il Fatto Quotidiano, 23 settembre 2024
Cosa c’è dietro il "compra ora e paga dopo"
«Un dollaro in anticipo, poi un dollaro alla settimana». Era il 1856: con questo slogan la Singer, piccola azienda Usa di macchine da cucire fondata appena cinque anni prima, lanciò il pagamento rateale di massa. Le sue macchine non erano né le migliori né le più economiche, ma in un solo anno l’idea e la rete di piazzisti riuscirono a triplicare le vendite, rendendo la Singer una delle prime multinazionali. Fu uno choc culturale: il marketing aveva sdoganato gli acquisti a credito, vincendo la riprovazione dell’epoca verso questa forma di consumo. Quasi 170 anni dopo, gli acquisti rateali sono ormai un fenomeno di massa. Il concetto di «acquista ora, paga dopo» (buy now, pay later, Bnpl), alternativo alle carte di credito e ai prestiti, sta vivendo una seconda giovinezza grazie al boom dell’e-commerce. Il sistema promette benefici per tutti: i commercianti incrementano le vendite, i consumatori possono frazionare il prezzo in rate mensili, le piattaforme che gestiscono la filiera fanno affari. Ma è davvero un business win-win?
Nelle vendite con il Bnpl la prima rata si paga all’acquisto e le successive a scadenze predefinite, di solito senza interessi per il consumatore, al quale però è assegnato un limite massimo di spesa. Sono due i sistemi più diffusi: il Pay in X, dove x è il numero delle rate, di solito 3 o 4 senza interessi, per importi che nel 60 per cento dei casi non superano i 300 euro, e il Pos lending, con durate più lunghe e importi finanziati più alti, nel 75 per cento dei casi oltre i 500 euro, a fronte però di interessi pagati dal cliente. Le piattaforme guadagnano soprattutto dalle commissioni sui commercianti, tra il 2 e il 12 per cento del valore della merce venduta, più alte di quelle chieste dalle carte di credito. Il vantaggio per gli esercenti sta nel fatto che la rateizzazione consente di aumentare il volume delle vendite e ridurre il tasso di abbandono degli acquisti da parte dei clienti. Il Bnpl tra l’altro spinge molto gli acquisti di prodotti di seconda mano.
Il settore si è affermato dopo il 2010, con l’ibridazione fintech tra la finanza tradizionale e il settore digitale. I big data hanno spinto il sistema e gli acquisti online ne hanno aumentato l’uso, mentre oggi l’intelligenza artificiale consente agli operatori di effettuare la valutazione del merito creditizio dei clienti in tempo reale. Un ulteriore impulso è stato causato nel 2020 dalla pandemia, quando la riduzione del potere d’acquisto di molte famiglie e i lockdown hanno portato a spostare online una fetta dei consumi e a ridurre le uscite familiari.
Il Bnpl moderno nasce nel 2012 con il boom di Klarna, banca digitale svedese fondata nel 2005 da tre startupper, seguita l’anno successivo da Affirm negli Usa e due anni dopo da Afterpay in Australia, acquisita dalla statunitense Block nel 2021. Nel 2022 questi servizi erano offerti già da circa 300 aziende, nel 2024 nel mondo erano stimati 380 milioni di utenti che dovrebbero quasi raddoppiare nei prossimi 4 anni. In assenza di norme specifiche, in Italia non esistono dati ufficiali sul numero dei clienti. Nella Penisola vanno per la maggiore Scalapay – “unicorno” italiano fondato nel 2019 –, Soisy (fusa dal 31 gennaio nella Compass del gruppo Mediobanca che ha acquisito anche l’ex Paylight, ora Heylight), Pagodil del gruppo francese Cofidis, Oney del gruppo francese Auchan e AppPago del gruppo Banca Sella. A questi si sono poi aggiunti i grandi operatori globali come PayPal e ApplePay. Ma nonostante la rapida crescita, le crisi non mancano: il 27 giugno 2023 la casa madre australiana ha chiuso Clearpay Italia.
Ormai il Bnpl si è saldamente affermato nelle abitudini dei consumatori in tutto il Nord America, l’Australia e l’Europa, con tendenze diverse da Paese a Paese. A livello mondiale, nel 2023 la crescita in termini di valore delle transazioni è stata del 18 per cento, portando il settore a oltre 316 miliardi di dollari, pari al 5 per cento della spesa globale per l’e-commerce. Ma l’evoluzione mostra spiccate caratteristiche nazionali: mentre in Francia e Spagna nel 2023 il pagamento a rate è rimasto popolare, rispettivamente con il 38 per cento e il 32 per cento degli utenti abituali, in Germania e Olanda il 58 per cento e il 40 per cento degli utenti ha preferito invece il pagamento differito. Queste diversità nazionali si traducono anche in tassi di crescita differenti: Italia e Olanda nel 2023 hanno avuto una crescita più veloce, con gli utenti che sono aumentati rispettivamente del 14 per cento e dell’11 per cento su base annua, ma in rallentamento, dopo il boom che in Italia era stato del 35 per cento nel 2021 e del 47 per cento nel 2022.
Secondo l’ultima analisi di settore condotta in Italia da Crif, nel secondo semestre dell’anno scorso il valore dei finanziamenti Bnpl erogati è cresciuto del 35 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022 e supera così di molto il trend del credito al consumo “small ticket” (prestiti personali e finalizzati inferiori a 5.000 euro), al quale sta erodendo quote di mercato in particolare su elettrodomestici ed elettronica. Lo sviluppo deriva anche dall’espansione in nuovi settori come i viaggi (è possibile pagare a rate anche su Airbnb), le assicurazioni e i servizi, dai meccanici agli eventi sino al fitness, ma anche medici, dentisti e veterinari. A trainare il Bnpl in Italia sono gli utilizzatori che lo preferiscono al credito al consumo tradizionale: tra questi spiccano gli appartenenti alla Generazione X, nati tra il 1965 e il 1979, e i Millennials, nati tra il 1980 e il 1996, con il 75,7 per cento degli utenti. Ma il Bnpl inizia a diffondersi tra i Baby boomers (i nati dal 1945 al 1964) la cui quota di utenti è aumentata del 6 per cento nel quarto trimestre 2023.
Ma anche il Bnpl non è privo di rischi e il business non fa sconti a nessuno. A livello mondiale, il settore non produce ancora utili e nel 2022 le valutazioni delle aziende sono calate notevolmente. Gli investimenti in tecnologia, i costi di espansione e di marketing pesano sui conti delle piattaforme. Nonostante sia attiva da anni, Klarna Holding nel 2023 ha chiuso ancora in perdita per 2,5 milioni di corone svedesi, pur meno dei 10,5 persi nel 2022. L’italiana Scalapay, secondo stime riportate dal Sole 24 Ore (ma non confermate dall’azienda) nel 2022 avrebbe avuto vendite nette per circa 20 milioni, a fronte un margine operativo lordo in rosso per oltre 30. A 10 anni dalla nascita anche l’altra italiana Satispay non ha raggiunto il pareggio di bilancio, nonostante il boom di clienti e transazioni: nel 2022 il fatturato era di 65 milioni, ma la perdita di 60. Così, le alte commissioni percentuali sulle rate scadute o in ritardo, motivate dall’importo medio dei prestiti (intorno ai 100 €euro), servono agli operatori per cercare di migliorare i margini. Non a caso i clienti, in caso di ritardo o mancato pagamento delle rate, devono affrontare costi alle stelle. Come rilevato da uno studio di Bankitalia, Afterpay (Pay in 3) in caso di ritardi sulle rate chiede commissioni che possono arrivare al 25 per cento del valore totale dell’ordine. Scalapay (Pay in 3) applica commissioni di ritardo sino al 15 per cento del valore del prestito, Klarna fino all’8 per cento€ per ogni rata non pagata entro i termini, mentre Soisy applica interessi di mora del 12 per cento. I clienti insolventi non possono accendere nuovi finanziamenti fino al saldo del debito e in alcuni Paesi sono segnalati alle agenzie di credito. Oltretutto, le dilazioni di pagamento comportano il rischio che gli utenti (specie quelli più giovani, con minore attenzione alle spese) finiscano per indebitarsi oltre il livello sostenibile.
Ecco perché le autorità finanziarie di Unione europea, Usa e Regno unito di recente hanno incluso il Bnpl nelle norme sul credito al consumo, per tutelare i consumatori dai rischi di sovraindebitamento. In Europa la seconda direttiva europea sul credito al consumo (Ccd II) del 30 ottobre 2023 introduce alcuni obblighi, ma gli Stati membri dovranno adottarla solo entro il 20 novembre 2025 e applicarla però a partire dal 20 novembre 2026. Gli operatori devono registrarsi a livello nazionale, devono valutare il merito creditizio dei clienti in modo proporzionato a natura, durata, valore e rischi di credito ed evitare pratiche commerciali aggressive. Troppo poco, troppo tardi.
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