il Fatto Quotidiano, 28 settembre 2024
Pubblica dossier su JD Vance, Musk lo banna da X
Si è autoproclamato campione globale della libertà di espressione. Anzi, quando ha acquistato Twitter, per 44 miliardi di dollari, ha dichiarato di farlo proprio per difendere il free speech, “caposaldo di ogni democrazia”. Da allora Elon Musk non fa altro che censurare, sulla base di una chiara agenda politica di destra. L’ultimo obiettivo del neo Savonarola: il giornalista indipendente Ken Klippenstein, ex reporter della testata investigativa The Intercept. Da alcuni anni indaga su dossier di politica e sicurezza Usa, e ieri ha deciso di pubblicare su Substack (la sua newsletter) un file di 271 pagine su JD Vance, candidato da Trump a vicepresidente, che circolava da luglio in molte redazioni e nessuno ha voluto pubblicare.
Il dossier non è esplosivo, e questa sarebbe la ragione per cui Politico, il New York Times, il Washington Post e almeno due reporter indipendenti non lo hanno ritenuto interessante: organizza informazioni da fonti pubbliche, già note, che testimoniano come, fino al 2016 e anche oltre, Vance fosse su posizioni molto distanti, a volte apertamente critiche, rispetto a Trump che ora sostiene. Ma scotta perché è un documento interno alla campagna di Trump, a cui sarebbe stato sottratto da hacker iraniani a giugno scorso: ricostruzione respinta dal governo iraniano. Klippenstein invece lo ha messo a disposizione del pubblico, linkandolo sul proprio account X perché “se il documento fosse stato hackerato da anonimi, i media l’avrebbero pubblicato, ma visto che secondo il governo si tratta dell’Iran allora non lo fanno”. E ha aggiunto: “Semplicemente non credo che i media debbano essere un braccio del governo, e sostituirsi a esso nel combattere l’influenza straniera. Né dovrebbero essere i custodi di ciò che il pubblico deve sapere”.
Una difesa della libertà di stampa che Musk, per coerenza, avrebbe dovuto rilanciare. Invece, X ha bloccato il file, in violazione delle sue stesse policy, modificate da Twitter nel 2020 per consentire la pubblicazione di materiale hackerato, dopo le critiche per aver “censurato” un articolo del New York Post sul presunto contenuto compromettente del laptop di Hunter Biden, il figlio del presidente degli Stati Uniti. Musk aveva criticato la censura, chiedendo massima trasparenza. E invece non solo il link è sparito da X ma, rivela Klippenstein, è stato bannato permanentemente anche il suo account: due provvedimenti distinti e incompatibili con il rispetto della libertà di stampa e di espressione. Musk ha accusato il reporter di rivelazione di dati personali, dicendo che il link pubblicato giovedì conteneva l’indirizzo e parte del numero di previdenza sociale di Vance: nella versione che abbiamo visionato, che secondo PG MAg sarebbe stata pubblicata da Klippenstein sul sito ieri mattina, quei dati sensibili, del resto disponibili in altri record pubblici, sono pesantemente redatti e omissati delle informazioni sensibili.
Chi ha seguito l’acquisizione di Twitter d’altra parte sa bene come l’obiettivo di Musk, malgrado le dichiarazioni propagandistiche, sia di fare del social uno strumento di propaganda, privatizzazione e manipolazione del dibattito pubblico, con l’obiettivo immediato di favorire l’elezione di Trump. Twitter ha sempre ricevuto pressioni dai governi per censurare dissenso e account di attivisti politici. La precedente gestione si è spesso rifiutata di accogliere le censure. Ma X, dopo una prima resistenza a una legge liberticida di Erdogan, pur di non perdere il settimo mercato mondiale ha baciato la pantofola al sultano, consentendo che impedisse ogni dissenso sulla piattaforma. Lo scorso anno, quando ha scoperto che un post di Biden sul SuperBowl aveva avuto tre volte più engagement del proprio, livido di rabbia, Musk ha imposto ai propri ingegneri di modificare l’algoritmo in modo che i suo post abbiano la massima visibilità. Utilizza il proprio account come strumento personale rilanciando notizie false, divisive e polarizzanti, incurante degli standard a cui sono tenute le testate giornalistiche. In guerra aperta con aspetti dell’attivismo transgender, che accusa di aver determinato la transizione di uno dei figli, Musk ha deciso, arbitrariamente, di classificare come insulto la parola cis per indicare le donne biologiche. Questo grazie a una regolamentazione dei social anacronistica e inefficiente, ma anche al fatto che controlla settori strategici dell’economia Usa, dall’esplorazione spaziale ai network satellitari fondamentali nel conflitto russo-ucraino con StarLink.