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 2024  settembre 23 Lunedì calendario

Biografia di Truman Capote (v. lunga)

​Truman Streckfus Persons, poi Capote, nato a New Orleans (Louisiana) il 30 settembre del 1924. Morto il 25 agosto del 1984 a Bel Air, quartiere residenziale di Los Angeles (California), a un mese dal suo sessantesimo compleanno. Scrittore. 

Titoli di testa «Sapevo benissimo che sarei diventato ricco e famoso». 

Talento «Quando ha cominciato a scrivere? “Avevo dieci o undici anni e vivevo vicino a Mobile. Di sabato andavo in città dal dentista e mi ero iscritto al Sunshine Club organizzato dal Registro dell’Editoria di Mobile. C’era una pagina per i bambini con concorsi di scrittura e di disegno e ogni sabato pomeriggio davano delle feste con Nehi e Coca Cola gratis. Il premio per il miglior racconto era un cane o un pony, adesso non ricordo: ma io lo volevo a tutti i costi. Avevo fatto caso alle attività losche di alcuni nostri vicini, quindi scrissi una specie di roman à clef intitolato Il vecchio signor Busybody e mi iscrissi al concorso. La prima parte venne pubblicata di domenica, con il mio vero nome, Truman Streckfus Persons. Solo che qualcuno si accorse che stavo descrivendo uno scandalo locale sotto forma di fiction e la seconda parte non uscì mai. Ovviamente non vinsi proprio niente”» [a Pati Hill, The Paris Review, 1957] • Il racconto rimase sempre la sua forma letteraria preferita: «dopo averlo letto, bisogna capire se lo si può immaginare diversamente, o se l’immaginazione ne esce ammutolita e sembra definitivo e completo. Proprio come è completa un’arancia, che la natura ha fatto proprio nel modo giusto» [Hill, cit.] • «Lo stile è la persona stessa. (…) Se la personalità è vaga o confusa o solamente letteraria, ça ne va pas» • «Sono un autore totalmente orizzontale. Non riesco a pensare se non sono sdraiato, sul letto o sul divano, e con una sigaretta e il caffè a portata di mano. Devo fumare e sorseggiare. A mano a mano che passa il pomeriggio passo dal caffè al tè alla menta allo sherry al martini» • «Non scrivo mai – sono proprio incapace fisicamente di scrivere – qualcosa che non mi verrà pagato» • La sua calligrafia era incomprensibile, a caratteri minuscoli.

Aspetto Alto nemmeno un metro e sessanta, biondo e con la fronte ampia, voce acuta, introduceva i suoi aneddoti migliori con un «beeee-ne» • Si fece dei ritocchi al viso, il trapianto di capelli, lavori ai denti per 32 mila dollari. Si preoccupava molto dei suoi abiti: li comprava spesso da Dunhill’s, aveva un sarto a Londra, portava sempre golf rosa, beige e gialli, una sciarpa lunga di Bronzini; se era di cattivo umore, si presentava in jeans e felpa • «Piccolo, gonfio, smorto, con questa voluminosa testa da feto imbarazzante, e quella vocetta agra che passava dall’aggressivo al perentorio secondo l’ambiente sociale» [Alberto Arbasino, che lo trovava insopportabile e gli faceva scherzi telefonici, «Presto! C’è Donna Marella al telefono, veniva fatto annunciare: lui trotterellava fino all’apparecchio, e non trovava nessuno dall’altra parte»] • «Ha l’aspetto di un angelo di dieci anni. Ma è senza età ed ha una mente assai malvagia» [Jean Cocteau] • «La sua faccina, fotografata da Cecil Beaton contro un vasto panorama di rose bianche, ha un’espressione di dolore prenatale, come se fosse ancora nel grembo della madre e sospettasse già quant’è freddo il mondo» [Tennessee Williams].

Madre Sua madre Lillie Mae Faulk, detta Nina, da ragazza fu miss Saponetta Lux (ma Truman esagerava dicendo che era stata miss Alabama). Sposò Arch Persons – spesso in carcere per assegni a vuoto, diceva sempre «lo so, farò fortuna, c’è una miniera d’oro che mi aspetta», per un po’ lavorò sui battelli che navigavano il Missisipi • Ebbero Truman, ma non gli badavano molto. «Capote diceva che la tragedia della sua vita stava in una scena: lui a due anni che si svegliava solo in un albergo sconosciuto. Gridava per chiamare qualcuno ma nessuno rispondeva. I suoi genitori erano fuori a ballare e a bere» [Antonio D’Orrico, Cds] • Durante i sette anni di matrimonio Nina andò a letto con 29 uomini (scrisse il cognato in una lettera: «invariabilmente sono greci, spagnoli, dongiovanni di college, giovani villani rimessi a nuovo») • Una volta Truman si bevve una boccetta di profumo Sera di Parigi solo perché gli ricordava la madre, che non vedeva mai. Quando scoprì l’omosessualità del figlio, diceva a tutti quelli che incontrava: «Be’, il mio ragazzo è un finocchio» • Nina morirà a 39 anni per un mix di alcol e barbiturici (Seconal), forse volontariamente, dopo aver saputo che il secondo marito sarebbe finito a Sing Sing per appropriazione indebita e quindi si sarebbe trovata sul lastrico. «Truman la fece cremare (si dice per vendetta, perché Nina non avrebbe mai voluto che si facesse una cosa del genere al suo corpo adorato) e depositò le ceneri in un mausoleo apposito ma si dimenticò (Freud!) di pagare l’affitto e così le ceneri furono buttate via» [D’Orrico, cit.] • Truman disse di lei: «è stata la persona che mi ha fatto più male in tutta la vita».

Monroeville Quando era ancora un bambino, la madre praticamente lo abbandonò affidandolo alle cugine nubili Jeannie, Callie e Sook Faulk, che abitavano in un paesino dell’Alabama, Monroeville, 1800 abitanti • Sook, forse per una febbre tifoide presa da giovane, aveva modi semplici, infantili. Preparava torte per il piccolo Truman, biondo e dall’aspetto angelico, lo abbigliava da piccolo lord, lo incoraggiava a vestirsi da bambina, non lo lasciava andare in bici per paura che si facesse male. Capote scrisse nel racconto Un Natale: «Avevo una quantità di affettuosi parenti, zii e zie, cu­gine e cugini, e in particolare una cugina, una donna anzia­na, bianca di capelli e legger­mente claudicante, che si chia­mava Sook. Miss Sook Faulk. Avevo anche altri amici, ma la mia migliore amica, di gran lun­ga, era lei» • Sua vicina di casa era Harper Lee, detta Nelle, la futura scrittrice de Il buio oltre la siepe (che visse a Monroeville da reclusa fino alla morte) dove il personaggio di Dill è l’immagine di Truman: «mago Merlino in formato tascabile, con una testa che brulicava di progetti eccentrici, di strane aspirazioni e di fantasie bizzarre» • La madre e il padre andavano a trovarlo, ogni tanto • Sin da bambino sapeva di voler diventare uno scrittore, ma «non avevo mai conosciuto nessuno che scrivesse, in effetti conoscevo anche poche persone che leggevano» e perciò le sue ambizioni venivano considerate eccentriche • Aveva una macchina da scrivere, ci si esercitava ogni giorno per due o tre ore, esortando l’amica Nelle a fare lo stesso • Iniziò la scuola che già sapeva leggere e scrivere, ne cambiò molte, le odiava tutte, scappava regolarmente, una volta con una ragazza più grande di lui che anni dopo sarebbe diventata una serial killer, nota sui giornali come la Killer dei Cuori Solitari • Un preside insinuò che fosse subnormale, perciò i genitori lo mandarono a fare un test di intelligenza in un ospedale psichiatrico. Risultato: Truman era un genio. «Ha ha! Ero contentissimo – andavo in giro rimirandomi continuamente negli specchi e tirando dentro le guance e pensando tre me e me: ragazzo, tu e Flaubert – o Maupassant o Masfield o Proust o Cechov o Wolfe, chiunque fosse il mio idolo del momento. Cominciai a scrivere come un pazzo – la mia mente lavorava tutta la notte ogni notte e penso di non aver dormito per bene per parecchi anni» • Il primo incoraggiamento alle sue ambizioni gli venne da una professoressa d’inglese delle superiori, Catherine Wood, verso la quale «sarò grato per sempre», disse quando era già famoso • Verso i quindici anni, prese a tenere una valigia con bottiglie di brandy, bourbon e whiskey nascosta nell’armadio, perché aveva scoperto che l’alcol lo «rilassava»; beveva nel tardo pomeriggio e poi si sedeva a cena, silenzioso; un suo parente diceva sempre: «Se non sapessi che è impossibile, giurerei che è completamente ubriaco»; venne scoperto e dovette abbandonare il vizio (che riprenderà pochi anni dopo).

New York Quando Truman ha nove anni, riceve una chiamata dalla madre: si è risposata con un cubano abbastanza ricco, Joseph G. Capote, che commercia lenzuola e gioca d’azzardo, e lo invita a vivere con loro •  Prima di andarsene da Monroeville, Truman organizza una festa di Halloween grandiosa, perché nessuno si dimentichi di lui • Si trasferisce a New York e prende il cognome del nuovo marito della madre, comunicandolo formalmente in una lettera al padre • Non va al college perché non pensa di averne bisogno, vuole semplicemente diventare uno scrittore. Altre vaghe ambizioni: fare il ballerino di tip-tap, suonare la chitarra nei night club (ma riesce ad imparare a suonare bene una sola canzone, I wish I was single again), per tre anni studia disegno • A diciotto anni inizia a lavorare come tuttofare al New Yorker (primo e ultimo lavoro regolare della sua vita); tra le mansioni: temperare le matite ai grafici. Viene licenziato perché, mandato a recensire un seminario del poeta Robert Frost, scrisse che Frost era un’idiota pieno di sé e che era patetico vedere tutti pendere dalle sue labbra. 

Scrittore Il racconto Miriam viene pubblicato sulla rivista femminile Mademoiselle nel 1945: vince un premio che lo fa notare agli editori. Inizia a pubblicare altri racconti, principalmente su riviste femminili, interviste e reportage • Il primo romanzo è del 1948, Altre voci altre stanze • Il romanzo L’arpa d’erba esce nel 1951. «“Stupendo, stupendo, stupendo” risponde con un telegramma Robert Linscott, editore di Random House, quando Capote invia dalla Sicilia i primi due capitoli. Ha iniziato a scrivere il primo giugno del ’50, nella casa di Fontana Vecchia, senza luce e acqua corrente, a precipizio sul mare, luogo che gli ispirerà il rifugio sull’albero del libro» [Melati, Robinson] • Colazione da Tiffany esce nel 1958, «la rivista Harper’s Bazaar non volle farlo uscire a puntate per paura che la gioielleria Tiffany ritirasse la pubblicità. Ma ufficialmente dissero che fu perché nel testo c’era la parola “lesbicaccia” e Capote non aveva voluto toglierla» [D’Orrico, cit.]. Nel 1961 diventa un film con Audrey Hepburn, che prese 750 mila dollari per il ruolo: Capote aveva in mente l’amica Marilyn Monroe come protagonista, ma scrisse comunque a Hepburn che era contento i produttori avessero scelto lei (non era vero). Anni dopo dirà: «Mio Dio, è il film meno azzeccato che abbia mai visto: il giorno in cui ho firmato il contratto, quelli hanno fatto l´esatto opposto di quanto avevamo pattuito. Hanno preso un regista schifoso come Blake Edwards, che io ci sputo sopra». Gli cambiarono anche il finale – i due si riconciliano invece di lasciarsi – e si seccò.

Cigni Diventò la mascotte delle donne più ricche e in vista dell’alta società newyorchese, che intratteneva con conversazione brillante e commenti pettegoli. Le chiamava «cigni», passavano tutto il loro tempo tra pranzi e feste, e lui era uno dei «Gentlemen Who Lunched with the Ladies Who Lunch» • Jackie Kennedy, Lee Radziwill, Babe Paley, Slim Keith, C. Z. Guest, Kenneth Keith, Ina Coolbirth, Pamela Churchill, Marella Agnelli, Ann Hopkins, tutte sposate bene e/o di famiglie ricche. «Piaccio sempre alle donne, e a me piacciono le donne belle e attraenti, ma come amiche, non come amanti. Non riesco a capire quelli che vogliono andare a letto con una donna. Noioso, noioso, noioso!» • Insieme pranzavano e bevevano champagne a La Côte basque o al The Colony o a La Grenouille o al Lafayette (anche se in realtà le signore erano sempre a dieta, andava di moda il beverone Metrecal per dimagrire), prendevano il té alla Russian Tea Room, andavano in vacanza in barca nel Mediterraneo • Lo chiamavano Tiny Terror, cioè più o meno «terrore in miniatura», per i suoi commenti malevoli. «Sono un fenomeno da baraccone. Le persone non mi vogliono bene. Sono affascinate da me, ma non mi vogliono bene». Il banchiere Guinnes disse alla moglie «teniamolo su una mensola del caminetto».

Amore Molto giovane «si fidanzò con Newton Arvin, coltissimo e austero prof di letteratura, travolto poi da uno scandalo quando gli trovarono in casa delle foto porno (soggetti maschili, niente di speciale: tipo le pubblicità alle mutande di Calvin Klein o Armani che oggi vediamo tranquillamente sui muri delle città). Fino alla morte Arvin tenne sul comò un nudo di Truman a 18 anni in posa da bodybuilding» [D’Orrico, cit.]. Arvin spinse Truman ad allontanarsi da lui perché, gli diceva, «se resti con me non hai futuro» • Conobbe Jack Dunphy, divorziato di fresco e più anziano di undici anni, nel 1948 ad una festa: «Truman è arrivato con indosso un berretto e si è messo in mostra. Pensavo che fosse adorabile». Il giorno dopo vivevano già insieme. A lui (e ad Harper Lee) dedicò A sangue freddo. Furono una coppia per 35 anni • Ebbe molti amanti, tra i quali Montgomery Clift e Denham Fouts.

A sangue freddo Il 16 novembre 1959 a metà di pagina 39 del New York Times legge un articolo di 17 righe che comincia così: «UCCISI CONTADINO E LA SUA FAMIGLIA. Holcomb, Kansas, 15 novembre: Oggi un facoltoso coltivatore di grano, sua moglie e due dei loro figli sono stati trovati morti nella loro casa. Dopo essere stati legati e imbavagliati, i poveretti sono stati uccisi a colpi di carabina» • Parte per il Kansas con l’incarico di scrivere un lungo reportage per il New Yorker, accompagnato da Harper Lee • Il lavoro esce a puntate sulla rivista, e infine come libro con il titolo A sangue freddo (In cold blood) nel 1965. Vi si racconta il delitto, l’arresto dei due assassini e la loro impiccagione • Ha praticamente inventato la non-fiction novel, cioè il romanzo verità, dove materia da giornalismo viene trattata con la tecnica del romanzo, «il Delitto e castigo del Novecento» [D’Orrico, cit.] • Intervistò i due assassini un centinaio di volte, si scambiarono un migliaio di lettere, ci mise cinque anni a finire il lavoro: «non ho mai lavorato tanto duramente. Mi sento sfinito, teso come nove pianoforti accordati di fresco» • Incipit del romanzo: «Il villaggio di Holcomb sta sulle alte pianure di frumento del Kansas occidentale, un’area solitaria che gli altri abitanti del Kansas chiamano “laggiù”» • I due assassini erano Dick Hickock e Perry Smith. Da subito Capote si identifica con Smith: «Perry è figlio di due professionisti del rodeo che si esibivano come Tex & Flo. Flo era un’indiana Cherokee che beveva tanto e andava a letto con tutti e un giorno è morta soffocata nel suo stesso vomito. Tex, stufo della moglie, se n’è partito per l’Alaska a fare il cercatore d’oro. Perry ha cominciato a farsi la pipì addosso la notte» [D’Orrico, cit.] e forse se ne innamora. Il poliziotto Harold Nye trent’anni dopo disse che Capote trascorse «un’eternità solo in cella con Perry Smith e spese grandi somme per corrompere le guardie e farle girare dall’altra parte» • «Pare che quando fu certa la notizia dell’esecuzione lo scrittore inscenò un balletto perché era il finale giusto per il romanzo» [D’Orrico, cit.]. La notte del 14 aprile del 1965 – pioveva, un cane abbaiava in lontanaza – i due assassini vennero impiccati. L’ultima cena di Dick fu a base di gamberoni e gazzosa alla fragola, Perry chiese mezza stecca di gomma da masticare. Il capitano delle guardie era un esperto di esecuzioni, aveva partecipato a quelle dei condannati a Norimberga. Truman assistette all’impiccagione di Hickock ma quando arrivò l’ora di Smith scappò via: prima di salire sul patibolo, gli aveva consegnato una lettera di cento pagine; finiva così: «se non sapessimo che dobbiamo morire saremmo dei bambini; sapendolo, ci viene data l’occasione di maturare nello spirito. La vita è solo il padre della saggezza, la morte è la madre» • «Joe Fox, editor di Capote per la Random House, ricorda che dopo l’esecuzione dell’assassino lo scrittore era sconvolto: “In aereo, al ritorno a New York, Truman mi tenne tutto il tempo la mano singhiozzando disperatamente. Non riuscii neanche a leggere, tanto lui mi piangeva accanto”» [Il Foglio dei Fogli] • Capote pagò due lapidi per gli assassini, che poi vennero rubate e mai più trovate • Il libro è un grande successo. Capote diventa così famoso da venir riconosciuto per strada. «Fu l’argomento di dodici articoli sulle riviste nazionali, di due programmi televisivi di mezz’ora l’uno e di un numero ineguagliato di spettacoli radiofonici e di articoli di giornale. Il suo viso guardava dalle copertine di Newsweek, Saturday Review, Book Week e della New York Times Book Review, che gli fece l’intervista più lunga della storia. Life gli dedicò diciotto pagine, lo spazio maggiore che abbia mai concesso a uno scrittore di professione, e fece pubblicità al suo enorme servizio facendo lampeggiare di continuo le parole A sangue freddo sul cartellone elettronico di Times Square» [Gerald Clarke] • Una copia del libro è esposta al Kansas Bureau of Investigation, accanto alla pistola con cui venero commessi i delitti • «A sangue freddo mi ha scorticato fino al midollo. Mi ha quasi ucciso. (…) Prima di cominciarlo ero una persona equilibrata, relativamente parlando. Dopo mi è successo qualcosa».

Ballo All’apice della fama, organizza un ballo in maschera per celebrare il suo successo, ma ufficialmente – e più elegantemente – per celebrare l’amica Katharine Graham, editrice del Washington Post, da poco rimasta vedova • Dress code: «smoking per i signori, abito bianco o nero per le signore, ventaglio, maschera, e, qui veniva la parte difficile, come gioielli solo perle e diamanti, era l’idea iniziale ma poi fu accantonata, anche perché qualcuna i diamanti se li era venduti, non era il caso di esser troppo severi» [Masneri, Foglio] • Appuntamento: 28 novembre 1966, hotel Plaza affacciato su Central Park (485 Park Avenue), nella Grand Ballrom, lunga venticinque metri e larga tredici, con i soffiti alti sette metri • 540 amici invitati, e di conseguenza – disse Capote – 15 mila nemici, gli esclusi • Presenti: Frank Sinatra, 51 anni, e l’allora moglie Mia Farrow, 21 anni (che alle 2.45 se ne andarono anche se Capote li pregava di rimanere), Gianni e Marella Agnelli, la modella Candice Bergen, 19 anni, con una maschera da coniglio disegnata da Halston, Andy Warhol, Lee Radziwill («mio Dio come è gelosa di sua sorella Jackie» Kennedy, scrisse Capote in una lettera), il fotografo Richard Avedon, Philip Roth, Henry Fonda, Gregory Peck, John Steinbeck, Arthur Miller, Norman Mailer, Lauren Bacall che ballò tutta la notte • Suonava la Peter Duchin Orchestra. A cena si mangiò il famoso pollo hash del Plaza, spaghetti alla bolognese, uova strapazzate, salsicce, pasticcini e caffè; si bevvero più di 400 bottiglie di champagne Taittinger • I giornali ne parlarono come del «party del secolo». Il giorno seguente il New York Times pubblicò la lista degli invitati, come faceva solo in occasione di cene di stato alla Casa Bianca • Costò 13.000 dollari, poco anche per l’epoca. Un fotografo riferì di aver sentito gli Agnelli e i Brandolini che, alla vista dei palloncini appesi ai candelabri, si lamentavano: «abbiamo viaggiato fin qui per questo?» • Capote scrisse e riscrisse la lista degli invitati per mesi, seguendo criteri tutti suoi e imperscrutabili. «L’indomani della festa il mensile Esquire pubblicò una foto di copertina con le star snobbate dal ballo, tra cui Kim Novak, Tony Curtis, Lynn Redgrave e Pierre Salinger. “Non saremmo venuti – si lamentavano nella didascalia – neppure se ci avessi invitati, caro Truman Capote”» [Farkas, Cds] • «Truman Capote, il vecchio Capote, che di mondanità e letteratura se ne intendeva, diceva sempre che il segno inequivocabile del fallimento mondano è quando ti rendi conto, con un brivido, che l’ospite più importante della serata sei tu» [D’Orrico, cit.].
 
Rovina Forse il ballo contribuì a dar corpo ad una sua vecchia idea: raccontare l’alta società americana come Proust aveva fatto con quella francese in Alla ricerca del tempo perduto. Iniziò a scrivere il romanzo Preghiere esaudite. Il titolo era ispirato a un detto di santa Teresa d’Avila: «Sono state versate più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non esaudite» (Antonio D’Orrico: «sospetto che non sia una citazione. L’ho cercata a lungo nell’opera omnia di santa Teresa, ma non sono riuscito a trovarla»), o forse al portasigarette d’oro che gli regalò Lee Radziwill, che ci aveva fatto incidere «a Truman, la mia preghiera esaudita» • «Quello che stava scrivendo era veramente poco profondo, e mi ricordo sempre quando adirata con lui gli dissi: “Oh, Truman, questa è un articolo di gossip”» [Marella Agnelli] • Il capitolo La Côte Basque – dal nome del ristorante di New York (descritto così “comprendeva un piccolo atrio, un bar sulla sinistra e in fondo, passato un arco, una grande sala da pranzo felpata di rosso. Il bar e la sala principale costituivano una sorta di Ebridi Esterne, un Elba dove Soulé esiliava gli avventori di serie B. I clienti preferiti, selezionati dal proprietario con infallibile snobismo, venivano fatti accomodare nell’atrio bordato di divanetti – come è d’uso in tutti i ristoranti di New York. Questi tavoli, sempre i più vicini alla porta, sono pieni di correnti, permettono ben poca privacy, ma sedersi o no a uno di essi è il momento della verità per qualsiasi cittadino che tenga al proprio prestigio”) – venne pubblicato su Esquire nel 1975. «Non portò solo alla sua rovina sociale ma anche alla fine dei ristoranti “francesi” a New York e all’inizio dell’ascesa di quelli italiani» [Masneri, cit.] • Seguirono altri stralci, che subito fecero scalpore. Vi si raccontavano infedeltà, vizi, meschinità, rivalità dei suoi cigni. «Un amico, letto il racconto in bozze, avesse suggerito a Capote di non pubblicarlo. “Sono tutti riconoscibili”, gli aveva detto. “Non credo. Sono troppo stupidi”» [Sampietro, cit.] • Pare che uno dei cigni si siuicidò per la vergogna, «Jacqueline Kennedy e la sorella Lee Radziwill venivano definite “la più bella coppia di geishe occidentali”, Peggy Guggenheim “una vecchia con l’orrenda abitudine di digrignare i denti falsi”. In poche ore venne bandito dalle case della Fifth Avenue, escluso da ogni festa e le sue telefonate non ricevettero risposta. Capote non sarebbe più tornato dalla Siberia sociale in cui fu spedito per la colpa di aver dimenticato la differenza che passa tra la parola sussurrata all’orecchio e quella fissata sulla pagina» [Bertinetti, Mess] • «Capote diventa un appestato e vie­ne espulso dai salotti che un tem­po si beavano delle sue maldicen­ze. Per lo scrittore, innamorato di quel mondo, è una batosta che ne accelera la caduta nel girone infer­nale dell’alcolismo e della droga. Capote perde la testa: annuncia che il romanzo avrà otto capitoli per un totale di ottocento pagine, anzi trecento, anzi seicento, anzi duecento. Vaneggia di party esclu­sivi da tenersi in campi da tennis decorati come i palazzi delle Mille e una notte a cui non inviterà chi ha osato voltargli la schiena. Dera­glia in serate rovinose allo Studio 54, mitica discoteca sulla Cin­quantaquattresima strada. Appa­re in tivù strafatto al punto che il conduttore gli chiede che cosa ac­cadrà se non supererà il problema della droga e dell’alcol. Risposta: “Ovvio. Alla fine mi suiciderò”» [Gnocchi, Giornale] • «Secondo alcuni, Capote frequentò il bel mondo per vendicarsi di come quel mondo aveva trattato sua madre, che aveva sempre aspirato a farne parte. Una specie di conte di Montecristo» [D’Orrico, cit.] • «Cosa credetevate, che fossi lì solo per divertirvi?». 

Morte Emarginato, si chiude in casa. Non si alza dal letto, non apre le tende. Assistito dalla figlia diciassettenne di un suo ex amante che gli si era affezionata e vive con lui. Ascolta Good Morning Heartache (Buongiorno male al cuore) di Billie Holiday, si droga ed è sempre ubriaco • Vaga in strada in ciabatte, una volta alcuni passanti lo salvarono da un autobus che stava per investirlo • Il 25 agosto 1984 «era ospite di un’amica, Joanne Carson. Cominciò a sentirsi male di primo mattino ma rifiutò ogni soccorso, chiese solo all’amica di stare con lui e di ascoltarlo. Parlò a lungo, in un quieto delirio, della sua infanzia, di sua madre, di Preghiere esaudite il libro che non riusciva a finire. All’ultimo disse: “Sono io, sono Buddy... Ho freddo”. Buddy era il soprannome che al ragazzo con la frangetta aveva dato la prozia Sook, la più amata, quella che lo aveva allevato nella casa in Alabama, che lo portava per boschi a cercare gli ingredienti per le sue torte di frutta (ne mandarono una anche al presidente Roosevelt e questi ringraziò con un biglietto su carta intestata della Casa Bianca)» [D’Orrico, cit.] • E morì • Sul comodino c’erano: un pacchetto di Snickers, uno di fiocchi d’avena con uvetta, due Twix, una scatola rotonda di liquerizia. Poi: una ciotola contenente petali di rosa e una di conchiglie; un secchiello da ghiaccio d’argento; fermacarte; un orsacchiotto di pezza vestito di rosso con le parole I love you, che forse era un regalo di Marilyn Monroe; due cuscini ricamati [Plimpton] • Il funerale si svolse nel cimitero di Westwood, a Hollywood (dove è sepolta anche Marilyn), poi venne cremato. Il suo compagno Jack Dunphey si portò via le ceneri in un libro di bronzo • Joanne Carson si tenne, di nascosto, parte delle ceneri: l’urna venne rubata due volte e due volte ritrovata, infine venduta all’asta (insieme a 15 flaconi di psicofarmaci avanzati, al suo cappello preferito, a un pappagallo in porcellana) nel 2016 per 45 mila dollari, ad un anonimo compratore al telefono •  Quando anche Jack morì, le ceneri dei due amanti vennero prese da Gerald Clarke – che avrebbe dedicato 14 anni a scrivere la biografia di Capote – e sparse in un laghetto degli Hamptons • Il testamento era di sette pagine, unico erede: Jack Dunphy.

Dissero di Capote • Norman Mailer: «acido come una vecchia zitella, ma a suo modo è un ragazzino con le palle, ed è lo scrittore più perfetto della mia generazione, scrive le frasi migliori parola per parola» • Gore Vidal: «Lo hai mai sentito esprimere un’idea che non starebbe bene in bocca a una casalinga del Midwest?» e anche «Morire è stata una mossa geniale per la sua carriera» (si odiavano perché Capote aveva raccontato in giro che Vidal era stato cacciato dalla Casa Bianca perché ubriaco; Vidal gli fece causa, Capote perse e dovette pagare un milione di dollari) • Marlon Brando: «Capote [che lo aveva intervistato, ndr] parlava con franchezza e io gli rispondevo con la stessa franchezza. Ma quando l’articolo uscì non conteneva uno solo degli argomenti di cui avevamo parlato. C’era soltanto una versione contorta di ciò che io avevo detto. Dopo averlo letto rimpiansi di non possedere una pistola» • La regina madre d’Inghilterra: «Penso che il signor Capote è proprio meraviglioso, così intelligente, così bene informato, così divertente» (Truman riferì gli elogi a suo padre, che fece stampare delle cartoline per gli amici in cui si vedeva Capote con la seguente didascalia: «Truman Capote, amato figlio unico di Arch Persons, proprietario della Dixie Scale Co., di recente in visita a suo padre a Shreveport, Louisiana, nella sua nuova Jaguar fuori serie del 1963. Autore di Colazione da Tiffany, Altre voci, altre stanze, L’arpa d’erba e molti altri libri famosi, viene considerato tra i primi tre della sua professione in tutto il Paese. È stato di recente ospite sia alla Casa Bianca sia a Buckingham Palace») • Harper Lee: «Il suo mentire compulsivamente era di questo genere: se dicevi “Sai che hanno sparato a John Fitzgerald Kennedy?”, lui avrebbe potuto rispondere: “Sì, guidavo la macchina su cui viaggiava”».

Curiosità Passatempi preferiti: «conversare, leggere, viaggiare e scrivere, in questo ordine» • Di solito apriva le sue lettere con un appellativo a scelta tra: Carissimo, Carissimo tesoro, Tesori miei, Tesorini, Tesoro mio adorato, Cucciolo mio adorato, Angelo • Era superstizioso: sommava tutti i numeri dei numeri di telefono e se la cifra risultante era un numero sfortunato, rinunciava alla chiamata; idem con i numeri delle camere d’albergo; non tollerava le rose gialle (anche se la rosa era il suo fiore preferito); non viaggiava su un aereo con a bordo due suore; non cominciava o finiva niente di venerdì • Leggeva almeno cinque libri a settimana, poteva finire un romanzo in un paio d’ore • Ebbe diversi bulldog (Bunky, Charlie, Maggie) un corvo (Lola), una gatta (Diotima) • Intervistato da un giornalista italiano, disse che apprezzava Italo Svevo • Nel 1976 recitò in Murdered by death • Sponsorizzò la «Fair Play for Cuba Committee», gruppo filoca­strista • Alcolizzato: beveva Calvados nei bar senegalesi, liquore Verveine al Ritz di Parigi, dieci dollari a sera di Martini cocktail (ribattezzati “pallottole d’argento”) all’Harry’s Bar di Venezia, screwdriver a volontà (vodka e succo d’arancia, il suo drink preferito). Prendeva pillole di Lotusate (sedativo) a manciate: «l’unica medicina bella che abbia mai visto, con un grazioso color lavanda» • Non ricevette mai né il Pulitzer né il National Book Award • Per lui New York era l’unica vera «città-città» • Aveva sempre con sé tre paia di occhiali: trasparenti, leggermente scuri, molto scuri; quando indossava questi ultimi, tutti sapevano che era in arrivo una menzogna, perché non sapeva mentire per bene se non aveva gli occhi coperti • Si allenava a trascrivere conversazioni senza l’uso del registratore • Tutti gli chiedevano sempre: «Com’è VERAMENTE Marilyn?» (Monroe, sua amica).

Titoli di coda «Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta; ed è una frusta che servirà solo per flagellare te stesso».