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 2024  settembre 27 Venerdì calendario

Guerra tecnologicva: Europa e Italia impreparate

L’attacco ramificato e privo di precedenti per estensione con il quale capi e quadri di Hezbollah sono stati colpiti a distanza prima dei bombardamenti di questi giorni sul Libano dovrebbe ricordarci due caratteristiche evidenti, da noi spesso rimosse, della fase storica nella quale siamo entrati. La prima: la reazione di Israele attraverso «cercapersone» e walkie-talkie esplosivi ai missili lanciati dai fondamentalisti islamici libanesi sullo Stato ebraico è una riprova di quanto si basi sulla ricerca tecnologica l’attuale competizione internazionale, ossia la gara in grado di ridefinire in maniere diverse dal passato la ripartizione di poteri tra nazioni e tra alcune grandi imprese nel mondo.
Si tratta di un confronto con più concorrenti imperniato sulla realizzazione di sistemi e forniture di servizi nel quale alcuni soggetti che erano in posizioni subordinate tendono a scardinare assetti precedenti. Innanzitutto, mirano a superare la supremazia occidentale che grazie all’Alleanza atlantica e allo sviluppo economico dell’Europa ha permesso, tra l’altro, all’Italia di progredire da Stato sconfitto in una Seconda guerra mondiale cominciata dalla parte sbagliata a Paese tra i più benestanti del mondo.
Fu servendosi di sciami di droni e di incursioni informatiche che all’alba del 7 ottobre 2023 il fondamentalismo islamico sunnita di Hamas, a sorpresa, riuscì a battere Israele neutralizzandone difese digitali, installate per impedire a terroristi palestinesi di penetrare nel Sud Ovest del territorio israeliano da Gaza. Armi volanti più sofisticate delle precedenti sono state impiegate in seguito contro lo Stato ebraico dal Sud del Libano da parte degli integralisti sciiti di Hezbollah e, da Sud Est, dagli Houthi dello Yemen. Dopo mesi, Israele ha risposto riuscendo a far entrare nelle tasche dei dirigenti di Hamas in Libano e Siria bombe travestite da strumenti per comunicare.
Questa competizione tecnologica è un tassello della vasta gara che, per esempio, porta una potenza regionale, quale è l’Iran, e un piccolo Stato dotato di armi nucleari con meno della metà degli abitanti rispetto all’Italia, quale è la Corea del Nord, a essere in grado di fornire armamenti alla Russia, l’erede della superpotenza di livello mondiale che fu l’Unione sovietica. È solo un tratto di un’Olimpiade planetaria scaglionata nel tempo. La stessa che ha indotto la Cina a prefiggersi di diventare nel 2030 prima nazione al mondo nell’intelligenza artificiale, che spinge emirati della penisola araba ad attrarre scienziati stranieri per conservare ruoli di rilievo nella produzione di energia anche durante la transizione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili.
La trasformazione
L’operazione israeliana in Libano ci ha mostrato il cambiamento quasi vorticoso del modo odierno di fare la guerra
La seconda caratteristica dei tempi attuali che l’operazione israeliana in Libano ci rammenta è il cambiamento quasi vorticoso al quale è sottoposto il modo di fare la guerra. Oggi, per citare solo un aspetto, uno Stato privo di droni armati e di sistemi di protezione del proprio spazio aereo che non si limitino ai caccia pronti al decollo è vulnerabile come un fante senza corazza in battaglie campali di secoli lontani. La guerra inoltre può essere ibrida, non dichiarata, priva di invasioni di territori con truppe e combattuta attraverso delocalizzate offensive informatiche, campagne di disinformazione, disturbo a mercati, sostegni a proteste, divisioni e terrorismo all’interno del Paese bersaglio.
Abituati a decenni di pace, quello descritto è il mondo che noi non vorremmo? Certo. Ma è quello che vogliono altri, i quali esistono e ambiscono a sottrarci influenza e benessere. Stiamo facendo il necessario per essere all’altezza dei tempi noi italiani e noi europei che riserviamo funzioni striminzite alle strutture dell’Unione europea per politica internazionale e difesa?
In base al rapporto Istat su «Livelli di istruzione e ritorni occupazionali» nel 2022 i giovani adulti tra i 25 e i 34 anni con un titolo di istruzione terziario erano in Italia il 29,2%, una quota di molto inferiore alla media europea (42,0% nell’Ue a 27). Soltanto il 23,8% di quei giovani aveva una laurea in materie scientifiche e tecnologiche, le Stem (Science, technology, engineering and mathematics). Per rimediare, dovremmo innanzitutto volerlo fare. Invece lasciamo strappare il tessuto sociale dei nostri centri storici pur di renderli calamite per flussi turistici, senza motivi sanitari rinunciamo a introiti adeguati e proroghiamo la concessione di suolo pubblico per tavolini di bar e ristoranti decisa durante una pandemia. Ci illudiamo che rendite di posizione possano garantirci il livello di benessere attuale. Ma il mondo si muove, e per reggere la competizione le posizioni vanno cambiate, altrimenti il declino non ha alternative.