, alcune transazioni sui beeper risalgono a un anno dopo, indizi di una manovra di lungo respiro. Non sappiamo se questo ha allargato la fessura nel sistema di sicurezza e neppure quando sia stato scalfito per la prima volta lo scudo, però abbiamo visto le conseguenze catastrofiche per il movimento. Destabilizzato, è stato tradito e ha tradito le regole di compartimentazione.
Il vertice nel quartiereI servizi hanno continuato a «osservare» il triangolo sciita: la Bekaa; la zona meridionale libanese che incarna il bastione anti-israeliano; il quartiere di Dahieh nella capitale. I bombardamenti hanno costretto i militanti a tenere bassa la testa, i trasferimenti sono diventati precari e le comunicazioni difficili. Da qui forse la necessità del colloquio di persona tra il capo e i comandanti. Magari hanno adottato un modus operandi ritenuto valido ma il problema è che le condizioni erano mutate. E il nemico era in agguato. C’erano stati altri momenti – ha scritto il New York Times — nei quali il leader del partito di Dio era a tiro ma il governo non avrebbe autorizzato l’azione. Tutto è cambiato nella serata di venerdì.
Il raid è stato condotto dagli F-15 dello Squadron 69, gli Hammers, già protagonista nel 2007 della distruzione di un reattore siriano. Nello strike sono stati livellati alcuni palazzi, impiegate decine di bombe, tra queste le anti-bunker da una tonnellata che hanno scavato crateri giganteschi e provocato forse centinaia di vittime. Concepite per distruggere protezioni (anche in cemento), penetrano nel target ed esplodono all’interno. Dal 7 ottobre Israele ne ha ottenute altre dagli Stati Uniti, pezzi che si sono aggiunti all’arsenale costruito pensando alle caratteristiche dei tanti avversari. I tunnel di Hamas e dell’Hezbollah, gli impianti sotterranei dell’Iran.
Il partito e i ranghiIl partito di Dio conta decine di migliaia di membri, ha numerosi organismi ora con le sedie lasciate vuote dagli uccisi. L’elenco delle figure si è ormai ristretto: Naim Qassem, Hashem Saffiedine (in teoria successore designato di Nasrallah), Talal Hamyah, l’uomo che ha diretto attività segrete all’estero, Abu Ali Rida, il comandante dell’unità Badr e altri meno noti che ricoprono incarichi nello schieramento bellico. Dovranno colmare i vuoti nei ranghi dopo un colpo che ha segnato la fine anche del generale iraniano Abbas Nilforoushan e di Alì Karaki, appena nominato comandante del teatro meridionale, entrambi deceduti nell’attacco. Una caccia non ancora finita: sabato hanno fatto fuori Hassan Yassin, alla guida di un dipartimento dell’intelligence.