Corriere della Sera, 25 settembre 2024
I segreti del Bayesian. Nascosti ancora nella cassaforte gli hard disk e i documenti «top secret» di Lynch
A poco più di un mese dal naufragio del Bayesian, il veliero del magnate inglese Mike Lynch colato a picco in 16 minuti il 19 agosto, durante una violenta tempesta estiva nel mare di Porticello, borgata marinara a mezz’ora da Palermo, l’ombra del complotto va diradandosi. Gli inquirenti si stanno convincendo che l’imbarcazione, un gioiello tecnologico da 30 milioni di euro, sia finita in fondo al mare per una tragica catena di errori. Anche se non tutti i dubbi alimentati dalla caratura delle vittime – miliardari con legami con gli 007, facoltosi avvocati e banchieri – e da una serie di coincidenze sono stati risolti. Compresi quelli relativi alla morte, avvenuta pochi giorni prima del naufragio, del socio di Lynch, Stephen Chamberlain, investito da un’auto mentre faceva jogging nella contea del Cambridgeshire, in Inghilterra. I due, finiti insieme sul banco degli imputati in un processo per frode, nato negli Usa dalla vendita della società di software Autonomy, erano appena stati assolti. E il viaggio in Sicilia sul Bayesian era stato organizzato dal tycoon proprio per lasciarsi alle spalle l’odissea giudiziaria. Ma di tempo per festeggiare insieme la fine della vicenda giudiziaria i due soci non ne hanno avuto. Informazioni classificateL’ultimo mistero del Bayesian è custodito a 50 metri di profondità, lì dove giace il veliero del tycoon morto nel naufragio insieme alla figlia diciottenne Hannah, all’avvocato a cui doveva l’assoluzione Chris Morvillo e alla moglie Neda, al presidente di Morgan Stanley Jonathan Bloomer e alla moglie Judith e al cuoco di bordo Recaldo Thomas, unico dell’equipaggio a perdere la vita. Nelle casseforti a tenuta stagna del relitto sarebbero custoditi hard disk con dati sensibili d’interesse per governi stranieri come quelli di Russia e Cina. Li avrebbe conservati al sicuro nello yacht lo stesso Lynch, fondatore dell’azienda di cybersicurezza Darktrace che collaborava con l’intelligence di diversi Paesi occidentali. Nei due hard disk crittografati ci sarebbe materiale altamente riservato: informazioni classificate, tra cui codici di accesso e dati sensibili. E il rischio che qualcuno possa cercare di impossessarsene ha spinto la marina militare, che coordinerà il recupero dello yacht, a rafforzare la sorveglianza dello specchio d’acqua in cui il veliero è affondato. Quanto basta per comprendere il valore che viene dato al materiale.
La nave inaffondabileA un mese dall’incidente i magistrati della Procura di Termini Imerese cominciano a mettere insieme i pezzi del puzzle per cercare di capire come una nave ritenuta inaffondabile, prima tra tutti dalla società che l’ha costruita, possa essersi inabissata nel giro di un quarto d’ora. E come, inoltre, sia stato possibile che nessuno si sia mosso sapendo che su Porticello stava per abbattersi una tempesta violenta. Una perturbazione tutt’altro che imprevista, che, quella notte, aveva spinto i pescatori a non uscire. Nei giorni successivi al naufragio, anche sulla scia delle testimonianze acquisite tra l’equipaggio e i superstiti, sono arrivate le prime iscrizioni nel registro degli indagati: sotto accusa sono finiti il comandante James Cutfield, l’ufficiale di macchina Tim Parker Eaton e il marinaio in turno in plancia la notte dell’incidente, Matthew Griffiths. Per tutti l’accusa è di omicidio colposo plurimo e naufragio. Lo skipper, interrogato dai pm, si è avvalso della facoltà di non rispondere. I coindagati sono stati sentiti prima di essere incriminati, quindi senza i loro legali. Eventuali nuovi interrogatori dovranno essere fatti all’estero, perché tutto l’equipaggio ha lasciato l’Italia settimane fa. Nessuno, peraltro, è stato sottoposto a test alcolemici e tossicologici: «Erano sotto choc», hanno detto i magistrati.
La sala macchine, il blackoutMa quali sono per gli inquirenti le colpe di Cutfield e degli altri? Allo skipper i magistrati contestano di non aver adottato le misure necessarie a mettere in sicurezza l’imbarcazione (accendere i motori e tirare su l’ancora o sganciarla automaticamente e mettere la prua al vento) e di non avere prestato adeguato soccorso ai passeggeri. Eaton non avrebbe inoltre attivato i sistemi di chiusura dei portelloni della nave. Una disattenzione che ha fatto entrare, probabilmente dalla paratia laterale che chiude il locale in cui viene riposto il tender, una valanga di acqua. Prima nella sala macchine, provocando un blackout, e poi nell’intero veliero che si è inabissato in pochi minuti. Il marinaio in plancia, invece, è accusato di non aver avvertito in tempo della tempesta i passeggeri. Il Bayesian sarebbe finito nel mezzo di un downburst, un fenomeno meteorologico da raffiche di vento discensionali che possono superare i 100 km orari.
La guerra dei risarcimentiUn’incredibile catena di errori, insomma, «denunciata» subito dopo il naufragio anche dall’imprenditore della The italian sea group, Giovanni Costantino, che nel 2021 ha rilevato il marchio Perini navi, la società che ha costruito il veliero lungo 56 metri e con un albero maestro da 75 metri in alluminio. «Era tutto prevedibile. Io ho qui davanti a me le carte meteo», ha detto Costantino al Corriere della Sera. Dei giorni scorsi la notizia che la Sea group avrebbe citato la società Revtom Ltd, che fa capo ad Angela Bacares, moglie di Lynch sopravvissuta al naufragio che rappresenterebbe l’armatrice e la proprietà, e la Camper & Nicholsons international che aveva il compito di selezionare comandante ed equipaggio. E ha presentato un conto di 222 milioni di euro di risarcimento per il danno di immagine derivato dall’affondamento dell’imbarcazione. Notizia poi smentita dalla The italian sea group che ha però ammesso di avere dato «un generico mandato» ai propri legali. In realtà l’atto di citazione, depositato al tribunale di Termini Imerese, esiste, ma ci sarebbe l’intenzione di ritirarlo. A determinare il repentino cambio di rotta avrebbe influito anche l’immediata reazione della famiglia Lynch che ha lasciato filtrare tutta la propria irritazione alla stampa britannica dicendosi «molto dispiaciuta» per la richiesta avanzata.
Il giallo dei portelloniNon ci stanno a passare per responsabili però i tre indagati. «Appena ho visto rinforzarsi il vento ho dato l’allarme. Nessun ritardo, nessuna colpa», ha detto, tramite i suoi legali, Matthew Griffiths che ha raccontato di aver avvertito il comandante quando il vento era a 20 nodi. «Lui – ha riferito – ha dato ordine di svegliare tutti gli altri. Io ho messo via i cuscini e le piante, chiuso le vetrate del salotto a prua e alcuni boccaporti». Nulla il marinaio avrebbe raccontato sui portelloni, il cui controllo non era tra le sue mansioni, e che, per i pm, sarebbero rimasti aperti. «La nave si è inclinata – ha proseguito Griffiths – e siamo stati sbalzati in mare. Poi siamo riusciti a risalire e abbiamo cercato di salvare quelli che potevamo». Come Charlotte Golunski e la figlia Sophia, sopravvissute col marito James Emsilie.
Le operazioni di recuperoCerti di trovare le risposte che servono nel relitto, gli inquirenti, in attesa del piano di recupero che, dopo i primi rilievi, sarà sottoposto alla Capitaneria, hanno fatto riportare a terra pezzi del ponte, materiale informatico e sistemi di videosorveglianza che saranno inviati a laboratori specializzati per essere esaminati. Dati che, insieme agli accertamenti medico legali, potrebbero indicare ai pm la strada da percorrere. Le autopsie sui 7 corpi hanno confermato che alcune vittime sarebbero morte per annegamento, mentre chi è riuscito a trovare una bolla d’aria, quando dalla cabina cercava invano di raggiungere il ponte, sarebbe soffocato per l’esaurimento dell’ossigeno. Mettere insieme tutto non sarà comunque semplice. Come non sarà semplice calcolare l’incidenza e la probabilità di ogni causa. Un po’ quel che fa il teorema di Bayes, la formula enunciata oltre tre secoli fa dal reverendo Bayes, oggetto della tesi di laurea di Lynch che ha ispirato al magnate il nome del suo veliero.