Corriere della Sera, 27 settembre 2024
Gli stranieri in fuga da Beirut
«Affrettatevi perché sui voli non c’è più posto». Era martedì, all’indomani dell’attacco più violento sul Libano dalla guerra del 2006, quando l’ambasciata statunitense ha avvertito i connazionali di «prenotare qualsiasi biglietto disponibile» sui voli in partenza dal Paese. Risultato, con il passare delle ore i posti sono finiti mentre le compagnie aeree internazionali sospendevano le rotte.
L’aeroporto internazionale di Beirut in realtà continua a funzionare e la compagnia Middle East Airlines (Mea) è ancora operativa, anche se non è chiaro quanti posti siano disponibili. Ma se il ministro uscente dei Lavori pubblici e dei Trasporti, Ali Hamiyè, ha provato a tranquillizzare gli animi, nel Paese sia tra gli «expat» che tra molti libanesi è scattata la corsa ai voli.
A chi è rimasto a terra viene raccomandato «di predisporre piani per le situazioni di emergenza e di essere pronti a rifugiarsi sul posto per un lungo periodo di tempo». Praticamente tutte le ambasciate – compresa quella italiana – hanno chiesto ai propri concittadini di lasciare il Paese già da tempo. In caso di attacco di terra da parte di Israele, i diversi Paesi hanno messo in atto piani che prevedono anche l’evacuazione via mare verso Cipro. Uno scenario simile a quello del luglio 2006 quando le navi da guerra evacuarono migliaia di persone dopo che Israele aveva annunciato un blocco aereo e marittimo del Libano in risposta a un raid transfrontaliero di Hezbollah.
Dalla Farnesina fanno sapere che sono attivi piani d’emergenza con il ministero della Difesa e da settimane è stato rafforzato il dispositivo dei Carabinieri. Sono oltre 300 gli italiani che si trovano in Libano per motivi di lavoro, ha stimato Tajani. «Consigliamo loro di lasciare il Paese in questo momento. Ci sono ancora voli da Beirut», ha incalzato il vicepremier parlando ieri a margine dell’assemblea dei parlamentari del Ppe a Napoli. Diversa invece, ha spiegato, la situazione per quelle tremila persone che hanno la doppia nazionalità, italiana e libanese, e che quindi hanno meno interesse a lasciare le loro case e il proprio Paese. Il governo, in contatto con le Nazioni Unite, sta inoltre lavorando perché «venga garantita la sicurezza» dei militari italiani del contingente Unifil di stanza nel Sud del Paese.