Corriere della Sera, 27 settembre 2024
Sparita da 32 anni: un altro caso Claps?
Trentadue anni, dieci inchieste e altrettante richieste di archiviazione, 41.500 firme per chiedere una verità che ancora non c’è. Sta tutta in questi numeri la storia di Cristina Golinucci, scomparsa a Cesena nel 1992, quando aveva 21 anni.
Se ancora si combatte, nei palazzi di giustizia, nelle piazze e sulle piattaforme web, lo si deve soprattutto a sua madre, Marisa Degli Angeli, 78 anni, tempra e schiettezza romagnole, e alle avvocate dell’associazione Penelope. Certe, tutte, che Cristina sia stata uccisa da qualcuno che conosceva bene e che poi ha fatto sparire il suo cadavere. Di più: certe che la chiave di tutta la storia stia fra le mura del convento dei frati Cappuccini di Cesena, il posto dove si sono perse le tracce di Cristina.
«Quel convento è la tomba di mia figlia», afferma la signora Marisa. Il pensiero – il suo, il nostro – va subito a un altro caso, quello di Elisa Claps, i cui resti vennero ritrovati nella soffitta della chiesa della Santissima Trinità, a Potenza, il 17 marzo 2010: era sparita 17 anni prima. «Nessuno pensa che quel che resta di Cristina possa essere lì – spiega l’avvocata Barbara Iannuccelli, che assiste Degli Angeli – riteniamo, però, che lì siano da cercare le risposte a tutte le domande». Il contesto religioso non è l’unica affinità con il caso Claps. Familiari e legali sono convinti che la 21enne sia stata uccisa perché si ribellò a un tentativo di stupro. Per un rifiuto.
Un breve passo indietro: Cristina, figlia di contadini, molto religiosa, uscì di casa il primo settembre del ’92 con la sua auto per recarsi al convento dei Cappuccini. Aveva appuntamento con padre Lino, il suo confessore. Non fece mai più ritorno. L’auto venne ritrovata nel parcheggio del convento, vuota. Padre Lino disse di non averla mai incontrata. Le indagini partirono tardi, molto tardi. Ben 15 giorni dopo la sparizione. E certo non per disinteresse della famiglia. «I carabinieri dissero a mio marito di aspettare 15 giorni per denunciare la scomparsa – racconta la mamma – gli dissero, ricordo bene: “chi vuole che rapisca la figlia di un contadino, si sarà allontanata da sola”». «La figlia di un contadino», nessun riscatto, scarso interesse. L’ipotesi che qualcuno potesse averle fatto del male per altre ragioni non venne contemplata. Due settimane dopo, suo padre tornò in caserma per denunciare e solo allora le forze dell’ordine si presentarono nel convento in cerca di tracce di Cristina. Risultato: nessuno, ovviamente. «Chiunque l’abbia uccisa ha avuto tutto il tempo di far sparire il corpo e cancellare ogni traccia», osserva Iannuccelli. Era il settembre del ’92. Da allora, la Procura ha indagato e il tribunale ha archiviato per ben nove volte.
Ieri, l’udienza per decidere sull’opposizione alla decima richiesta di archiviazione, a Forlì. Il giudice si è riservato. Questa volta è diversa. «Due mesi fa – spiega Iannuccelli – mi ha chiamato una donna il cui padre oggi 87enne le ha confessato di aver visto più volte, all’epoca, in un campo vicino al convento, un uomo con i “capelli da frate” uscire da un’auto insieme a una ragazza ed entrare con lei nel bosco. L’ho sentito, mi ha confermato tutto». Perché quest’uomo si è deciso a parlare solo adesso? «Per togliersi un peso», la spiegazione.
Poi c’è la petizione, 41.500 firme su Change.org, allegata da Iannuccelli alla memoria pur non avendo alcuna rilevanza sotto un profilo investigativo. Eppure. «Tutte queste persone che chiedono la verità per la mia Cristina mi fanno sentire meno sola – si commuove Marisa Degli Angeli – mi dicono che ho fatto la cosa giusta a non arrendermi, continuando a portare la storia di mia figlia nelle piazze, nei convegni, in questi anni».
Tutte queste persone dicono che la storia di una giovane donna probabilmente abusata e comunque fatta sparire nel nulla, uccisa, una giovane donna la cui scomparsa interessava il giusto perché «figlia di contadini», non è solo la storia di Cristina e della sua famiglia. È una storia di tutti.