ItaliaOggi, 24 settembre 2024
Usa, la laurea non è più di moda
Una laurea? Un’azienda su tre non richiede più tale requisito, puntando invece alle esperienze pratiche acquisite che non sempre si apprendono all’università. Inoltre i college costano troppo, sono un debito a vita e, cosa molto grave, sono tacciati di essere luoghi d’indottrinamento liberal, cioè di sinistra, e non istituzioni di alta cultura. Benvenuti negli Usa, dove il sogno del pezzo di carta, le goliardate, le confraternite universitarie non sono più così attraenti come nel passato.
A sottolinearlo è Newsweek, prestigioso settimanale orientato a sinistra, il quale dedica al tramonto dei college (cioè le università, da non confondere con l’high school che equivale al liceo nostrano) la copertina del numero in edicola. E racconta una storia di madre in figlia: quella delle texane Jordan Reconnu, 23 anni, che ha raccontato al settimanale di aver abbandonato il college perché: «Non m’interessava prendere lezioni di base per due anni e buttare altri soldi per seguire le stesse lezioni che ho seguito al liceo». E sua madre, Jacque Abron, laureata e oggi insegnante, osserva: «Il college è sopravvalutato. Non vedo l’utilità di una laurea in quest’epoca e a quest’età, perché i datori di lavoro chiedono un’istruzione superiore, ma i college non servono a questo». E costano: parliamo di un debito da ripagare pari a 100mila dollari, tanto per capirci. Centomila bei verdoni che invece si potrebbero guadagnare facendo esperienza pratica andando a lavorare e formando quelle skill, capacità tecniche, che vengono richieste da un’azienda su tre.
Alle due donne dà ragione la Gallup, che in un sondaggio pubblicato a luglio osserva come solo il 36% degli yankee ripongono grande o abbastanza fiducia nell’insegnamento superiore, mentre il 32% dice di non averne o averne molto poca. Da notare che appena dieci anni fa quelli che credevano nel college erano il 57% degli intervistati contro il 10% di contrari. Fate voi. E le accuse sono gravi: il 32% che non crede nei college sostiene siano “troppo liberal” (41% del campione), o provino a “indottrinare o fare il lavaggio del cervello” agli studenti. E costano troppo.
Messa così la cosa dal lato della considerazione da parte dell’opinione pubblica, l’argomento sarebbe un discorso chiuso. Eppure il 12 agosto scorso Forbes ha osservato come ancora oggi i laureati guadagnino il 66% in più rispetto al lavoratore medio americano: secondo l’US Bureau of Labor Statistics, sorta di Istat americano dell’impiego, nel 2023 i laureati hanno guadagnato in media 1.493 dollari settimanali, mentre i diplomati solo 899 dollari (e hanno tassi di disoccupazione due volte superiori rispetto ai laureati).
Dov’è allora il problema? Secondo Todd Wolfson, presidente dell’American association of university professors, che riunisce molti docenti universitari d’America, la gente crede meno nel valore del collega per colpa della campagna di demonizzazione che l’estrema destra fa per delegittimare e demonizzare docenti, ricercatori, studenti. «E secondo i sondaggi, questa demonizzazione ha funzionato», dice a Newsweek. Eppure, osserva Wolfson, l’istruzione universitaria sempre più estesa ha dato agli americani «La possibilità di trasformare le loro vite e avere maggiori certezze rispetto ai genitori, perché l’istruzione superiore è una colonna delle nostra democrazia». I vantaggi? «Spinge al pensiero critico, ad una cittadinanza istruita e una migliore, più chiara comprensione del mondo attorno a noi. Dobbiamo chiederci: perché qualcuno vorrebbe distruggere tutto questo?» Anche se le proteste universitarie proPal causate dalla guerra in Medio oriente hanno generato nell’opinione pubblica il sospetto che le università non coltivino più il bene comune per spingere su interessi privati e settari. Un rischio davanti al quale non c’è remunerazione settimanale che tenga, c’è da aggiungere.