Corriere della Sera, 26 settembre 2024
Sotto le bombe in Siria e nella valle della Bekaa
VALLE DELLA BEKAA Prova a vegliare sugli sfollati la statua di Sharbel, il padre Pio del Libano, monaco cristiano e presbitero proclamato santo da Paolo VI nel 1977. Sono migliaia anche nella valle della Bekaa, in fuga dai villaggi bombardati, mentre l’Idf aumenta i raid sui santuari di Hezbolliland, come viene chiamato dai suoi detrattori il partito di Dio. «Abbiamo aperto tutte le porte delle 54 chiese cristiane», spiega Sandra Hazale, avvocata locale che sta coordinando i soccorsi a Zahle, cittadina cristiana della valle. Qui, nelle braccia della sposa della Bekaa come la chiamano i suoi abitanti, si sono buttati in centinaia in queste ore. «Siamo siriani, siamo scappati nella valle nel 2015 per non morire sotto le bombe. E ora di nuovo siamo in fuga», racconta Ahmad, arrivato dalle montagne di guerra in guerra. A trovare riparo nelle chiese, anche gli sfollati sciiti. Le immagini delle donne velate accolte di fronte ai crocefissi fanno il giro della rete. Un esempio di accoglienza e integrazione, sottolinea Hazale. Che, con altrettanta cortesia, spiega come sia meglio non fotografare gli sfollati in queste ore. «Per ragioni di privacy», dice e «perché non vogliamo fare pubblicità alla beneficenza». Ma il motivo è un altro. Mentre il Libano intero prova a fare fronte all’emergenza c’è già chi teme come la presenza degli sfollati sciiti possa trasformare anche gli insediamenti cristiani, tradizionalmente considerati sicuri, in target.
Luoghi inaspettatiMentre parliamo con Ahmad un boato scuote il terreno. L’Idf non ferma i raid nemmeno qui, nella città dell’arak famosa per i suoi resort, oltre che per i suoi edifici religiosi. «Sono giorni che va avanti così, sembra di stare ad Aleppo», sospira Ahmad mentre le sue due bambine si stringono alle gambe del papà. Nell’elenco dei villaggi colpiti iniziano a spuntare anche luoghi inaspettati. «Ieri hanno bombardato anche a Ras Osta, le montagne del distretto di Jbeil e Maaysrah, nel distretto di Kaserwen, sempre vicino a Jbeil. Sono luoghi che mai avremmo pensato fossero target perché non sono a maggioranza sciita. Ma ora evidentemente il modello sta cambiando: viene colpito ogni singolo deposito di Hezbollah di armi con il risultato che, come sempre, a finirci di mezzo sono i civili», spiega Virginia Sarotto, cooperante di Arcs.
Lungo la strada per la Bekaa, le montagne che segnano il confine con la Siria si stagliano all’orizzonte, avvolte nella foschia. È da lì che passano le armi che l’alleato iraniano manda al Partito di Dio. Ed è da lì che le tribù ed Hezbollah controllano il traffico di Captagon che arricchisce tutte le milizie e gli spacciatori del Medio Oriente, compresi i parenti del presidente siriano Bashar Assad. Pasticche a buon mercato lavorate nelle baracche ai piedi delle montagne, ma anche cannabis che nella valle trova condizioni ideali per crescere.
Guerra alla drogaUn santuario per Hezbollah fino all’8 ottobre. Ma il vento sta cambiando. E non solo perché gli Stati Uniti attraverso la Giordania hanno dichiarato guerra alla droga dell’Isis, come veniva chiamata qualche anno fa. Ora l’Idf bombarda senza sosta, ogni baracca, postazione, base e deposito di armi del gruppo sciita. Con il risultato che anche in quello che era considerato il bastione dei bastioni non c’è più un posto sicuro.
Ponti a rischio«Attenzione a passare sui ponti», avvertono due meccanici venuti in soccorso a chi è rimasto con l’automobile in panne. «Potrebbero colpirli da un momento altro», dicono gentili mentre riescono a riparare una pompa della benzina con un kit di pronto soccorso meccanico che solo nella valle puoi trovare. Davanti a un negozio dove si trova il labneh (la crema di yogurt, ndr) più buono di tutta la Bekaa e forse di tutto il Paese ma anche del mondo intero, indica nuove colonne di fumo un collega della tv saudita Al Arabiya, fermo da ore sotto il sole in diretta, con indosso il giubbotto antiproiettile e il casco. «È da stamattina che gli israeliani hanno aumentato di intensità. Forse invadono già oggi», dice a microfono spento, mentre si beve un litro d’acqua. Con lui, anche la collega di Al Jazeera, emittente del Qatar. Stessa divisa di kevlar coperto di stoffa blu con la scritta «Press» anche per lei. «Non siamo molto amati da queste parti. Per questo non ci fanno stare dove c’è ombra», scherza lei.
È un miscuglio di gruppi politici e religiosi la Bekaa centrale: cristiani, sunniti, sciiti e drusi. Rivalità tra clan, disparità economica sono fonte di tensione. E se già dai tempi della guerra in Siria l’odio per i rifugiati si era andato a sovrapporre alle divisioni settarie, viene da pensare che il futuro della valle sarà sempre più difficile. Ma niente a che vedere con l’adiacente governatorato di Baalbek-El Hermel. È qui che Hezbollah esercita il suo potere assoluto, dove tiene le sue basi e i suoi depositi più importanti. Ed è questa l’area più impenetrabile della Bekaa sia per i bombardamenti ma anche per il controllo serrato del gruppo. Un posto dove fare domande non è assolutamente una buona idea.