Domenicale, 22 settembre 2024
c’è sempre un tarlo che rode nel cervello
Il tarlo è l’insetto più amato dai poeti. La lista è lunga e si apre con Petrarca per proseguire con Carducci e Gozzano, fino ad arrivare a Ungaretti, Montale, Palazzeschi, Roversi, Caproni, Antonio Porta, Giudici e altri ancora. Naturalmente non è il tarlo inteso come animale che si nutre della polpa del legno, l’Anobium punctatum classificato da De Geer nel 1774, appartenete alla classe degli Insect, sottoclasse Pterygota, ordine Coleoptera, ma una metafora, quella che rode i cervelli umani: il tarlo del pensiero, il tarlo del rimorso, il tarlo della invidia, il tarlo della gelosia, eccetera.L’ultimo poeta ad appassionarsi davvero all’Anobi si chiama Tommaso Lisa, un fiorentino quarantenne. Ha scritto un intero volume, Il grande libro dei tarli (Exforma, pp. 172), in cui racconta il proprio rapporto con questo coleottero le cui larve s’impupano sotto la superficie del legno per poi sfarfallare all’esterno lasciando fori e gallerie in mobili e travi. Tutto comincia, com’è scritto nella introduzione, con l’acquisto di un’opera in cinque volumi della Fauna germanica di Edmund Reitter comprati in un’asta su eBay. I libri che gli arrivano sono stati imballati utilizzando le pagine rilegate d’un opuscolo anonimo intitolato: Frammento apocrifo d’uno Scolitide; dentro c’è un ipotetico Cantico dei tarli. Vero, o inventato che sia, alla maniera del manoscritto del Nome della rosa, questo libretto dà il via a una ricerca dedicata ai segni lasciati sul legno dagli insetti che rodono. Lisa manifesta una passione per gli Scolitidi, anch’essi coleotteri polifagi, considerati da alcuni entomologi una famiglia a sé. Alla pari dei tarli, questi scavano seppure sotto le cortecce e nel legno degli alberi dove compongono complicate gallerie di forma regolare con strane simmetrie bilaterali. Il giovane Tommaso ha scoperto questi insetti nelle sue passeggiate da ragazzo alzando le scorze di tronchi caduti.
Gli Scolitidi sono probabilmente apparsi nel Cretaceo, cento milioni di anni fa, stando ai reperti ritrovati nell’ambra del Libano. Che cosa di loro affascina il poeta fiorentino? I tracciati sotterranei lasciati dai coleotteri gli sembrano simili a segni inquietanti e misteriosi, a geroglifici che ipotizza di poter decifrare. In uno dei racconti fantabiologici di Primo Levi, L’amico dell’uomo, compreso in Storie naturali (1966), un docente di assiriologia scopre nelle foto delle cellule delle tenie, i cosiddetti vermi solitari, dei “versi” poetici, veri e propri messaggi in forma ritmata. In modo analogo Lisa congettura su quanto potrebbe essere scritto nelle forme delle gallerie realizzate dai suoi insetti.
Il grande libro dei tarli è un viaggio in un universo che sembra totalmente altro, guidato da logiche e abitudini per noi inimmaginabili e incomprensibili. Lisa, che non è un entomologo di professione, ma un cultore appassionato, si sente attratto da questa vita aliena sino al punto da immaginarsi d’essere un maschio di Euwallacea, un coleottero invasivo dell’Asia orientale, o un esemplare di Scolitide, appunto, che sta scrivendo attraverso i propri tunnel la sua personale storia. Replicando, ma anche rovesciando, la dinamica di un celebre racconto di Kafka, La metamorfosi, Lisa si cala nei panni d’un insetto, non senza aver prima interrogato entomologi sullo stato delle ricerche, o setacciato nel web le opere di artisti visivi che si sono cimentati con l’attività segreta dei coleotteri, così da comporre una rassegna straordinaria di performance, oggetti, forme e immagini. Nel frattempo ci racconta come si dedichi a raccogliere i tarli, rendendoci edotti sulle loro particolarità.
La parola «tarlo», ci ricorda, viene dal latino tarmes, tarma; si tratta del medesimo nome attribuito alle piccole falene Tineidi che bucano i nostri maglioni e le sciarpe di lana, se alla fine dell’inverno non le irroriamo di prodotti per sterminarle. La prosa con cui è scritto questo libro unico e inconsueto, quarto volume d’una serie dedicata ai coleotteri, è elegante e mai specialistica, accurata e insieme poetica. Lisa ha disegnato i ritratti dei suoi amati insetti, e ha riprodotto i ricami realizzati nei tronchi degli alberi così simili a merletti ma anche a iscrizioni in alfabeti ignoti. Se, come ha previsto Primo Levi, saranno gli insetti a ereditare il mondo dopo la scomparsa dell’Homo sapiens, Il grande libro dei tarli è senza dubbio una perfetta guida ispirata e immaginifica per aiutarci a prefigurare il futuro prossimo e venturo.