Il Messaggero, 25 settembre 2024
Auto, sì dei Verdi tedeschi all’Italia. Berlino sconfessa la stretta green
BRUXELLES Verde e tedesco: insomma, l’alleato che non t’aspetti nel tentativo italiano di riaprire la legislazione Ue che mette al bando l’immatricolazione delle auto a diesel e benzina dal 2035, uno dei pilastri del Green Deal. O forse sì, visto che la crisi nera in cui è piombata l’industria automotive della Germania sta trascinando l’ex locomotiva d’Europa verso il baratro della recessione. Tanto che le richieste del comparto hanno messo alle strette non solo il governo di Berlino, ma pure il partner di maggioranza – i Grünen, appunto – che finora ha tenuto più di tutti il punto a difesa delle regole “green” (certo più dei liberali, voce sistematicamente critica).
Ad aprire alla proposta italiana di anticipare all’anno prossimo la revisione del regolamento sulle auto a emissioni zero originariamente prevista nel 2026 è stato il vicecancelliere e ministro dell’Economia e dell’Industria Robert Habeck, incontrando in videoconferenza i rappresentanti delle case automobilistiche nazionali (tra cui Volkswagen, Bmw e Mercedes-Benz) e dei sindacati. L’esponente verde ha detto che intende «rispettare» e portare ai tavoli Ue la richiesta, avanzata in parallelo a Berlino dalle sigle tedesche dell’automotive sulla scia di quanto proposto questa settimana dal ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, di attivare già nei primi mesi del prossimo anno, senza quindi aspettare la fine del successivo, la clausola di revisione prevista nel regolamento. Lì era stata inserita proprio su pressing dei governi così da valutare «l’efficacia e l’impatto» della stretta legislativa sulla base dei dati dei due anni precedenti. Per le aziende tedesche, in particolare, riaprire il tavolo sul futuro dell’auto sarebbe funzionale a mettere in discussione i target graduali di riduzione delle emissioni di CO2 per arrivare allo zero netto nel 2035. Cioè, nel dettaglio: -15% nel 2025 e -55% nel 2030 (rispetto ai valori 2021), da raggiungere non soltanto aumentando la produzione di elettrico, ma anche tagliando la vendita delle vetture più inquinanti, Suv in testa. I nuovi limiti, sostengono le case automobilistiche nella loro corrispondenza con Bruxelles, rischiano di costringere i produttori non conformi a sborsare fino a oltre 15 miliardi di euro di multe. Tuttavia, ha avvertito il numero due dell’esecutivo tedesco, anticipare il momento della revisione della disciplina non vuole dire «automaticamente abbassare gli obiettivi». Habeck, che è pur sempre dei verdi, ha insomma aperto al metodo condiviso per ragionare con i produttori e gli altri governi su come risollevare le sorti dell’automotive (tra i settori strategici per il rilancio industriale Ue individuati nel rapporto sulla competitività redatto dall’ex presidente della Bce Mario Draghi), ma non ha preso impegni preventivi sul sostegno a modifiche più o meno mirate.
IL SEGNALE
Per Urso è, però, il segnale che la proposta italiana, illustrata lunedì a Confindustria e sindacati, «sta ottenendo sempre più consenso» anche tra i partner Ue. «Altri due anni di incertezza porterebbero al collasso dell’industria dell’auto europea, quindi anticipare è buonsenso», ha aggiunto ieri. Il titolare del Mimit, che nelle scorse settimane aveva già avuto dei bilaterali con i colleghi di Austria, Spagna e Repubblica Ceca, sarà da oggi a Bruxelles per portare il “non-paper” del governo prima agli europarlamentari italiani e poi, nel pomeriggio, alla conferenza dedicata al comparto dell’auto organizzata dall’Ungheria, che ha la presidenza di turno del Consiglio Ue, l’organismo che riunisce i governi; appuntamenti che precedono la riunione dei ministri dell’Industria in programma invece domani. E proprio dalla capitale delle istituzioni europee arriva, per ora, una difesa d’ufficio della normativa approvata appena un anno fa dopo numerose battute d’arresto (e, pure in quel caso, un ripensamento in zona Cesarini del governo tedesco). Il riesame fissato nel 2026 «dà tempo alla legislazione di essere recepita» dal mercato «e, per il momento, è appropriato», ha chiarito un portavoce della Commissione interpellato a proposito del pressing per anticipare la revisione. Il percorso verso il 2035, ha detto, deve essere «graduale» e «siamo al lavoro per creare le giuste condizioni per la transizione». Perché la riapertura del regolamento possa essere fatta già nel primo trimestre del 2025, come chiede l’Italia, serve che la Commissione (che nell’Unione è l’unica istituzione ad avere l’iniziativa legislativa) metta sul tavolo un correttivo mirato. Nel programma per il nuovo mandato alla presidenza dell’esecutivo, Ursula von der Leyen vuole adottare «un approccio ispirato alla neutralità tecnologica» che «riconosca un ruolo chiave agli e-fuel», cioè i carburanti sintetici spinti dalla Germania (nessuna menzione invece per i bio-fuel cari all’Italia). Insomma, con la stessa von der Leyen a iniziare la lista dei desideri, la modifica potrebbe essere la prima di una lunga serie.